Rai Way, obiettivi di un'operazione "ostile"
L'Opa lanciata da Berlusconi (tutt'altro che defunto) su Rai Way è un'operazione che mira ad avere un unico operatore nel mercato della diffusione del segnale radiotelevisivo. In Francia e Gran Bretagna questo modello funziona già, e bene. In Italia, però, prevale il dibattito fazioso sul berlusconismo.
Un mese fa,all'indomani dell'elezione di Mattarella al Quirinale,la parabola berlusconiana sembrava giunta al termine. Si disse che il Patto del Nazareno si era rotto, che l’ex Cavaliere era nuovamente assediato dai processi, che le sue aziende annaspavano e che presto dall’impero imprenditoriale di Arcore si sarebbero staccati asset importanti.
Le cose stavano diversamente, e lo si sta capendo proprio in queste ore. Il leader di Forza Italia è consapevole di non poter più aspirare direttamente a ruoli politici di primo piano, annusa il dissolvimento del suo progetto forzista ma non sembra più di tanto turbato. Preferisce giocare la sua partita tutta sul terreno degli interessi aziendali.
L’attivismo di queste ore da parte del gruppo Mediaset sul versante delle infrastrutture di trasmissione è solo uno dei segnali di questo clima rovente, dopo quello lanciato da Mondadori nell’affare Rcs.
Il Biscione, tramite la sua controllata Ei Towers, ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) di oltre un miliardo di euro sulle torri di trasmissione di proprietà di Rai Way. Vorrebbe acquisirne il 66%, pur sapendo che ciò sarà impossibile, visto il vincolo del 51% nelle mani pubbliche ribadito dal premier Renzi. L’obiettivo industriale di tale operazione è quello di creare un unico operatore per la trasmissione del segnale televisivo. Una soluzione certamente vincente, come dimostrano gli esempi dell’Inghilterra, dove Arqiva detiene la totalità delle torri, e della Francia, dove Tdf è player solitario sul mercato. Si tratterebbe di una razionalizzazione provvidenziale del sistema infrastrutturale, attraverso l’eliminazione di torri che spesso duplicano inutilmente il loro servizio di trasmissione e attraverso un maggiore coordinamento tra le torri attualmente nelle mani di Ray Way e di Ei Towers.
E’ la stessa logica che nel nostro Paese è stata adottata in ambito energetico, dove la rete ad alta tensione è stata riunita sotto Terna, e nel settore del gas, dove Snam Rete Gas svolge analogo ruolo: concentrare le infrastrutture per accrescere la competitività e godere di buon economie di scala. Passo successivo sarebbe quello di integrare le infrastrutture per la trasmissione del segnale televisivo con quelle delle telecomunicazioni (attualmente sono 10.000 le torri gestite da Telecom per trasmettere il segnale telefonico su tutto il territorio italiano, mentre sono 4.000 quelle di Rai Way ed Ei Towers).
Il loro valore, in questo caso, ne risulterebbe potenziato ulteriormente. Unico dubbio riguarda l’allocazione di tali torri. I tecnici spiegano che le antenne per la telefonia devono essere vicine ai nostri cellulari, quindi nei centri più densamente popolati, mentre le torri per irradiare il segnale televisivo in modo economico e rispettoso della salute (vedi rischio elettrosmog) devono essere collocate in siti lontani dai centri abitati.
L’intera operazione Rai Way ha anche una componente finanziaria. C’è già chi parla di progetto “Superantenna” o chi addirittura di “Nazareno finanziario”. Le banche d’affari sono già in azione e non è detto che, per neutralizzare ogni sospetto di posizioni dominanti soprattutto di matrice berlusconiana, si possano creare “contenitori” in grado di favorire queste aggregazioni industriali senza scoraggiare gli investitori.
Rai Way dovrà ora rispondere all’offerta di Mediaset, che è di oltre il 50% superiore rispetto al prezzo di collocamento dei titoli Rai Way, stabilito solo qualche mese fa. La posta in palio è troppo alta e quindi è ragionevole che il mondo berlusconiano voglia investire ingenti risorse in una partita del genere, al fine di poter condizionare il business nel settore delle telecomunicazioni (anche la partita della banda larga, che garantirebbe il passaggio sempre più veloce di contenuti e dati essenziali per lo sviluppo dei principali network). Rai Way ha una convenienza enorme ad accettare l’offerta di Cologno Monzese, che le consentirebbe di realizzare un’eccellente plusvalenza, peraltro nell’arco di soli pochi mesi, che si sommerebbe a quella di 230 milioni già incassata a novembre scorso, con lo sbarco in Borsa. In questo modo la Rai ripianerebbe molti suoi debiti. Insensato, quindi, rifiutare tale offerta soltanto per un pregiudizio politico.
Il problema, semmai, è quello della necessaria separazione tra operatori di rete e operatori di contenuti. In altri termini, non è pensabile che chi mette a disposizione le infrastrutture di rete sia poi tra i principali player che le utilizzano per veicolare i propri servizi. Tra Terna e gli operatori elettrici non ci sono commistioni, così come tra Snam Rete Gas ed Eni.
I broadcasters come Rai e Mediaset non dovrebbero avere coincidenze proprietarie con il nuovo colosso delle torri, qualora dovesse nascere. La strada da seguire dovrebbe essere, quindi, quella dello scorporo delle reti dai contenuti televisivi. Cassa depositi e prestiti potrebbe farsi garante della partecipazione maggioritaria dello Stato in una public company in grado di garantire trasparenza e mancanza di conflitti di interessi.
L’integrazione tecnologica di tv e telefonia e internet, prima sul terreno delle infrastrutture e poi su quello dei contenuti, è la strada maestra. La politica non deve dunque frenare bensì assecondare questi processi, superando antiche contrapposizioni tra berlusconiani e antiberlusconiani e guardando al mercato e agli interessi del Paese. Evitando, però, di limitare il pluralismo editoriale, che è una precondizione della democrazia dell’informazione.