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quorum lontano

Referendum flop: la Sinistra riempie la piazza, ma non le urne

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L'esito scontato del mancato raggiungimento del quorum certifica il flop dei referendum e per il quesito sulla cittadinanza si scopre che anche tra gli elettori di sinistra serpeggia malcontento verso le posizioni troppo permissive in materia di immigrazione. Ora fari puntati sulle Regionali. 

Politica 10_06_2025

Come ampiamente previsto da tutti i sondaggi, i referendum non hanno raggiunto il quorum del 50% più 1, e dunque non hanno validità. Appena il 30% degli aventi diritto si è recato ai seggi. Nello spoglio si è anche creato un vero e proprio caso politico. Mentre sui 4 quesiti in materia di lavoro i “si” hanno prevalso nettamente, con oltre l’80%, nel quinto quesito dedicato alla cittadinanza i votanti si sono divisi in modo più equilibrato: circa il 35% si è espresso per il “no” all’abrogazione delle attuali norme, a riprova del fatto che anche tra gli elettori di sinistra, che sono la stragrande maggioranza dei votanti ai referendum di domenica e lunedì, serpeggia malcontento verso le posizioni troppo permissive in materia di immigrazione e in particolare verso la possibilità di ridurre da 10 a 5 anni il periodo per la concessione della cittadinanza.

Il leader della Cgil, Maurizio Landini, che aveva promosso i referendum, non nasconde la sconfitta, ma invita il governo ad ascoltare gli oltre 14 milioni di persone che sono comunque andati alle urne. Elly Schlein vede il bicchiere mezzo pieno e dice che il 30% di votanti è comunque superiore numericamente agli italiani che hanno votato per Meloni alle politiche. Il centrodestra tira un sospiro di sollievo perché si dimostra che la sinistra, anche quando riesce a mobilitare le piazze, con manifestazioni come quella dei giorni scorsi contro i massacri di Gaza, poi non riesce a tradurre queste mobilitazioni in voti. Il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha dato la sua spiegazione dell’astensionismo ai referendum: «Le campagne d’odio hanno schifato gli elettori, che hanno disertato le urne per questo». Può essere, ma resta anche il fatto che si trattava di quesiti molto tecnici e quindi alla fine prevale sempre il risvolto politico. I referendum, che pure vanno a incidere su questioni economiche e sociali, vengono sempre strumentalizzati e non sfuggono alla polarizzazione. Chi è andato a votare non l’ha fatto perché ha un’opinione forte sull’oggetto dei quesiti, ma si è fatto trascinare ai seggi da ragioni politiche e ideologiche, seguendo le indicazioni dei suoi leader di riferimento.

Per quanto riguarda, invece, i ballottaggi, negli unici due capoluoghi interessati si è registrata una divisione equa tra il centrosinistra, che si è assicurato Taranto, con Piero Bitetti, ex presidente del consiglio comunale, che ha sconfitto Francesco Tacente, candidato civico leghista, e Matera, che è invece stata conquistata dal centrodestra con Antonio Nicoletti, che ha sovvertito il pronostico e ha ribaltato il verdetto del primo turno, risultato favorevole al suo sfidante, il consigliere regionale Pd, Roberto Cifarelli.

Ora la battaglia si sposta sulle regionali, dove il centrodestra dovrà confermare compattezza e il centrosinistra dovrà ricostruire il campo largo per riconfermarsi alla guida delle regioni dove è già maggioranza e provare a sottrarre al centrodestra la guida di alcune regioni. A votare saranno ben 17 milioni di elettori in 6 regioni: Campania, Puglia, Veneto, Marche, Toscana, Valle d’Aosta.

Se le amministrative appena concluse non hanno in alcun modo spostato equilibri, vista la scarsa consistenza della posta in palio, ben più significative saranno le elezioni regionali dell’autunno prossimo. Per l’esecutivo potrebbero essere una sorta di tagliando per proseguire senza patemi d’animo la navigazione fino alla fine della legislatura oppure potrebbero segnare, come spesso è accaduto nella storia degli ultimi decenni, un’inversione di tendenza in favore delle opposizioni e proiettare il centrosinistra verso la vittoria alle prossime politiche del 2027, che avranno anche un valore ulteriore: eleggere il Parlamento che a sua volta eleggerà, nel gennaio 2029, il nuovo Presidente della Repubblica. La vera posta in palio di tutte queste tappe elettorali di avvicinamento è proprio il Quirinale, ma in molti non l’hanno ancora ben compreso.