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FINE VITA

Regno Unito, la Chiesa si mobilita contro il suicidio assistito

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Appelli del cardinale Nichols e di tutti i vescovi britannici contro la proposta di legge che intende depenalizzare il suicidio assistito promuovendo il principio dell'autodeterminazione, che sarà discussa il prossimo 29 novembre. E a sorpresa, anche governo e maggioranza laburista si spaccano.

Vita e bioetica 20_11_2024 English
Manifestazione a Londra per a favore della legge sul suicidio assistito

Ripetuti appelli sono stati rivolti recentemente a cattolici e cristiani del Regno Unito dal cardinale Vincent Nichols e dai vescovi cattolici di Inghilterra e Galles a mobilitarsi a prendere posizione contro un nuovo tentativo di introdurre il suicidio assistito come forma di trattamento medico nel Regno Unito. Il Terminally Ill Adults (End of Life) Bill, introdotto in Parlamento lo scorso 16 ottobre dalla deputata laburista Kim Leadbeater (sorella di Jo Cox, la deputata uccisa otto anni fa per motivi politici), inizierà la fase di discussione alla Camera dei Comuni venerdì 29 novembre.

Un disegno di legge simile fu sconfitto nel 2015 con 300 voti contro 118, in parte perché la proposta incontrò la significativa opposizione della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose. Molto è cambiato nella società e nella politica britannica negli ultimi dieci anni su questo tema, ma non per la Chiesa cattolica che, al contrario, ha fatto tesoro dell'esperienza del 2015 per rispondere in modo ancora più persuasivo e tempestivo contro l'introduzione del suicidio assistito. Il cardinale Nichols, primate d'Inghilterra e Galles, è stato il primo a promuovere una campagna di informazione ancor prima della presentazione del disegno di legge al Parlamento. In una breve ma incisiva lettera pastorale dello scorso 12/13 ottobre a tutti i cristiani ha identificato i tre punti su cui mettere in guardia a proposito del  suicidio assistito: «State attenti a ciò che desiderate; il diritto di morire può diventare un dovere di morire; essere dimentichi di Dio sminuisce la nostra umanità». «Scrivete al vostro parlamentare. E pregate», ha aggiunto. Lo scorso 13 novembre ha poi invitato a inginocchiarsi in preghiera con lui e con i suoi colleghi vescovi, «per pregare per la dignità della vita umana alla luce del prossimo voto sulla legge Leadbeater».

Una seconda ondata di appelli è arrivata da singoli vescovi nelle loro diocesi. L'arcivescovo John Wilson di Southwark, Richard Moth, vescovo di Brighton e Arundel nonché presidente del Dipartimento di Giustizia Sociale, il vescovo Paul Swarbrick di Lancaster e il vescovo Patrick Joseph McKinney di Nottingham, sono stati particolarmente attivi. Iniziative che sono poi culminate nel documento che le Conferenze episcopali di Inghilterra, Galles e Scozia hanno pubblicato lo scorso 15 novembre. Nella dichiarazione congiunta (la Scozia ha una conferenza episcopale separata da quella di Inghilterra e Galles), i vescovi hanno ribadito il credo cattolico nella dignità umana e nella santità della vita, invitando ancora una volta i fedeli a opporsi con forza all'introduzione del suicidio assistito nel Regno Unito.

Tenendo conto del basso profilo scelto generalmente dai vescovi in precedenza su importanti fatti di cronaca riguardanti il fine vita – vedi i casi di Alfie Evans, Archie Battersbee e più recentemente Indi Gregory – questa mobilitazione contro la legge sul suicidio assistito è ancora più rilevante.
La proposta di legge del deputato Kim Leadbeater è molto simile a quella che non passò il voto nel 2015 e ripropone le stesse vecchie argomentazioni per vincere la resistenza di chi difende la vita: il diritto delle persone affette da malattie terminali a porre fine alla loro vita “alle loro condizioni” e la previsione di rigidi limiti per evitare possibili abusi e tentativi di coercizione: aspettativa di vita di sei mesi o meno, la possibilità per il paziente di assumere i farmaci fatali da solo e l'autorizzazione di due medici e di un giudice.

