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POLITICA

Renzi superstar fa traballare la legislatura

Il sindaco di Firenze stravince le primarie del Partito Democratico, votato in massa da un elettorato di sinistra che vuole un drastico rinnovamento del proprio partito. L'impatto sulla legislatura sarà molto pesante.

Politica 10_12_2013
Matteo Renzi

La schiacciante vittoria di Renzi alle primarie del Pd può cambiare il corso della legislatura e magari farla finire anticipatamente. L’esecutivo a guida Letta non potrà non tener conto dell’Opa che il sindaco di Firenze ha lanciato su Palazzo Chigi, suo vero obiettivo. Il premier dovrà stringere un patto con il vincitore delle primarie se vorrà durare fino al 2015, altrimenti dovrà prepararsi ai suoi continui ricatti sul programma, sulla composizione della compagine governativa, sulle nomine negli enti di sottogoverno.

Gli elettori delle primarie hanno espresso un’indicazione chiara: vogliono il rinnovamento del Pd, credono in Renzi, ritengono la nomenclatura ex diessina responsabile delle mancate vittorie alle ultime elezioni, sognano di archiviare al più presto la stagione delle larghe intese.

Riuscirà Renzi in questo disegno di liquidazione del passato bersaniano e dalemiano e di conquista del governo del Paese in una logica bipolare? Non sarà facile, considerato che i gruppi parlamentari in carica sono ancora saldamente nelle mani di chi ha gestito il Pd fino a ieri. Potrebbe crearsi presto uno scollamento tra la dirigenza del nuovo Pd e la rappresentanza parlamentare, che continua a “rispondere” a D’Alema e Bersani. Non a caso, lo sconfitto Cuperlo ha rifiutato l’offerta di Renzi di occupare un posto nel suo entourage, proprio per tenersi le mani libere in caso di scissioni o di rotture tra vecchia e nuova dirigenza.

E poi c’è la spinosa questione del sistema elettorale. Renzi vorrebbe andare a votare al più presto, con qualsiasi sistema elettorale, anche con quello attuale, cioè il proporzionale con preferenza unica (vale a dire il Porcellum decapitato dalla scure della Consulta), per gestire la composizione delle liste, spazzare via i parlamentari espressione delle vecchie correnti, vincere le elezioni e insediarsi a Palazzo Chigi. In prima battuta, preferirebbe che venisse approvata in tempi brevissimi e comunque entro gennaio una nuova legge elettorale di impronta maggioritaria, con premio di maggioranza che consenta a chi vince di governare stabilmente per cinque anni. Anche il doppio turno potrebbe consentire a Renzi di fare il pieno di consensi identitari al primo turno, per poi allargare il perimetro dell’alleanza di centro-sinistra sia sul versante della sinistra estrema che su quello neocentrista (dipenderà molto da chi sarà il suo antagonista come candidato premier per il centro-destra).

Il sindaco di Firenze sa bene che l’instabilità politica determinata dal Porcellum e dagli altri sistemi elettorali ha bruciato sia Prodi che Veltroni, entrambi disintegrati dal “fuoco amico”. Lui, però, non vuole farsi impallinare dai suoi avversari interni e quindi ha bisogno di cautelarsi con una stabilità governativa a prova di tradimenti e di congiure. Peraltro Enrico Letta presiede un governo che ormai non è più rappresentativo della maggioranza del Paese: sfilatesi le pattuglie berlusconiane, sono rimasti cinque ministri del centro-destra vicini a un’ala minoritaria di quell’area politica; inoltre, i ministri del Pd sono tutti vicini alla vecchia dirigenza e quasi nessuno di loro è catalogabile come renziano. Si tratta, dunque, di un esecutivo gracile, tenuto in vita più che altro dall’ostinazione del Quirinale e dallo stallo che si è creato in entrambi gli schieramenti. Ma la sua caduta potrebbe arrivare da un momento all’altro, magari sulle tasse o sui tagli ai costi della politica, oppure se scoppiasse qualche altro scandalo riguardante ministri di peso (dopo quelli che hanno già investito nei mesi scorsi Alfano e Cancellieri).

Nell’opposizione, peraltro, già si affilano le armi in vista di un duello elettorale che è comunque vicino: in primavera ci saranno le elezioni europee, che si svolgeranno con il sistema proporzionale. Quindi, tutte le forze politiche saranno impegnate a “contarsi” e a misurarsi con l’elettorato, senza sotterfugi né premi di maggioranza né liste bloccate. Ogni candidato dovrà chiedere i voti al suo elettorato di riferimento e c’è da scommettere  che, rebus sic stantibus, le forze anti-euro come Forza Italia e i grillini raccogliereranno tanti consensi. Il centro-destra, in testa nei sondaggi, nonostante l’exploit di Renzi, vorrebbe accorpare le politiche con le europee, sperando in un effetto trascinamento. Berlusconi sarebbe anche disposto ad approvare in tempi rapidi una nuova legge elettorale con Sel e Movimento Cinque Stelle pur di accelerare i tempi e pur di non ritrovarsi in campagna elettorale con una disponibilità di tempo dimezzata e un’agibilità limitata, a causa dei servizi sociali, che verosimilmente scatteranno per lui fra sei mesi (tempo necessario alla Cassazione per pronunciarsi sulla sentenza della Corte d’appello di Milano che ha stabilito in due anni l’entità della pena alternativa dell’interdizione dai pubblici uffici).

Sotto sotto al Cavaliere farebbe comodo anche il doppio turno di collegio, che costringerebbe gli alfaniani (e forse anche i centristi di Mauro e Casini) a convergere al ballottaggio sui candidati di Forza Italia e decreterebbe la fine dei grillini, forza antisistema capace di fare il pieno al primo turno ma non di attrarre alleati in seconda battuta. Un’abbinata europee-politiche potrebbe consentire al nuovo centro-destra di trovare intese anche con formazioni minori che probabilmente non supererebbero da sole la soglia di sbarramento del 4% prevista per il voto europeo e che potrebbero, in cambio di qualche seggio a Bruxelles, contribuire, sia pur con percentuali modeste, alla conquista di importanti collegi alle politiche. Le manovre sono in corso.