Ravenna, una chiesa per il rango di capitale
La storia della basilica Ursiana ha origini davvero antiche e risale all’epoca in cui il vescovo Orso spostò qui da Classe la sede vescovile, essendo divenuta Ravenna capitale dell’impero romano d’Occidente. Dell'edificio originario restano solo alcuni lacerti. L'attuale cattedrale è del '700.
«O Sant'Apollinare, sacerdote e martire di Cristo, prega per la tua gente che ti sei acquistato dal paganesimo. Noi siamo tuo popolo e pecore del tuo gregge. Intercedi per noi presso il figlio di Dio». Al protovescovo e patrono di Ravenna, e di tutta la Romagna, è rivolta l’invocazione che corre sul cornicione dell’aula del Duomo della città romagnola. La sua storia ha origini davvero antiche e risale all’epoca in cui il vescovo Orso spostò qui da Classe la sede vescovile, essendo divenuta Ravenna capitale dell’impero romano d’Occidente.
Era il 402: nel 407 venne consacrata la nuova cattedrale che dal nome del suo fondatore fu da allora chiamata basilica Ursiana e intitolata alla Resurrezione di Cristo. Di quel primitivo edificio, interessato nel corso del XII secolo da un importante intervento di decorazione musiva di cui restano solo alcuni notevoli lacerti nel Museo arcivescovile, nel 1727 fu decisa la demolizione, causa le fatiscenti condizioni in cui il monumento versava. Al suo posto venne costruito l’attuale Duomo dall’architetto riminese Giovan Francesco Buonamici che optò, seguendo il gusto dell’epoca, per uno stile barocco. Il cantiere si chiuse nel 1745 con l’erezione del portico addossato alla facciata: delle arcate con cui si apre su ogni lato, quello centrale, a serliana, poggia su due colonne tuscaniche di granito rosa provenienti dalla primitiva basilica. Risale al X secolo la torre campanaria, leggermente arretrata rispetto al lato sinistro del prospetto principale: il suo fusto cilindrico è movimentato dall’apertura di monofore, bifore e trifore, distribuite sui quattro livelli.
E’ solenne lo spazio interno, rivestito da un monumentale pavimento in opus sectile e diviso in tre navate da altrettante arcate a tutto sesto poggianti su antiche colonne. Lungo i corridoi laterali si aprono le cappelle, a pianta rettangolare e volta a botte. Eccezion fatta per la cappella del Santissimo Sacramento, nella parete di fondo del lato sinistro del transetto, commissionata dal vescovo Aldobrandini nel secondo decennio del Seicento all’architetto Carlo Maderno. L’ambiente a croce greca è impreziosito da un altare in marmi policromi la cui pala, Mosè che raccoglie la manna nel deserto, fu eseguita in quegli stessi anni da Guido Reni, artefice anche degli altri dipinti qui presenti.
Dirimpetto si apre la Cappella della Madonna del Sudore, voluta e costruita dalla città di Ravenna come ex voto alla Vergine per la liberazione dalla peste del 1529. Vi si conserva un’immagine mariana considerata miracolosa per avere sudato sangue quando un soldato la colpì con un coltello.
Una cupola neoclassica a cassettoni esagonali segna l’incrocio tra il transetto e la navata centrale. Poco distante è stato ricomposto l’antico ambone del vescovo Agnello, risalente al VI secolo, precedentemente smembrato. L’impianto a torre ha due parapetti bombati verso l’esterno, rivestiti di formelle con bassorilievi di animali, pavoni, anatre, colombe, cervi, che rappresentano la creazione che si fa luogo concreto dell’amore di Dio attraverso l’annuncio della Sua parola.
La cattedrale metropolitana della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, elevata a dignità di basilica minore da papa Giovanni XXIII nel 1960, fa parte di un importante complesso ecclesiale che comprende il Palazzo arcivescovile e il Battistero Neoniano, del V secolo, detto degli Ortodossi, per alludere ai cristiani della retta via in contrapposizione ai seguaci dell’eresia ariana.