Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
LA NUOVA LEGGE

Renzi rianima l'editoria in vista del referendum

Due settimane fa è stata approvata in Parlamento la nuova legge sull’editoria, che, tra le altre novità, istituisce un Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e delega il governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all’editoria. Può essere letta come una mossa elettorale, in vista del referendum.

Politica 23_10_2016
Editoria vecchia e nuova

Due settimane fa è stata approvata in Parlamento la nuova legge sull’editoria, che, tra le altre novità, istituisce un Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e delega il governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all’editoria.

Il tema del sostegno pubblico all’editoria è stato sempre oggetto di aspre dispute tra le forze politiche e tra politica ed editoria. Col progressivo assottigliamento dei contributi indiretti e diretti alla stampa, l’agonia dei giornali si è accentuata, anche a causa della costante contrazione dei fatturati pubblicitari. Nei primi otto mesi di quest’anno, gli introiti pubblicitari sono cresciuti del 7-8% per tv e internet, mentre quelli nel settore della carta stampata sono calati del 4,7%. Tra il 2008 e il 2015, secondo i dati della Fieg, la stampa quotidiana e periodica ha perso la metà dei suoi ricavi e oltre il 60% del fatturato pubblicitario.

La nuova legge sull’editoria va giudicata positivamente. Introduce misure per il sostegno alla stampa locale, alle cooperative, agli enti no profit, incentiva la digitalizzazione, adotta logiche meritocratiche per aiutare le start up che presentano progetti d’avanguardia, lancia un salvagente alle edicole, consentendo loro di diversificare i prodotti in vendita e di investire in innovazione. Il testo prevede, infatti, incentivi fiscali per chi aumenta rispetto all’anno precedente gli investimenti pubblicitari solo sull’editoria e le radio e tv locali. Inoltre, interviene nel delicato tema del sostegno alla ristrutturazione delle aziende editoriali, nel tentativo di sbloccare prepensionamenti e di favorire nuovi ingressi e quindi un opportuno ricambio generazionale. 

Il Fondo per il pluralismo dell’informazione e l’innovazione dell’informazione intende favorire lo sviluppo di nuove imprese anche nel settore dell’informazione digitale, attingendo in parte alle somme ricavate dal recupero del canone Rai. Tutte iniziative che possono provocare una salutare scossa sull’editoria italiana, anche quella digitale, incentivando gli investimenti per l’innovazione dell’offerta informativa. Un modo maturo per implementare il pluralismo dell’informazione e per far crescere il mercato.

C’è però una condizione sospensiva affinchè tutto questo meccanismo virtuoso possa attivarsi: l’esercizio, da parte del governo, del potere di attuazione di quelle disposizioni. L’esecutivo, cioè, dovrebbe definire al più presto le linee guida e approvare i decreti attuativi. Ma le opposizioni, e anche taluni ambienti editoriali e giornalistici, accusano Palazzo Chigi di fare melina e di non voler mettere mano a questi decreti fino alla data del referendum, al fine di non scontentare nessuno e di continuare a tenere sulla corda il sistema dei media.

Lo strumento degli aiuti all’editoria verrebbe, in altri termini, utilizzato dalla Presidenza del Consiglio come arma di pressione su giornali e imprese editoriali affinchè assumano una linea filogovernativa almeno fino alla consultazione popolare del 4 dicembre, alla quale, senza troppi giri di parole, i rappresentanti della maggioranza legano la sopravvivenza dell’attuale quadro politico.

Si tratta solo di sospetti e insinuazioni, che potranno rivelarsi fondati nella misura in cui questa profezia dovesse avverarsi. Il governo potrebbe e dovrebbe fare questi decreti entro qualche settimana. Non occorrono particolari sforzi per riempire di contenuti applicativi quello che appare allo stato un contenitore vuoto, vale a dire una legge sull’editoria aperta all’innovazione ma tutta da tradurre in pratica. Bisogna fare presto perché la stampa langue, l’integrazione con il web può rappresentare un’ancora di salvezza e tutte le misure contenute nelle nuove disposizioni di legge possono generare un volano provvidenziale per l’uscita dalla crisi e per ridare speranza agli operatori del settore.

La Federazione editori italiana sta mostrando grande duttilità nella gestione delle attuali criticità e sta da tempo percorrendo la strada degli accordi con i player più significativi del mondo digitale. L’intesa con Google, ad esempio, costituisce una certezza per la valorizzazione dei contenuti giornalistici prodotti, condivisi e indicizzati in Rete. La prossima frontiera sarà quella di intavolare una discussione analoga con i gestori dei social network, sia in materia di protezione dei contenuti che di tutela della privacy e degli altri diritti degli utenti.

Agli operatori del settore spetta il compito di prefigurare e realizzare nuovi scenari di collaborazione e di crescita della qualità dell’informazione. Alla politica compete la creazione di un quadro di norme che faciliti tale processo. Non sarebbe un bene per la democrazia dell’informazione se i tatticismi legati alla propaganda referendaria frenassero per altri due mesi l’azione del governo in questo ambito.