Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico
YEMEN

Rapimento di padre Tom, un anno e mezzo di misteri

Padre Tom, alla fine, ha incontrato il Santo Padre nella Casa Santa Marta. In un incontro molto suggestivo e dalle emozioni forti, ha ringraziato Papa Francesco per quanto ha fatto per la sua liberazione. Alle sue spalle c’erano 18 mesi di prigionia nello Yemen. Resta fitto il mistero su chi lo abbia rapito e perché.

Libertà religiosa 14_09_2017
Padre Tom, il video-appello

Padre Tom, alla fine, ha incontrato il Santo Padre nella Casa Santa Marta. In un incontro molto suggestivo e dalle emozioni forti, ha ringraziato Papa Francesco per quanto ha fatto per la sua liberazione. Alle sue spalle c’erano 18 mesi di prigionia nello Yemen. Ben portati, come si può vedere dalle foto e come conferma il cardinale Gracias, che lo accompagnava in Vaticano: “Nel periodo di prigionia non ha avuto particolari problemi ed è stato trattato bene”, ha dichiarato alla stampa. Il sacerdote indiano era stato rapito il 4 marzo del 2016 dagli jihadisti, ad Aden, Yemen, durante la strage delle Missionarie della Carità

L’incursione degli jihadisti ad Aden aveva provocato l’uccisione di sedici persone, fra cui suor Anselm (India), suor Margherite e suor Reginette (Ruanda), suor Judith (Kenya), martiri del terrorismo, rimaste nello Yemen in guerra a servire anziani e disabili nella casa di riposo nel quartiere Shaikh Othman. La strage giunse come uno shock in tutto il mondo, nonostante l’opinione pubblica fosse già abituata alla violenza degli jihadisti, quel massacro fu particolarmente vile. Ma ci fu un particolare che inizialmente sfuggì ai più e finì in coda alla cronaca. Un uomo era ancora vivo ed era stato preso prigioniero dagli assalitori. Era il sacerdote salesiano indiano, padre Thomas “Tom” Uzhunnalil. Di lui non si era saputo più nulla per le settimane successive e si era diffusa la falsa notizia della sua esecuzione, tramite crocefissione, nel Venerdì santo della Pasqua. Anche una volta che era stata smentita quella macabra diceria, la sorte di padre Tom è rimasta avvolta nel mistero. Lo si è visto per la prima volta solo il 26 dicembre 2016, quando, in video, rivolgeva un appello a Papa Francesco e a tutti i vescovi del mondo, chiedendo loro di aiutarlo. Poi altri mesi di silenzio. Poi un altro video, il 9 maggio 2017, a quattordici mesi dal rapimento. In quel video pareva lanciare l’accusa a governi e vescovi troppo inerti: “Non state facendo troppo per me, forse perché sono indiano e non europeo”. Diceva di essere trattato bene, ma di aver bisogno di cure ospedaliere. Allora appariva molto provato.

Tuttora è ignota la sigla terroristica che ha rapito il sacerdote. Nei primi mesi di ricerca si dava per scontato che fosse stato l’Isis. E anche per questo motivo si temeva fortemente per la vita del prigioniero. Adesso, alla luce della sua liberazione, l’ipotesi appare più debole. E’ possibile che il prigioniero sia passato di mano in mano, fra varie fazioni in guerra nello Yemen. Sono tuttora aperte anche le ipotesi su come e chi abbia trattato la sua liberazione.

Dopo diciotto mesi di rapimento, padre Tom è tornato libero in Oman. Il governo del sultanato si è preso il merito del suo rilascio. Il salesiano sarebbe stato ritrovato e rilasciato, “D’accordo con la volontà di Sua Maestà il Sultano Qaboos bin Said, dell’Oman, in coordinamento con le parti nello Yemen”, senza specificare quali, secondo il comunicato del 12 settembre dell’agenzia governativa dell’Oman. Inizialmente il sacerdote è stato ospitato a Muscat, per poi essere imbarcato su un volo per Roma. Adesso rimarrà in Vaticano per un breve periodo di controlli medici prima di essere rimpatriato in India. Riguardo la sua liberazione, la Santa Sede riconosce il merito dell’Oman. Il Vaticano esprime “viva gratitudine” nei confronti di “sua maestà il sultano dell’Oman e le autorità competenti del sultanato”. La Conferenza Episcopale Indiana, però, tiene a precisare anche il ruolo di mediazione svolto dal governo di New Delhi: “Esprimiamo profonda gratitudine a Dio per la felice conclusione di questa vicenda - ha commentato all’agenzia Fides il segretario generale monsignor Mascarenhas - Bisogna poi ringraziare l’azione del governo indiano, che ha messo in campo ogni sforzo per la liberazione di padre Uzhunnalil. E bisogna ringraziare anche l’impegno personale di Papa Francesco, che ha speso tutta la sua influenza”.

Papa Francesco aveva parlato del caso di padre Tom già un mese dopo il suo rapimento, con un appello lanciato il 10 aprile 2016, durante il Regina Coeli in piazza San Pietro. Chiedeva: “la liberazione di tutte le persone sequestrate in zone di conflitto armato”, e aggiungeva: “In particolare desidero ricordare il sacerdote salesiano Tom Uzhunnalil, rapito ad Aden nello Yemen il 4 marzo scorso”. Nella Casa Santa Marta, padre Tom, ricordando al Papa i mesi della sua prigionia, ha raccontato: “Veramente, ogni giorno, ho sentito Gesù accanto a me, ho sempre saputo e sentito nel mio cuore che non ero solo”.