Qui dove il Crocefisso aprì gli occhi e parlò
Leopardo fu il primo vescovo di Osimo. A lui si fa risalire, nel V secolo, la costruzione della chiesa che ne prende il nome. La tradizione vuole che il grande Crocefisso venerato nel Duomo, nel luglio del 1796, aprì gli occhi e mosse le labbra. Da allora si diffuse nei sui confronti una grande devozione.
Leopardo fu il primo vescovo di Osimo. Se incerte e frammentarie sono le notizie relative alla sua vita a lui si fa, però, risalire, nel V secolo, la costruzione della chiesa che ne prende il nome. L’edificio cristiano sorse nel punto più alto della città marchigiana, nel luogo anticamente occupato dal Campidoglio della Auximum romana, con tanto di terme e tempio intitolato agli dei Esculapio e Igea. Solo alla fine del XII secolo il vescovo Gentile aggiunse alla primitiva chiesa l’attuale presbiterio, la cripta e tre navate. Da allora ampliamenti e ristrutturazioni si susseguirono lungo i secoli, fino all’ultimo importante restauro del XIX secolo.
Dalla piazza antistante si può ammirare il fianco sinistro della cattedrale di pietra bianca. Una scalinata conduce al portico nartece, opera di quel maestro comacino Filippo, il cui nome è inciso nella crociera della cripta, cui si deve l’impronta gotica di tutto il complesso. Sotto le tre arcate a tutto sesto si aprono due portali che fino al 1589 costituivano l’accesso principale allo spazio sacro, oggi dislocato sul fianco orientale. Sulla parete destra un rilievo mostra una bellissima Madonna con Bambino attorniata da Santi Apostoli e due personaggi che Le offrono dei doni. Due lunghi serpenti con le fauci spalancate disegnano l’arco a sesto acuto del portale di destra.
Più complesso è, invece, l’apparato iconografico dell’altro fornice. Qui la chiave d’arco è un Agnus Dei affiancato da San Pietro, San Giovanni Battista e altri Santi tra il quali lo stesso Leopardo e Tecla, la martire cui il vescovo aveva intitolato la prima chiesa. L’interno a tre navate lascia intuire gli interventi delle diverse epoche. Il cotto del XVI secolo sostituì le capriate di legno del primo edificio e il dipinto di Virgilio Monti nell’Ottocento contribuì ad impreziosire il catino absidale, traendo ispirazione dal Cristo Pantocratore delle basiliche romane.
Con materiale di recupero, alla fine del XII secolo, si costruì la cripta che comportò il conseguente innalzamento del presbiterio, decorato con un bellissimo pavimento a mosaico in stile cosmatesco. L’ipogeo ha colonne diverse l’una dall’altra e di crescenti altezze. É qui che sono custodite non solo le spoglie di san Leopardo ma anche quelle dei primi santi martiri osimani, Sisinio, Fiorenzo, Diocleziano e Massimo, rei di non aver voluto idolatrare gli dei pagani. Essi riposano in uno stupendo sarcofago romano del IV secolo, con scene di caccia scolpite nella parte inferiore ed episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento del riquadro superiore.
Nel Duomo di Osimo si venera un Crocefisso ligneo, regale nel portamento, del XVI secolo. La tradizione vuole che il Cristo nel luglio del 1796 aprì gli occhi e mosse le labbra. Da allora si diffuse nei suoi confronti una profonda devozione.