Quelle sentenze politicamente corrette anche per la destra
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Le destra critica le sentenze quando sono politicamente orientate a sinistra, ma pure quando non danno l’ergastolo a chi tocca una femmina. Dunque, è vero che la destra è succube del politicamente corretto, cioè dell'egemonia culturale sinistra. Considerazioni sull'ultima sentenza che ha visto condannato a 30 anni un marito omicida.
Le destra critica le sentenze quando sono politicamente orientate a sinistra, ma pure quando non danno l’ergastolo a chi tocca una femmina. Dunque, è vero che la destra è succube del politicamente corretto, cioè dell'egemonia culturale sinistra. Mi riferisco allo sdegno bipartisan per i “soli” trent’anni inferti a un settantenne incensurato che, al colmo dell’esasperazione, ha sparato alla moglie e alla di lei (e non di lui) figlia. Dare trent’anni a un settantenne equivale a un ergastolo, ma non importa perché ciò che conta è il “segnale” lanciato ai maschi patriarcali.
Mariastella Gelmini, cito: «E’ un pericoloso precedente. Non c’è alcuna giustificazione per chi uccide una donna. Mai». Ipsa dixit. Più articolato ma parimenti – me ne scuso - banale quello di Eugenia Roccella, che è per giunta ministro/a per la famiglia (sic) nel governo di destra; per lei si tratta di «…un arretramento nell’annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne, ma anche di aprire un vulnus nelle fondamenta che reggono il nostro ordinamento». Addirittura. Perfino la leghista Laura Ravetto annuncia un’interrogazione al ministro della giustizia. Sembra di essere tornati ai tempi dell’assoluzione di Priebke, sentenza impugnata e annullata d’ufficio dall’allora ministro della giustizia (mi pare Flick, e rimase l’unica) sull’onda dell’indignazione popolare (in realtà di una minoranza del politicamente corretto di allora, dal che si deduce che il politicamente corretto è fenomeno variabile e ondivago).
I commenti delle politiche di sinistra non li ho letti perché non ce n’è bisogno, essendo per natura scontati. Nessuno tocchi Caino, insomma, purché non sia quello che i gramsciani di volta in volta indicano. Bisognerebbe chiedere a quei mariti separati costretti a dormire in macchina perché la loro casa è in mano alla ex e al suo/suoi nuovo/i compagno/i. Bisognerebbe chiedere agli avvocati matrimonialisti, i quali sanno bene come certe mogli deluse possano trasformarsi in arpie e rendere letteralmente la vita impossibile all’uomo che non vogliono più, talvolta usando gli eventuali figli come arma di ricatto o addirittura – c’è anche questo - accusando l’ex marito di nefandezze inenarrabili. E basate solo sulla loro parola.
Ma ciò non conta. Sei donna, perciò si inverte l’onere della prova, hai ragione tu a prescindere. E se un giudice equo e coscienzioso prende in considerazione le attenuati del caso, ecco che si ritrova alla berlina. Così che i prossimi, suoi colleghi, sono avvertiti. Certo, il caso di Cavazzona di Castelfranco Emilia è un pluriomicidio: donna e figlia di lei fucilate. Trent’anni al pluriomicida, e giustizia dovrebbe essere fatta. Ma per le politicamente corrette non basta: ergastolo, no, due, anzi tre. Naturalmente (boccaccia mia statti zitta) l’assassino di Cavazzona è italiano, fosse stato africano forse la sua “cultura” d’origine avrebbe costituito, questa sì, attenuante. Un caso del genere, del resto, c’è già stato e la sentenza non ha sollevato particolari scandali. Una –perfida- domanda alla premier: non sarebbe l’ora di un bel rimpasto? Ultima cosa: in linea e stile mi pare l’assoluzione di quello che ha ucciso il padre che picchiava la madre. Comprensibile. Ma trentaquattro (34!) coltellate non sono forse un po’ troppe per un moto di legittima difesa?