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Fuori schema
a cura di Andrea Zambrano

viaggi & miraggi

Quella sporca decina

Fuori schema 30_11_2021

Questa mattina ho perso il treno per Milano. L’unico motivo per cui la notizia può avere un qualche interesse per il lettore è questo: alle 7 di mattina sono stato avvertito da un solerte messaggino di Trenitalia che il convoglio da me prenotato (sono un pendolare della tratta Reggio Emilia-Milano) era fermo dalle 5.55 da qualche parte sul bagnasciuga di Civitanova Marche a causa di un guasto sulla linea. Tempo stimato di viaggio: circa 100 minuti, impossibile possa arrivare per le 8.44 a Reggio. Vabbè, nessun problema, prendo il treno successivo, quello che arriva a Reggio alle 9 da Roma.

E qui sulla banchina della tanto celebrata stazione Mediopadana disegnata da Santiago Calatrava, quella che doveva essere il terminal della “metropolitana d’Italia”, arriva la sorpresa. Impossibile prenotare un cambio: non si può salire a bordo, gli ultimi posti li hanno occupati i viaggiatori che sono saliti a Bologna ed erano stati privati anche loro del treno precedente.

Allora pensi che se il treno è pieno, effettivamente è inutile stare a discutere. Invece non è questo il punto. Il punto è che il treno non è pieno, ma è occupato all’80% della sua capienza totale causa covid, pandemia e compagnia cantante. Quindi i posti sul treno, tra prima e seconda classe, ci sarebbero anche stati, ma le regole anticovid non guardano in faccia la realtà, la ragione e neanche il cuore. Sono così e basta.

I due controlli e il capotreno ce lo hanno spiegato con rigore inflessibile. O meglio: lo hanno spiegato a me e a pochi altri viaggiatori indomiti intenzionati a chiedere un passaggio per Milano come autostoppisti intirizziti dal freddo sulla statale e disposti a tutto, anche a viaggiare sul portabagagli o sugli scalini delle carrozze.

Niente da fare: il covid incombe, la pandemia non perdona e l’80% di capienza massima è un dogma. Quanti saremo stati? 8…9… dieci al massimo, la maggior parte se ne era andata al primo “no”. Una decina di poveretti superstiti, alcuni dei quali obbligati a lavorare in presenza come, ad esempio, una dottoressa in lacrime a pochi minuti dal turno in ospedale. Ci potevano dislocare uno in ogni carrozza capiente all’80%? Certo che sì, considerato che il treno ha 11 vagoni ci sarebbe avanzato anche un posto libero. Di quanto avremmo infranto la regola dell’80% considerato che il treno ha una capienza di circa 1000 posti? Di una percentuale irrisoria, ma comunque sufficiente per far scattare la draconiana tagliola.

Siamo rimasti tutti a piedi perché una decina di viaggiatori in più avrebbe rischiato di infettare gli altri mille a bordo.

Una sporca decina.

Io non ho perso la giornata di lavoro, ma alcuni sì. Questo articolo è per solidarietà nei loro confronti. Chissà come sarebbe andata la pandemia se invece che il pallottoliere la burocrazia statale avesse usato solo un po’ di ragione: nei trasporti, ma non solo. Anche nelle cure e nella campagna vaccinale.