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IL CASO

Quel padre della tabaccaia di Asti capace di perdono

Ho bene sperimentato come la morte di un figlio sia il dolore più grande che possa colpire un padre e una madre. Da queste tragiche circostanze ho visto spesso la disperazione scavare un abisso invalicabile. Non per Pino Fassi, il padre della tabaccaia di Asti uccisa, che ha deciso di aiutare la figlia malata dell'omicida.

Editoriali 28_07_2015
Maria Luisa Fassi, la tabaccaia di Asti uccisa per rapina

Mi capita ancora di incrociare quella mamma; e ancora sempre la donna non risponde al mio tentativo di saluto. È accaduto una ventina di anni fa. Sua figlia era stata uccisa dal fidanzato e solo dopo molti giorni se ne scoprì il corpo e si svelò il colpevole. In questo angoscioso intervallo di tempo avevo visitato più volte la famiglia della ragazza. Dopo la scoperta, manifestai il desiderio di prendere contatto con il giovane assassino in prigione. Tanto bastò per inimicarmi duramente tutta la famiglia.

Ho bene sperimentato molte volte come la morte di un figlio sia il dolore più grande che possa colpire un padre e una madre. Da queste tragiche circostanze ho visto spesso fiorire una fede intensa e un rapporto vivace con la realtà della Chiesa. In altri casi la disperazione ha scavato un abisso invalicabile: si sono indurite le facce dei genitori e si sono sbilanciati tutti i rapporti. Per questo, ogni volta mi sorprende ancor più la notizia del perdono dato agli assassini da parte dei familiari della persona uccisa. In questo caso però non si tratta solo del perdono, ma della collaborazione attiva al bene dell’altro: il padre della tabaccaia di Asti uccisa si è detto disposto ad aiutare la figlia dell'assassino di sua figlia, affetta da una malattia genetica. 

Dicono le cronache che sia la tabaccaia che i suoi genitori vivono in un bel contesto cristiano. E non c’è gesto più cristiano di chi fa del bene a chi gli ha fatto del male. Dice Gesù nel Vangelo: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono…» (Lc 6,27). É la diversità cristiana: «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso». (Lc 6, 32). Una novità possibile a chi ha fede: «Tutto è possibile a chi crede» (Mc 9,23). 

Quando la grazia di Dio incontra la nostra disponibilità, allora l’umano fiorisce e il cristianesimo rivela tutta la sua efficacia. Ma, nel deserto del nostro mondo, ha ancora buon gioco la fede? Nella partita della vita fatta di lotte, di conquiste e di sconfitte, è ancora possibile non rimanere rinchiusi nel sentimento di vendetta, di rappresaglia, o semplicemente di “giustizia”? Quando, a conclusione di procedimenti giudiziari complessi e spesso annosi, si arriva alla “giusta” condanna dei colpevoli, è ben magra la “soddisfazione” che se ne trae. La minaccia della pena potrà servire come deterrente per chi è tentato di fare il male e per chi compie azioni pericolose al prossimo. Ma lo spirito di vendetta o peggio la rappresaglia corrono sulla stessa china del male già fatto e lo amplificano: insieme con la vita della persona uccisa si spegne quella di altri, familiari e amici. 

La misericordia invece e il soccorso a chi (ci) fa del male compiono il miracolo della risurrezione: colui che perdona rialza il capo e trova nuove energie di vita. A volte cambia anche il cuore dell’assassino e di quanti gli stanno attorno. C’è una sorgente di vita nel cristianesimo, un fattore attivo di nuova umanità. Nel gesto decisivo e discreto del papà della tabaccaia uccisa, riscontriamo già un inizio del cambiamento del mondo e una speranza per tutti.