Ma i vescovi, nella dichiarazione congiunta, sottolineano l'incompatibilità tra l'ideologia dell'autodeterminazione - che rivendica il diritto di decidere della propria vita e della propria morte - e la risposta cristiana alla vita come dono di Dio da trattare con compassione sempre e soprattutto quando la morte è vicina. Compassione alla fine della vita è «non rinunciare mai a qualcuno o abbandonarlo. Significa amare le persone fino alla fine naturale della loro vita, anche se e quando lottano per trovare un senso e uno scopo». I Vescovi difendono i soggetti vulnerabili della società che rischiano di diventare vittime di questa proposta di legge e lanciano un appello affinché nel Regno Unito, per quanti ne hanno bisogno, vengano finanziate meglio le cure palliative, l'unica vera risposta medica alla sofferenza terminale. La dichiarazione afferma inoltre che il suicidio assistito solleva gravi questioni di principio che non possono essere ignorate, tra cui il timore che una legge che consenta il suicidio assistito possa portare alcuni a subire il «dovere di morire».

Il dibattito pubblico sul suicidio assistito è riemerso all'inizio di quest'anno durante la campagna elettorale nel Regno Unito. L’attuale Primo Ministro Keir Starmer si era detto favorevole a cambiare la legge per depenalizzare il suicidio assistito e, in caso di elezione, aveva garantito un periodo di tempo in Parlamento per discutere la questione e consentire un voto libero. Secondo il Suicide Act del 1961, il suicidio assistito è un reato penale in Inghilterra e Galles, punibile fino a 14 anni di carcere. Ma le indicazioni del Crown Prosecution Service dicono che le accuse sono meno probabili se la vittima ha preso una decisione volontaria e informata e se l’imputato è stato interamente motivato dalla compassione. L'approvazione del disegno di legge ricalcherebbe questi criteri, secondo i sostenitori.

L'ultima volta che i deputati hanno votato sul suicidio assistito, nel 2015, i conservatori avevano la maggioranza in Parlamento, il che lascerebbe intendere che ora, con la maggioranza laburista, l’esito dovrebbe essere opposto.  Ma a sorpresa, il governo si trova spaccato. Il Segretario all'Istruzione Bridget Phillipson ha rivelato lunedì scorso che voterà contro la proposta di legge per la legalizzazione del suicidio assistito: «Continuo a riflettere profondamente su questo tema. Ma la mia posizione non è cambiata dal 2015», ha dichiarato. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro della Salute Wes Streeting, secondo cui il Servizio sanitario nazionale del Regno Unito è «disastrato». Altri importanti ministri che hanno annunciato un voto contro il disegno di legge sono il vice premier Angela Rayner, il ministro della Giustizia Shabana Mahmood e il ministro degli Affari Jonathan Reynolds. Mentre curiosamente il Primo Ministro Keir Starmer, che inizialmente si era detto favorevole alla legge, non ha voluto rivelare come intende votare. Alcuni parlamentari si sono anche lamentati del fatto che Kim Leadbeater ha pubblicato il suo Terminally Ill Adults (End of Life) Bill in ritardo, l'11 novembre, dando loro meno di tre settimane per prepararsi a votare su una questione così controversa. Si dice che la divisione sulla questione stia causando notevoli attriti all'interno del governo.

Mentre il dibattito continua acceso, le storie e le esperienze dei Paesi europei in cui il suicidio assistito è già stato introdotto ci ricordano che la «china scivolosa» (il progressivo venir meno dei paletti alla legge) è reale. Non a caso: come ha scritto il cardinale Nichols nella sua lettera pastorale, «una legge che approva un'azione [il suicidio assistito] cambia gli atteggiamenti; e ciò che inizialmente è solo permesso, nel tempo diventa facilmente incoraggiato».

 



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