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L'ANALISI

Referendum sanità in Lombardia, una bocciatura salutare

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Chi usa i referendum come grimaldello per scardinare l’attuale sistema lo fa “pro domo sua”, calpestando il bene comune. Il caso Sanità Lombardia. 

Politica 18_09_2023

Il referendum è un istituto di democrazia diretta che consente ai cittadini di incidere sui processi legislativi, ma rischia di essere usato per cavalcare in modo demagogico l’emotività dei cittadini. È quanto sta succedendo in Lombardia, dove si è rischiato di affidare alla propaganda le scelte di politica sanitaria che vanno a impattare sulla vita di tutti i cittadini. Durante il Covid le opposizioni, anziché supportare le istituzioni regionali nelle azioni di contrasto al virus, hanno soffiato sul fuoco delle polemiche e delle inchieste giudiziarie, nella speranza di poter conquistare il governo regionale. Non essendoci riuscite, hanno ritentato di sovvertire la volontà popolare promuovendo referendum pretestuosi che puntavano ad azzerare decenni di conquiste in ambito sanitario. Per fortuna anche questo tentativo è stato sventato con ragionevolezza e applicando correttamente la legge.

Nei giorni scorsi il Consiglio regionale, con 45 voti favorevoli su 47, ha infatti approvato l’ordine del giorno della maggioranza che delibera l’inammissibilità della proposta di referendum abrogativo relativa a tre parti del testo unico delle leggi regionali in materia di sanità. Il referendum era stato lanciato in piena estate da un gruppo di associazioni e sindacati. La proposta, sottoscritta da 117 cittadini, era stata presentata lo scorso 27 luglio ed era stata esaminata dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il 25 agosto. Non avendo raggiunto l’unanimità, l’Ufficio di Presidenza aveva demandato la questione al Consiglio regionale come previsto e richiesto dalla normativa vigente.

Nei tre quesiti sono stati riscontrati “vizi insanabili” e da questo punto di vista c’è davvero da tirare un sospiro di sollievo. Il primo quesito chiedeva di eliminare il richiamo all’equivalenza tra l’offerta sanitaria e socio-sanitaria delle strutture pubbliche e private accreditate nonché il richiamo al principio della parità di diritti e di obblighi per tutti gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato.
Il secondo quesito prevedeva l’eliminazione della facoltà delle Agenzie di tutela della salute (Ats) di autorizzare la stipula di accordi anche con soggetti privati accreditati in possesso di determinati requisiti. Il terzo quesito prevedeva di escludere la possibilità di concorso dei soggetti erogatori privati all’istituzione degli ospedali di comunità e delle case di comunità previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Riferendosi al criterio che ogni quesito deve essere “chiaramente e immediatamente intellegibile dal corpo elettorale”, la Regione ha sottolineato in particolare che il primo quesito verte su singole parole e non su leggi, interi articoli o commi, come invece previsto. Quanto al secondo e terzo quesito, viene considerato che riguardano proposte di abrogazione che “potrebbero determinare carenze nella capacità del sistema di garantire l’erogazione delle prestazioni idonee ad assicurare i livelli essenziali di assistenza, con conseguente potenziale lesione del principio costituzionale di tutela della salute”. Tutti i quesiti, inoltre, stando sempre all’ufficiale deliberazione regionale, “sono caratterizzati da contraddittorietà e assenza del carattere unitario” e dalla “presenza di temi distinti e non omogenei, suscettibili di determinare atteggiamenti differenziati nel corpo elettorale”.

Il comitato promotore parla di “affronto alla democrazia” e minaccia ricorso al Tar, ritenendo che sia stato impedito ai cittadini lombardi di esprimersi su temi rilevanti per la salute pubblica. Niente di più demagogico, visto che le scelte di politica sanitaria richiedono valutazioni, competenze, approfondimenti che solo chi gestisce la cosa pubblica è in grado di garantire.

I referendari puntavano il dito sulle liste d’attesa della salute pubblica e sulle discriminazioni che subirebbero molti cittadini, impossibilitati ad accedere a strutture private per accelerare cure e interventi. Dimenticano che solo grazie al privato convenzionato il servizio sanitario è riuscito a far fronte negli anni alle esigenze di tutela della salute pubblica e che la sanità lombarda assiste decine di migliaia di cittadini che ogni anno arrivano da tutte le parti d’Italia per curare patologie gravi. È utopistico rispolverare ideologie stataliste e collettiviste applicate all’ambito sanitario e invocare lo smantellamento dell’attuale sistema misto pubblico-privato, considerate le difficoltà finanziarie dello Stato italiano nel riuscire a garantire assistenza sanitaria a tutti. Alimentare la narrazione di un privato animato esclusivamente da intenti predatori e affaristici vuol dire raccontare menzogne e non spiegare all’opinione pubblica che le eccellenze della sanità privata convenzionata hanno sgravato la sanità pubblica da carichi ingestibili. Chi usa i referendum come grimaldello per scardinare l’attuale sistema lo fa “pro domo sua”, calpestando il bene comune.