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LA STRATEGIA DEL PREMIER

Renzi urla in Europa per spuntarla sul referendum

Quali le motivazioni della brusca sterzata della politica estera italiana verso posizioni euroscettiche e autonomiste e verso una marcata presa di distanza da Berlino? Come mai il clima collaborativo tra Italia e Germania si è interrotto? Dall'armonia di Ventotene alle tensioni di Bratislava. Tutto in pochissimo tempo.

Politica 21_09_2016
Il premier Matteo Renzi

Dall'armonia di Ventotene alle tensioni di Bratislava. Tutto in pochissimo tempo. Come mai il clima collaborativo tra Italia e Germania, che sembrava essersi rinsaldato nelle ultime settimane, ha subito una battuta d'arresto così drastica? Quali motivazioni ci sono alla base della brusca sterzata della politica estera italiana verso posizioni euroscettiche e autonomiste e verso una marcata presa di distanza da Berlino?

Indubbiamente la questione immigrazione rappresenta il principale pomo della discordia. Su questo la Cancelliera Merkel si sta giocando il futuro politico e le sue ultime sconfitte elettorali non lasciano intravvedere nulla di buono per lei. L'aver aperto i confini tedeschi al massiccio ingresso di extracomunitari le ha alienato le simpatie di consistenti fette di elettorato. E l'Italia, dopo le prese di posizione di alcuni sindaci come quello di Milano, Giuseppe Sala, che invocano una gestione nazionale ed europea dell'emergenza profughi, non sa che direzione prendere. In verità il Presidente del Consiglio ostenta sicurezza: «Se l’Europa continua così», ha avvertito», noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull’immigrazione: Juncker dice tante cose belle ma non vediamo i fatti. È un problema dell’Europa. L’Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l’Ue». 

Che cosa vuol dire fare da soli? Significa realizzare uno stretto coordinamento tra Governo, Comuni e Regioni per la gestione dei flussi migratori. La verità è che in sede europea manca la volontà politica di trovare una soluzione all'ondata migratoria nel Mediterraneo, anche a causa della complicata congiuntura internazionale. Infatti, in molti Stati si è appena votato o si voterà (si pensi al referendum in Italia) e ciascun governo teme di assumere decisioni che risultino impopolari. Renzi sa che sul referendum costituzionale di novembre-dicembre la partita è ancora apertissima e non vuole fare passi falsi. Prende dunque la palla al balzo del caos immigrazione per sbattere i pugni sul tavolo a Bruxelles al fine di ottenere più elasticità sulla manovra di bilancio. 

Se gli alleati europei gli concedessero di arrivare al 2,9% nel rapporto deficit/pil, il premier potrebbe allargare i cordoni della borsa, non essere obbligato a tagliare in maniera drastica la spesa pubblica e immaginare interventi elettoralistici come gli 80 euro di due anni fa. Le aspettative degli italiani verso un premier che mostra coraggio nello sfidare la lobby franco-tedesca e la linea rigorista sono elevatissime. Se Renzi non riuscisse a portare a casa nulla, anzi incappasse in una procedura di infrazione, a quel punto la fiducia dell'opinione pubblica nei suoi riguardi rischierebbe di affievolirsi notevolmente. In altre parole, la strategia dell'ex sindaco di Firenze è quella di sbraitare e mostrare i muscoli in Europa per poter vincere la sua principale sfida all'interno, che si chiama referendum. 

Intanto l'Italicum rimane in freezer. La decisione della Corte Costituzionale che rinvia per il momento il pronunciamento sulla legittimità dell'Italicum si presta a molteplici interpretazioni. C'e' chi ritiene che possa agevolare Palazzo Chigi, cedendogli lo scettro della revisione dell'Italicum e quindi lasciando nelle mani di Renzi un'arma preziosa, quella della trattativa con la riottosa minoranza dem sulle modifiche all'Italicum. Ma c'è anche chi evidenzia che forse il premier sperava in una Corte interventista, e quindi in una sentenza che gli togliesse le castagne dal fuoco, depurando l'Italicum da quegli aspetti che risultano indigesti ai suoi oppositori dentro e fuori il Pd. In questo modo Renzi non avrebbe perso la faccia nell'attivarsi per modificare una legge sulla quale ha perfino posto la fiducia. Le sue aperture a modifiche della legge elettorale sono state lette, infatti, come una prova di grande debolezza.

D'altra parte, un pronunciamento severo della Consulta sull’Italicum (magari con la bocciatura del ballottaggio) avrebbe rappresentato un segnale positivo per il fronte che dice "no" alla riforma costituzionale Renzi-Boschi. Allo stesso modo, un piccolo intervento sulla legge elettorale, con ritocchi minimi, sarebbe stato letto come un favore al fronte del "Si". Probabilmente, quindi, le divisioni in seno alla Consulta hanno suggerito cautela, astensione e rinvio. Da mesi si parla della possibilità di modificare l’Italicum, ma riuscirci prima di essere “obbligati” dalla Corte sembrava impossibile. Ora in realtà la palla torna nel campo della politica e la gran parte dei partiti si dice favorevole a modificare quella legge elettorale, perfino il Movimento Cinque Stelle che al ballottaggio previsto da quella norma potrebbe conquistare il governo del Paese, stando almeno ai recenti sondaggi.

Certo è che ai sostenitori del "Si" rimane ora la patata bollente del "combinato disposto riforma costituzionale-Italicum", secondo alcuni l'anticamera di un regime poiché assegnerebbe troppi poteri a chi dovesse vincere le elezioni anche con maggioranze risicate. Quest'arma potrà essere agitata dagli oppositori della riforma Boschi per l'intera durata della campagna referendaria. Se la Corte avesse azzoppato l'Italicum, i sostenitori del "Si" avrebbero potuto incentrare tutta la propaganda sulle ricadute positive della riforma costituzionale, mentre ora devono anche contrastare l'argomento del "combinato disposto". Insieme al referendum, infatti, l’eventuale modifica della legge elettorale è uno degli eventi politici più importanti di questo autunno. 

L’Italicum, lo ricordiamo, è una legge elettorale che prevede un secondo turno tra i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti (un sistema anomalo che non si ritrova in nessun altro Stato). Il vincitore del ballottaggio ottiene un grosso premio di maggioranza. Renzi, galvanizzato dall'exploit alle elezioni europee, aveva investito molto sull’Italicum, ma le vittorie del Movimento Cinque Stelle al secondo turno delle amministrative di giugno devono avergli fatto cambiare idea. D'altronde, una cospicua fetta di elettorato di centrodestra, dovendo scegliere tra centrosinistra e grillini, al ballottaggio sceglie questi ultimi. É ciò che e' emerso dal voto amministrativo di giugno.

Il problema al momento è che non c’è ancora accordo su come modificare l’Italicum. Renzi naviga a vista e monitora costantemente i sondaggi. I "No" paiono in leggero vantaggio, ma c'è ancora tanta gente che non sa se andare a votare al referendum. Per convincerla il premier cercherà di giocarsi le sue carte nella legge di stabilità. Ma l'Europa gli lascerà gli auspicati margini di manovra?