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SARUNAS BIRUTIS

Radici cristiane d'Europa, l'apporto lituano

Šarunas Birutis, ministro della Cultura della Lituania, fu uno dei negoziatori della piccola repubblica baltica con l’Ue, ai tempi in cui stava trattando l’ingresso. Ora l'Europa è in piena crisi, culturale prima ancora che politica ed economica. La NBQ gli ha chiesto il punto di vista di questo paese dell'Est forte della sua grande eredità.

Cultura 01_06_2016
Vilnius al tramonto

Šarunas Birutis, ministro della Cultura della Lituania, fu uno dei negoziatori della piccola repubblica baltica con l’Ue, ai tempi in cui stava trattando l’ingresso. Ora l'Europa è in piena crisi, culturale prima ancora che politica ed economica. Incontrandolo a Milano, nel corso della sua visita in Italia, La Nuova Bussola Quotidiana gli ha chiesto il punto di vista di questo paese dell'Est con la sua grande eredità.

Signor Birutis, quale ministro della nazione che, fino a quattro secoli fa, fu al centro del “Commonwealth Polacco-Lituano”, dominante nel Vecchio Continente, come considera l’eredità di quella creatura politica nell’Europa di oggi?

L’eredità del Gran Ducato di Lituania per l’Europa di oggi è prima di tutto il pluralismo: varie nazioni, religioni, culture e linguaggi poterono coesistere pacificamente nello stesso territorio. Cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani convivano assieme in piccole città e villaggi del Gran Ducato, proprio mentre in altre aree dell’Europa occidentale infuriavano feroci guerre di religione. Un altro messaggio dalla nostra storia è che il Gran Ducato di Lituania, che allora abbracciava parte degli attuali territori di Lettonia, Lituania, Bielorussia e Ucraina, storicamente e culturalmente marca un territorio ben distinto dell’Est europeo, con una propria mentalità e un suo carattere, in buona parte condivisi con la Polonia. E’ una parte interessante della nostra identità e non solo. La terza importante lezione per l’Europa è che, troppo spesso, questa parte di territorio è stata usata come pedina di scambio fra grandi potenze, imperi e poi anche fra regimi totalitari. Ma le persone che vivono in questo territorio, hanno il loro diritto di scegliere quale percorso di sviluppo intraprendere e come vivere.

La Lituania è ancora vista da molti italiani come una remota repubblica ex sovietica, molti non la sanno ancora indicare su una mappa. Ma la cultura lituana è più vicina di quanto non si creda, basti vedere a quante opere d’arte del nostro Rinascimento sono esposte a Vilnius…

Io penso che gli italiani siano più curiosi e più consapevoli di quanto non si creda. A Vilnius vedo strade piene di turisti italiani che vengono qui in gran numero. Penso che la gente sia attratta e sorpresa da quel che vedono nelle città lituane, perché vedono quanto l’architettura e la cultura siano così sorprendentemente simili alla loro. Vilnius è probabilmente la più importante città barocca del Nord, con il suo gusto centro-europeo e un grande e magnifico centro storico. Il turismo culturale è la seconda industria del paese, dopo quella tecnologica. Quanto alla distanza, è più una questione di percezione psicologica. Per esempio, molti lituani pensano che Roma sia più distante di Londra. Io non penso neppure che si debba ancora parlare di “lontananze”, visto che siamo membri della stessa unione, condividiamo lo stesso spazio politico, economico, sociale e culturale. Penso che, dunque, si debba abbandonare questa percezione che va avanti per forza di inerzia.

Venticinque anni fa, l’Unione Sovietica collassò, molti sia all’Est che all’Ovest considerano questo evento come la “più grande tragedia geopolitica del secolo scorso”. Cosa ne pensa?

Penso che questo tipo di ragionamenti possa essere rafforzato solo da regimi non-democratici nell’Est dei giorni nostri. Se questi pensieri compaiono anche nelle menti degli occidentali di oggi, sono comunque pericolosamente non-democratici, condizionati da logiche colonialiste e obsolete. La Lituania, così come gli altri paesi baltici, oggi sono paesi democratici, membri dell’Ue, prendono decisioni sul loro destino da soli e spesso sono all’avanguardia, in Europa, in materia di economia e di fiscalità, di rapidità di sviluppo e crescita.

Eppure le nazioni occidentali membro dell’Ue sono sempre più disaffezionate (a dir poco) sulle istituzioni comunitarie. Perché, secondo lei?

Problemi economici, crescita lenta, mancanza di sicurezza e migrazioni. L’Ue sta attraversando tempi difficili, ma nel lungo periodo ha gli strumenti per affrontare tutte queste sfide. L’Europa deve muoversi rapidamente per trovare nuove fonti di sviluppo.

A suo avviso, pesa negativamente l’assenza di ogni riferimento alle radici cristiane nei documenti fondamentali dell’Ue, fra cui il Trattato di Lisbona?

Sì, penso che non dobbiamo vergognarci di quelle che sono le fondamenta della cultura europea, quelle che ci rendono unici, che ci distinguono che sono, appunto, le radici cristiane dell’Europa. D’altro canto, proprio la chiara comprensione delle nostre radici non esclude affatto la coesistenza con altre religioni e altri modi di vivere, la diversità che arricchisce la nostra vita e la nostra cultura. Diversità che è una parola chiave, in questo contesto.