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MOSTRA A ROMA

Raffaello, il genio che ci ha regalato il Cielo

Dopo i lunghi mesi di chiusura per l’emergenza coronavirus, ha finalmente riaperto al pubblico, fino al 30 agosto, la grande mostra di Roma su Raffaello, nel cinquecentenario della morte. Alle Scuderie del Quirinale l’organizzazione è perfetta: bisogna prenotarsi on line e gli orari precisissimi (8 ingressi ogni 5 minuti) vengono rigorosamente rispettati. Si possono così ammirare per la prima volta tutte insieme più di 100 splendide opere del nostro genio universale.

Cultura 05_07_2020

Nato il 6 aprile 1483 a Urbino e morto a Roma lo stesso giorno del 1520, Venerdì Santo, a soli 37 anni, Raffaello attraversò gli anni turbolenti del battagliero Papa Giulio II e condivise le speranze di quanti vedevano nel successore Leone X il grande pacificatore. L’Urbinate ha mostrato al mondo eccezionale dedizione al proprio lavoro e creatività inesauribile, testimoniata da dipinti, cartoni, disegni, arazzi, progetti architettonici di incomparabile bellezza. La sua ineguagliabile immaginazione è ben documentata nella ricca mostra romana, che andrebbe completata con la visita delle Stanze Vaticane e delle Logge alla Farnesina, di questi tempi facilmente accessibili per l’assenza dei sempre numerosissimi turisti stranieri, a causa delle restrizioni dovute al Covid 19.

L’esposizione è articolata secondo un’idea originale, proponendo un percorso a ritroso che parte dal 6 aprile 1520, data della morte del Maestro, per arrivare agli esordi. All’inizio siamo subito catturati da una spettacolare riproduzione della tomba di Raffaello al Pantheon, con l’illuminante epitaffio (in latino): “Qui sta Raffaello, mentre era vivo il quale la Natura temette di essere vinta e, mentre moriva, di morire con lui”, che ci riconduce immediatamente alla dimensione religiosa dell’eternità, così viva nello stesso pittore delle tante meravigliose Madonne, qui raccolte in tutta la loro carnale e spirituale bellezza. Del resto quella del tempo, che in mostra i curatori hanno voluto rovesciare - partendo dalla fine della sua vita - è stata una dimensione che sempre ha affascinato Raffaello, che ha studiato con passione l’antico, per cercare di creare “il bello” nuovo. Conquista che gli è stata riconosciuta dai suoi contemporanei, che lo piansero sbigottiti e smarriti, di fronte alla sua scomparsa inaspettata e prematura, dopo un’improvvisa malattia di otto giorni con febbre acuta e continua. Ma la grandezza gli è stata attribuita anche dalla nostra epoca effimera e superficiale, affascinata dalla ricchezza del mondo rinascimentale. E infatti un artista moderno come Picasso ha esclamato convinto: «Sì, da Vinci ci ha promesso il Cielo, ma Raffaello ce lo ha dato».

Qual è il segreto di Raffaello? Sono sicuramente la “Facilità” e la “Grazia”, caratteristiche evidenti nel confronto con il suo grande contemporaneo Michelangelo, un parallelo approfondito dal biografo Giorgio Vasari. I due eccelsi geni avevano certo entrambi la capacità di «esercitare la maniera difficile con facilissima facilità» ma Raffaello, oltre l’indubitabile perizia tecnica, con cui sapeva dominare una materia difficile da plasmare che trovava in Michelangelo un modello inarrivabile, possedeva una prerogativa assai diversa: quella “facilità” che dissimula lo sforzo, riuscendo ad affrontarlo con leggerezza, quasi senza pensarci. Insomma, l’atteggiamento della “sprezzatura” (cioè la disinvoltura, quasi noncuranza di chi si sente molto sicuro di sé e dei propri mezzi), da cui deriva la “gratia”.

Ancora il Vasari ci ricorda pure lo studio dell’Urbinate sui pittori antichi e moderni, volto a prendere «da tutti il meglio». E così la passione per l’antichità aprì la strada all’attività progettuale dell’artista che, come la mostra ben documenta con piante e disegni, si apriva alle arti plastiche, decorative, all’antiquaria, all’architettura e all’urbanistica. Basti ricordare che Raffaello, oltre a rispondere alle varie committenze, divenne responsabile della Fabbrica di San Pietro nel 1514. A testimonianza del suo poliedrico talento sono presenti in mostra i capolavori provenienti dai più prestigiosi musei nazionali e internazionali, tra cui gli Uffizi, Capodimonte, la Galleria Borghese, i Musei Vaticani, il Louvre, la National Gallery di Londra e il British Museum, il Prado, il Metropolitan, la National G allery di Washington e l’Albertina di Vienna.

Si possono così ammirare, per la prima volta in uno stesso luogo, le sue Madonne dolcissime e celeberrime, come la stupenda, delicata, giovanissima Maria incinta della Visitazione, che incontra sollecita la matura Elisabetta; o l’affascinante coppia di madre e figlio nella Madonna del Divino Amore, dalla raffinata resa cromatica, con uno statuario San Giuseppe in secondo piano: un insieme armonioso ineguagliabile di gesti e sentimenti. Rimaniamo poi rapiti dal tondo della Madonna d’Alba della National Gallery di Washington, in cui l’intimità di madre e figlio si colloca sullo sfondo di un paesaggio delicatissimo. Colpiscono lo spettatore anche gli altri straordinari dipinti della Madonna della Rosa dal Prado o la grande pala di Santa Cecilia della Pinacoteca di Bologna. Ma non possiamo non riconoscere la straordinaria potenza dei profili dei due pontefici della vita di Raffaello, il Ritratto Giulio II dalla National Gallery di Londra e il Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’Medici e Luigi de’Rossi dalla Galleria degli Uffizi, con quei particolari delle stoffe, del velluto contornato dal pelo, dell’oro della Bibbia e del campanello da camera cesellato con i simboli araldici dei Medici. Due immagini potenti che restano nella memoria per i caratteri sottesi a quegli sguardi indimenticabili.

La mostra si conclude con un’opera straordinaria, delicata e pensosa: la Madonna Tempi dal Museo di Montpellier (il cui cartone preparatorio è ancor più bello del dipinto). Nel quadro la Vergine è guancia a guancia con un piccolo Gesù dallo sguardo intenso e profondo, consapevole certo del destino che lo attende.  Ci accompagna all’uscita l’Autoritratto giovanile proveniente dalle Gallerie degli Uffizi, icona di raffinatezza e specchio precoce della profonda dimensione intima del grande Raffaello. Per comprendere compiutamente la religiosità del Maestro marchigiano, il nostro invito è andare a visitare anche la Pinacoteca Vaticana, per ammirare l’ultima imponente opera firmata da Raffaello, la Trasfigurazione. Si tratta di un vero e proprio testamento spirituale dell’artista, che Giorgio Vasari definì come «la più celebrata, la più bella e la più divina» tra le opere del Principe delle arti.