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LA LETTERA

Referendum, un cattolico dovrebbe dire NO

Un cattolico, quando va a votare, dovrebbe sempre tener conto i criteri fondamentali che sostengono la propria esistenza e la vita dell'intera società. E il prossimo 4 dicembre si dovrà scegliere se approvare o bocciare una riforma che abolisce le autonomie territoriali e, di conseguenza, anche l'autonomia della persona e della famiglia. Un cattolico non può essere neutrale.

Politica 09_11_2016
Referendum, la scelta

Caro direttore,

penso che quando si va al voto, qualunque esso sia, ognuno dovrebbe rifarsi ai criteri fondamentali che sostengono la propria esistenza e la vita dell’intera società, in quanto l’espressione di un voto dovrebbe indicare la direzione che si vorrebbe dare alla comune convivenza. Ho l’impressione che ciò non stia accadendo con riferimento al prossimo referendum (se si terrà). Soprattutto in casa cattolica, mi sembra che ciascuno discuta (quando lo fa…) sulla base di fattori estrinseci alla concezione di persona e di società che deriva dalla dottrina sociale della Chiesa. E’ un peccato, perché i cattolici sono gli unici che hanno a disposizione un enorme patrimonio di esperienze e di idee, sulla base delle quali assumere una decisione ponderata circa il quesito (falsato) che ci verrà posto il prossimo 4 dicembre (neve permettendo).

Caro direttore, vorrei tentare un approccio al problema sotto questo profilo, posto che sono stato educato ad affrontare questi temi dal punto di vista, appunto, della “libertas Ecclesiae” e dei principi fondamentali insiti nella dottrina sociale della Chiesa, anche perché ritengo che, per un cattolico, tale voto non possa essere indifferente.

Due sono le questioni che mi sembrano importanti. La prima riguarda il fatto che la riforma proposta da Renzi&Boschi sposta decisamente l’asse del nostro impianto istituzionale da una concezione autonomista a quella accentuatamente statalista, svuotando, in pratica, della maggioranza assoluta degli attuali loro poteri legislativi le Regioni. Non mi sembra che questa direzione possa star bene a chi ha sempre guardato con preoccupata diffidenza lo svuotamento delle funzioni dei poteri decentrati, cioè di quelli più vicini al popolo. La cultura cattolica ha sempre guardato con simpatia alla valorizzazione delle esperienze popolari provenienti “dal basso”, come espressioni di un popolo vivo e libero. Riaffermare, in modo perentorio, la “supremazia” indiscutibile dello Stato nei confronti delle autonomie, contraddice in modo clamoroso l’impostazione tradizionale e mai smentita della concezione cattolica. Nel nostro caso, poi, la situazione si aggrava se si pensa che la riforma, come ha giustamente osservato Robi Ronza, elimina anche le Province, ma mantiene le Prefetture, che finiranno con l’essere la vera autorità (non eletta) sul territorio, come espressione, di tradizione napoleonica, di un potere centralista e statalista.

La seconda questione è una diretta e immediata conseguenza della prima. Indebolire le autonomie locali significa anche indebolire definitivamente i corpi intermedi, in primis la famiglia, che normalmente trovano nelle autorità locali gli interlocutori attraverso i quali dare il proprio contributo al bene comune della società. Attraverso il meccanismo che si vuole mettere in atto, in sostanza viene dato un colpo mortale al principio si sussidiarietà, che, insieme a quello di solidarietà, costituisce una delle colonne portanti della concezione insita nella dottrina sociale della Chiesa, proclamata da tutti i Pontefici da Leone XIII in poi. Ho sentito sorprendentemente proclamare dal Premier scout un concezione al contrario del principio di sussidiarietà, sulla base della quale sarebbe lo Stato a sostituirsi sussidiariamente a ciò che potrebbe essere messo in atto dalla base sociale. Penso sinceramente che sia difficile per un cattolico accettare questa concezione, anche e soprattutto in questa circostanza.

Ritengo, quindi, che proprio sulla base della propria cultura un cattolico non può essere neutrale il 4 dicembre e dovrebbe prendere le distanze da una proposta contradditoria rispetto alla propria cultura. Dico questo dopo un serio approfondimento della questione e nel più pieno rispetto dei fratelli che, sfortunatamente, dovessero giungere a conclusioni diverse.

L’importante, comunque, è confrontarsi con i criteri derivanti dalla cultura sociale cattolica, e non solo con gli in put, spesso di pancia, che ci vengono propinati.