Ratzinger: «Io, un conservatore riformatore Ho interpretato in chiave moderna la fede»
Esce oggi il libro intervista di Ratzinger con Peter Seewald Ultime conversazioni che offre molti spunti per comprendere il pontificato, le sue debolezze umane e il rapporto con il successore del quale si dice contento: «La Chiesa è dinamica e aperta, con prospettive di nuovi sviluppi». Poi torna sul la vicenda delle dimissioni: «La mia responsabilità di Papa non è sminuita».
Le “Ultime conversazioni” del papa emerito Benedetto XVI escono oggi in tutto il mondo, in Italia il libro si può trovare in edicola abbinato al Corriere della Sera, oppure in libreria per i Tipi di Garzanti. Il volume, curato dal giornalista tedesco Peter Seewald, raccoglie una mole notevole di materiale che, pur non costituendo una biografia, fornisce un quadro interessante sulla vita e la personalità del papa emerito. Alcuni elementi sembrano essere particolarmente rilevanti e all’attenzione dei media, mentre in generale il testo fa emergere lo sguardo soprannaturale della fede con cui Benedetto XVI ha attraversato la sua vita.
LE DIMISSIONI E LA QUESTIONE (IRRISOLTA) DEL MINISTERO PETRINO
Le risposte fornite dal papa emerito, nella loro chiara semplicità, si contrappongono ad ogni illazione o dietrologia avanzate in merito alla rinuncia al Soglio di Pietro avvenuta, come tutti sanno, l’11 febbraio 2013. «Nessuno ha cercato di ricattarmi», dice Ratzinger a Seewald, né “l’avrei permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato le difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo».
Di fronte a queste parole, ripetute nel libro in varie occasioni e modi, restano pochi spazi per i complottisti, ma le risposte di Ratzinger nelle sue “ultime conversazioni” lasciano comunque materiale per un approfondimento teologico e storico ancora da compiere.
Si tratta della questione, ricordata anche da Seewald nella introduzione del libro, della rivoluzione che il gesto delle dimissioni avrebbe applicato al ministero petrino. Tornano alla memoria le recenti polemiche che Mons. Georg Gänswein, storico segretario del papa emerito, ha sollevato in una conferenza in merito ad un presunto “munus petrino” allargato, composto da una sorta di diarchia papale comprendente un papato “attivo”, che svolge propriamente l’ufficio pratico, e uno “contemplativo”.
In effetti, Ratzinger sembra confermare a Seewald una lettura simile a quella fornita da Gänswein, una lettura che ha sollevato dubbi tra teologi e canonisti. Il papa emerito ribadisce (pag. 35-36) che il motivo della sua rinuncia è da ricercarsi in una incapacità di «svolgere l’incarico come si deve» (intendendo per incarico gli impegni pratici e di governo della Chiesa); e se non c’è più «la capacità di farlo è necessario lasciare libero il Soglio». Specificando, per inciso, che questo vale per lui, mentre «un altro può vedere la cosa altrimenti».
Alla domanda se queste dimissioni(pag. 38-39), motivate appunto da incapacità di svolgere l’ufficio, abbiano “secolarizzato il papato”, Benedetto XVI dice che «se [il Papa, ndr] si dimette, mantiene la responsabilità che ha assunto in un senso interiore, ma non nella funzione. Per questo a poco a poco si capirà che il ministero papale non viene sminuito, anche se forse risulta più chiara la sua umanità». E fa un parallelo con la figura del Vescovo che divenendo emerito «non cessa di esserlo, ma lascia le responsabilità concrete». Da queste parole, pur non essendo esplicite come furono quelle di Mons. Gänswein, restano quesiti teologici di notevole portata: cosa significa che il papa emerito “mantiene la responsabilità che ha assunto in senso interiore”? Vi è davvero un munus petrino di tipo “spirituale” che può sdoppiarsi rispetto a quello, per così dire, “amministrativo-esecutivo”? A queste domande non si trovano risposte nelle ultime conversazioni di Ratzinger. Al lettore sembreranno questioni da specialisti, ma hanno una loro portata se pensiamo che rispondere affermativamente a queste domande porta poi a chiedersi se, e in quale misura, un papa dopo l’abdicazione resti ancora papa.
PAPA FRANCESCO: NON ME LO ASPETTAVO, MA SONO CONTENTO
«Nessuno si aspettava lui», dice Ratzinger in riferimento all’elezione del suo successore. «Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa». Pur non avendo idea di chi potesse essere il cardinale che lo avrebbe sostituito, Benedetto XVI si aspettava qualcun altro e non il vescovo di Buenos Aires (pag. 42). Il conclave del 2005, quello che appunto elesse Ratzinger papa, avrebbe visto come altro protagonista proprio lo stesso Bergoglio: «Esatto», dice Benedetto XVI. «Ma pensavo che fosse acqua passata. Di lui non si era più sentito parlare».
La novità però è segno che «la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi». Inoltre, pur nella diversità dei temperamenti, Ratzinger sottolinea che «forse si mette l’accento su altri aspetti, ma non c’è alcuna contrapposizione» tra lui e Francesco.
RIFORMATORE E CONSERVATORE
Le 226 pagine del libro ci consegnano in controluce una figura umana di straordinaria portata, un uomo che è stato prima di tutto un grande uomo di fede: studioso e teologo, poi pastore, fino ad essere Papa della Chiesa Cattolica. Un uomo che ha svolto un incredibile lavoro a fianco di Giovanni Paolo II, una «figura decisiva» per Ratzinger, nonostante alcune differenze di vedute come ad esempio fu il caso dell’incontro di preghiera ad Assisi nel 1986 con i rappresentanti delle religioni mondiali. Come pontefice Benedetto XVI ammette di aver mancato “forse nella risolutezza nel governare e prendere decisioni (…). Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza”.
Riformatore o conservatore?, chiede Seewald. «Bisogna sempre fare l’uno e l’altro», risponde il papa emerito. «Bisogna rinnovare, e io ho cercato di portare avanti la Chiesa sulla base di una interpretazione moderna della fede. Nello stesso tempo c’è bisogno di continuità, bisogna garantire che la fede non subisca strappi, non lasciare che si frantumi».