Quirinale, gli intrecci che non favoriscono Draghi
Il voto con l'incognita delle defezioni a causa di Omicron potrebbe far saltare gli equilibri raggiunti. La figura di Draghi è ancora appesa al rischio fine legislatura. Ma sarà decisivo il metodo perché il voto potrebbe anche far emergere una nuova maggioranza.
Sull’elezione del successore di Sergio Mattarella si allungano sia le ombre legate alla nuova esplosione di casi Covid sia quelle derivanti dalle trame sotterranee tra i partiti e dentro i partiti. L’auspicio di una elezione rapida, già alla prima votazione, appare al momento irrealistico, salvo colpi di scena dei prossimi giorni.
Le attuali regole della quarantena rischiano di bloccare il Paese, e questo ormai lo ripetono anche gli scienziati e gli esperti. E potrebbero anche compromettere le votazioni per il Quirinale, decimando il Parlamento e facendo abbassare sensibilmente il quorum. Non è infatti escluso che anche senatori e deputati possano rimanere imprigionati nella ragnatela di Omicron, che si diffonde a ritmi impressionanti, sia pure in maniera asintomatica o con sintomi leggeri e rischi davvero minimi. E se dovessero esserci defezioni potrebbero saltare anche eventuali accordi blindati, che peraltro al momento non s’intravvedono.
Gli scenari attuali sono ancora molto ingarbugliati e nebulosi e la matassa si sbroglierà solo verso la metà di gennaio. Intanto, però, i rumors accreditano Paolo Gentiloni, Pierferdinando Casini, Giuliano Amato e Mario Draghi tra i papabili. L’attuale premier è quello con meno chance perché, con il mare in tempesta e una pandemia che ancora domina l’attività del governo, potrebbe risultare inopportuno un suo trasferimento al Colle, col rischio concreto che la barca affondi e si vada a votare anticipatamente. Peraltro i partiti si sono mostrati tiepidi verso la sua autocandidatura arrivata in occasione della conferenza stampa di fine anno.
Vogliono che rimanga a Palazzo Chigi, sia perché temono la fine della legislatura sia perché la sua figura al Quirinale potrebbe di fatto inaugurare una stagione presidenzialista, con una sorta di “commissariamento” della politica e un depotenziamento dei partiti. Meglio, quindi, avvalersi della sua autorevolezza per guidare il Paese fuori dalla pandemia e sulla strada del proficuo utilizzo dei fondi europei. Ma lui sarà d’accordo? C’è chi addirittura profetizza che potrebbe dimettersi, in caso di mancata elezione al Quirinale, dal momento che ha precisato di non sentirsi indispensabile e che, secondo lui, il governo potrebbe proseguire anche con un’altra guida.
La pista che porta a Paolo Gentiloni è invece la più strategica e lineare. L’attuale commissario europeo, oltre che essere il referente privilegiato di Macron e dei francesi, è anche uno degli uomini più fidati di Sergio Mattarella. Con lui al Quirinale non ci sarebbero scossoni, anzi si realizzerebbe una sorta di continuità anche formale e burocratica, perché molti stretti collaboratori di Mattarella potrebbero essere confermati da Gentiloni, che li conosce personalmente. In Europa stapperebbero champagne perché si consoliderebbe la linea europeista del nostro Paese. A intestarsi l’ascesa al Colle di Gentiloni sarebbero Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, che in cambio del passo indietro nella ipotetica corsa al Quirinale otterrebbe la nomina a senatore a vita, Giuseppe Conte (ma anche l’ala grillina che fa riferimento al Ministro degli esteri, Luigi Di Maio) e il Pd di Enrico Letta. Quest’ultimo potrebbe anche prendere il posto dello stesso Gentiloni a Bruxelles e diventare commissario europeo. In questo scacchiere resterebbero marginali Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Soluzioni più “ecumeniche” e inclusive appaiono quelle di Giuliano Amato e Pierferdinando Casini. Il primo ha una storia socialista, ma già sette anni fa era il candidato preferito da Silvio Berlusconi, che non potrebbe non appoggiarlo. La sinistra potrebbe votarlo più o meno compatta e il suo nome potrebbe andare bene anche a parte della Lega e dei grillini. Casini è stato tra i fondatori del centrodestra, ma attualmente è un senatore eletto a Bologna nel centrosinistra, quindi potrebbe mettere tutti d’accordo. Pare non dispiaccia neppure a Matteo Renzi e a Gianni Letta, che intanto gioca su più tavoli e, senza escludere del tutto dalla partita Silvio Berlusconi e Mario Draghi, continua a coltivare questa prospettiva più centrista e democristiana che riconduce a Casini.
Tra gli outsider lo stesso Letta, che però potrebbe risultare indigesto ai grillini per la sua stretta vicinanza a Berlusconi, e una donna come il Ministro della giustizia, Marta Cartabia, ben vista da Mattarella e in grado di essere votata trasversalmente dal centrodestra e dal centrosinistra. Tra le altre donne in corsa la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’ex Ministro della giustizia del governo Monti, Paola Severino e Elisabetta Belloni, nominata sei mesi fa dal Premier Draghi capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza.
A prescindere dai nomi, sarà importante la scelta del metodo: a votare il nuovo Capo dello Stato sarà la stessa maggioranza che sostiene il governo Draghi oppure un’altra? Da questo dipenderà anche il futuro della legislatura.