Quelli che spingono la donna ad abortire
Lucia, un figlio, lavoro precario, abbandonata dal nuovo compagno alla notizia della gravidanza. Parenti e amici la spingono all'aborto, solo lei in fondo al cuore ritiene che sia sbagliato. E l'incontro con un'amica apre una nuova prospettiva...
In questo periodo, impiego molto del mio tempo per le pubbliche relazioni e per essere presente sulla stampa come Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli. Martedì, dunque, ho registrato un servizio per il TGR in cui spero di essere riuscita a comunicare la bellezza dei nostri incontri con le donne che, se aiutate, rinunciano a interrompere la gravidanza.
Salutati e ringraziati i giornalisti, ecco il suono imperativo del cellulare. Un’amica! Tiziana, però, non telefonava solo per salutarmi ma, in quel momento, soprattutto per farmi parlare con una sua collega. Manuela, infatti, essendo entrata in un negozio e avendo dovuto aspettare il suo turno, è stata coinvolta in un discorso il cui soggetto era l’interruzione della gravidanza di una delle signore presenti.
Le solite frasi: «Perché vuoi rovinarti la vita?». «In fondo non è ancora un bambino». «Un figlio l’hai già e vedi quanta fatica costa crescerlo. Come farai nella condizione in cui ti trovi?».
Nulla di nuovo, purtroppo! Oggi si parla anche dei problemi più intimi quasi pubblicamente e, abortire, sembra qualcosa di “normale” in certe situazioni difficili.
Manuela si è sentita interpellata, ne ha parlato con Tiziana ed è arrivata la telefonata. «Cosa posso fare per Lucia? La conosco da qualche tempo e provo per lei un certo affetto. Mi dispiace che abbia preso questa decisione».
«Manuela, vuoi provare a offrirle un colloquio con noi al CAV? Io sono qui e posso aspettarla». Mi arriva poco dopo un messaggio: 12 e 30. Finalmente posso fare il mio lavoro!
Così mi metto nell’ottica di affrontare un colloquio. Chi sarà Lucia? Quale la sua storia? Che cosa le impedisce di portare avanti la gravidanza? È un momento quasi magico quello del colloquio! Si sviluppano, infatti, strane alchimie per cui sembra che il tempo si fermi, le emozioni ti si rovescino addosso e tu, lì, a cercare di non farti travolgere.
Ecco, infine, le due amiche. Momenti di cortesia per dare il benvenuto. Lucia si sta forse chiedendo perché è venuta e che cosa può accadere di buono per lei in quella stanza con questa sconosciuta. Manuela vorrebbe lasciarla sola con me ma Lucia la trattiene.
Ci sediamo.
L’aria intorno è come rarefatta. Ci sentiamo tutti in attesa.
«Lucia, vuole provare a raccontarsi?».
Così vengo a sapere che è originaria dell’America Latina, essendo arrivata in Italia da bambina. Ha ventotto anni e un bambino che ne compirà sei. La vita con il padre di suo figlio non è stata facile ed è presto arrivata la separazione.
Lei ha da qualche tempo conosciuto Marco con il quale sperava di costruire una famiglia, avevano anche parlato di figlio. Quando, però, il figlio è arrivato, lui se n’è andato, non l’ha più visto, non l’ha più sentito. Si intristisce nel dire queste cose, per un’altra volta si è messa con l’uomo sbagliato!
Si fa silenziosa e ascoltiamo il suo silenzio. «Ora aspetto questo bambino. Nessuno lo vuole, forse nemmeno io». Mi sembra di percepire una specie di singulto soffocato. «Che cosa potrei dare a questo bambino? – dice come tra sé – Della casa non pago più l’affitto, il mio piccolo lavoro è “in nero”, mio figlio andrà alla scuola elementare e chissà quante cose serviranno, dovremo poter mangiare, vivere in una parola. Meglio fermare questa gravidanza».
Ecco, siamo arrivati al capolinea. Il ricordo del suo singulto soffocato mi fa sentire autorizzata a intervenire nel suo dire. «La sua famiglia, la sua mamma?» «Tutti non fanno che ripetermi che devo abortire e che il contrario sarebbe pazzia».
Penso che la pazzia ha il nome del piccolo bimbo che, convinto di essere nel posto più sicuro del mondo, si vedrà rapire la vita.
«Mi scusi, Lucia. Non le ho presentato il nostro lavoro. Siamo un’associazione di volontariato che vuole stare insieme alle donne in difficoltà per una gravidanza non programmata o indesiderata. Ci sentiamo felici quando le madri ci permettono di stare con loro per un pezzo di vita e, per questo, offriamo degli aiuti».
Silenzio con punto di domanda. Continuo: «Alle donne che intendono interrompere la gravidanza per motivi economici, proponiamo un aiuto mensile per il tempo della gravidanza e per il primo anno del bambino. C’è, poi, il nostro percorso fatto di incontri mensili individuali o di gruppo per imparare il difficile mestiere di genitore. A lei proporrei anche il corso di preparazione alla nascita, visto che ha partorito ormai da qualche anno. I bambini hanno poi bisogno di un corredino e, soprattutto, di tanti pannolini che regaliamo noi volentieri. Esiste anche una “borsa della spesa” rigonfia di alimenti di prima necessità. Come le sembra?»
Manuela le prende una mano affettuosamente. «Potrebbe essere una bella soluzione, Lucia. Non saresti costretta a disfarti del tuo bambino e non ti sentiresti più così sola. Partecipare a un gruppo fatto di altre donne, potrebbe costituire una bella occasione per incontrare delle amiche».
Lucia sembra mettere dentro di sé tutte queste informazioni soppesandole. «Non sapevo che esistessero posti come questo! - esclama guardando prima me e poi Manuela – tutti raccontano le cose negative della vita e di quelle belle non si parla. Sento che così accompagnata potrei farcela e che questa potrebbe essere una bellissima avventura».
Finalmente respiro.
«Allora, auguri Lucia», e la tengo stretta in un grande abbraccio.