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Quella scomunica che non si ha la carità di dare

Dopo l’approvazione da parte dello Stato di New York della legge che consente di abortire fino al nono mese di gravidanza, diversi fedeli hanno chiesto di comminare una scomunica al governatore Cuomo. Ma il portavoce del cardinale Dolan ha detto che “la scomunica non dovrebbe essere usata come un’arma”. Eppure, la scomunica è una medicina per spronare l’anima a tornare in comunione con la Chiesa.

Ecclesia 27_01_2019

Martedì scorso, nel 46° anniversario della sentenza Roe contro Wade, che rendeva legale l’aborto negli Stati Uniti, il governatore dello Stato di New York, il sedicente cattolico Andrew Cuomo, ha firmato una legge che rende possibile in buona sostanza la soppressione della vita fino al nono mese: cioè fino alla vigilia del parto. Inoltre la soppressione potrà essere praticata anche da infermiere e assistenti medici. Ancora: elimina le protezioni eventuali per quei feti che sopravvivano a un tentato aborto, cioè un semaforo verde per l’infanticidio dei sopravvissuti. Come tocco finale il Governatore cattolico per sottolineare l’esultanza per l’approvazione di questa legge di civiltà e progresso ha dato ordine che il pinnacolo del World Trade si colorasse di rosa.

Erode, ovunque sia, avrà scosso il capo in segno di approvazione: che professionisti, si sarà detto. Molti cattolici negli Stati Uniti - e fra di loro qualche vescovo - però hanno pensato che forse sarebbe il caso che la Chiesa, in particolare quella di New York e di Albany, a cui Cuomo formalmente appartiene, dicesse qualche cosa. Tanto per evitare di trovarsi, domenica prossima, il governatore in fila per ricevere l’ostia, come se nulla fosse. Una domanda precisa in questo senso è stata posta da un collega della CNN, Daniel Burke, al portavoce del cardinale Dolan, arcivescovo di New York (che pure nei giorni precedenti aveva esortato coloro che si dicono “progressisti” a proteggere il bambino nel grembo). La risposta è stata sconcertante, a nostro parere.

Il giornalista ha riferito su Twitter che il portavoce “sottolineando che questo non dovrebbe essere considerato un commento su nessuna persona specifica” ha detto che “la scomunica non dovrebbe essere usata come un’arma”. Scomunicare Cuomo sarebbe inappropriato: “Troppo spesso, temo, quelli che chiedono la scomunica di qualcuno lo fanno per rabbia o frustrazione”. Poi ha aggiunto che secondo dei canonisti - ma qui ci sarebbe da discutere a lungo - “la scomunica non è una risposta appropriata a un politico che appoggia o vota una legge che propone l’aborto”. La dichiarazione affermava anche che il cardinale preferiva gestire la questione “personalmente e direttamente”.

Ieri il vescovo di Albany, Edward Scharfenberger, intervistato da Fox News ha detto che “la scomunica è l’ultima risorsa, e se il Governatore continua ad allontanarsi dalla comunione con la Chiesa si può giungere a questo”. Ha poi spiegato che ci sono diverse forme di scomunica e che una di queste consiste nel fatto che l’interessato non è moralmente in grado di avvicinarsi all’altare per ricevere la Comunione, e questo sarebbe il caso di Cuomo.

Certo, come fanno notare in molti, la scomunica è una forma di medicina per fare in modo che l’interessato si renda conto della gravità delle sue azioni, si penta e si salvi. Ma certamente la legge è choccante; la determinazione e la gioia (incredibile, se si pensa quale ne sia l’oggetto…) dei promotori senza esitazioni, e il gesto finale di trionfo - l’illuminazione del pinnacolo - sono apparsi a moltissimi pro life, cattolici e no, un’estrema provocazione, un segnale maligno.

Due giorni fa un vescovo del Texas, Rick Stika della diocesi di Knoxville, ha scritto: “Qualcuno mi ha chiesto oggi se scomunicherei un governatore cattolico sotto la mia giurisdizione se il governatore facesse come a New York. Credo che potrei farlo per ogni legislatore cattolico sotto la mia giurisdizione che avesse votato per la legge, così come per il governatore. Adesso basta. La scomunica non è una punizione ma [un modo] per ricondurre una persona nella Chiesa. È una medicina per loro. Ma questo voto è così orribile e vile che merita l’atto. Fortunatamente non sono in quella posizione. Molto triste”.

E un altro vescovo coraggioso, Joseph Strickland di Tyler, gli ha dato il suo appoggio: “Non posso agire per quanto riguarda la legislazione di New York, ma imploro i vescovi che lo sono a parlare con forza. In ogni società sana questo si chiama INFANTICIDIO”. La richiesta di scomunica è stata avanzata da moltissimi laici e sacerdoti sui social network. Padre Kevin Cusick per esempio ha detto che “la scomunica pubblica, come nel caso di Cuomo, si è fatta attendere anche troppo in questo Paese”. E un altro sacerdote, David Palmer, dell’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham: “Quest’uomo deve essere scomunicato pubblicamente (già si è autoscomunicato di fatto). Non ha nessun posto nella Chiesa cattolica”.

Come ha giustamente rilevato il vescovo Strickland, e non solo lui, la legge approvata a New York è di un’ampiezza eccezionale, tale, almeno a leggere i commenti sui social, da provocare perplessità anche fra persone pro aborto. Ha ragione Strickland: è una legittimazione dell’infanticidio. Appare straordinario che fino ad oggi il Pontefice, in viaggio a Panama, pur ricordando "il grido soffocato dei bambini ai quali si impedisce di nascere", non abbia toccato l’argomento specifico di New York: forse i suoi consiglieri non lo hanno informato. D’altronde i promotori della legge (a cui è favorevole anche la Clinton) sono i democratici, cioè la parte politica americana vicina ai suoi alleati, ai Cupich, Farrell, McCarrick e (Joseph William) Tobin. I democratici sono pro choice, Trump è pro life. Allora il Pontefice batte e ribatte sul tema dei migranti in maniera ossessiva; ma tace sulla legge probabilmente più letale per quanto riguarda la vita mai apparsa in una società occidentale.

Questo silenzio e lo schieramento anti-Trump del Vaticano costituiscono un’ulteriore difficoltà per Dolan e Scharfenberger. Guai a passare per “cultural warriors” agli occhi del Pontefice e del suo gruppo di potere! E una scomunica pubblica, in risposta al pubblico oltraggio alla vita - e alla fede cattolica - compiuto da Cuomo sarebbe certamente interpretato come carenza di “misericordia” e “compassione”. Ma ha forse ragione monsignor Charles Pope, nel suo commento sul National Catholic Register, quando scrive: “Mancare di emanare le possibili condanne canoniche a questo punto mostrerebbe la Chiesa come irrilevante, e oggetto di ridicolo”. Già, ma chi lo spiega al Pontefice?