Quel Gesù che parlando stupiva anche sua madre
Il programma iconografico delle storie dell’Avvento e dell’Infanzia di Cristo realizzato dal Pinturicchio nella Cappella Baglioni (transetto sinistro della Collegiata di Santa Maria Maggiore di Spello) ricordano che cosa sia la vera sapienza. Quella per cui Gesù si rivolge ai semplici e ai bambini, scandalizzando i dotti con una conoscenza che supera i loro angusti ragionamenti.
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49)
Quando nel 1500 il Pinturicchio fu chiamato a Spello per decorare la Cappella Baglioni, nel transetto sinistro della Collegiata di Santa Maria Maggiore, il pittore umbro era all’apice della carriera, reduce da gloriose imprese romane. Il committente, Troilo Baglioni, priore della Collegiata e Vescovo di Perugia, aveva definito il programma iconografico individuandolo nelle storie dell’Avvento e dell’Infanzia di Cristo. Com’era solito, il Pinturicchio, a capo di un’organizzatissima bottega, portò a termine il proprio compito nel giro di un anno: il 1501 è la data che si legge, infatti, in loco tra gli ornati di un pilastro.
Sotto lo sguardo vigile delle Sibille, ciascuna delle quali occupa una vela della volta del soffitto, il maestro inquadra, all’interno di monumentali architetture dipinte, gli episodi dell’Annunciazione, dell’Adorazione dei pastori e della Disputa di Gesù tra i dottori. Quest’ultimo ricopre la parete destra e, contrariamente alla tradizione iconografica e al testo evangelico di Luca, è ambientato al di fuori del tempio che, in lontananza, assume l’aspetto di un edificio rinascimentale a pianta centrale.
L’impianto prospettico così ottenuto, che Pinturicchio riprende da illustri esempi a lui precedenti, ha il suo centro perfetto nella figura del Cristo adolescente, fulcro dell’articolata composizione. Verso di Lui converge il nostro sguardo e quello dei numerosi astanti che Gli ruotano attorno. È un’umanità variegata, composta di giovani spose, donne anziane, soldati, mendicanti ma soprattutto scribi e sacerdoti: a loro, principalmente, si sta rivolgendo il fanciullo vestito di azzurro, isolato al centro della scena, mentre con fare deciso e un’espressione serena computa con le dita delle mani, alla stregua di un filosofo o di un intellettuale, argomentando la Verità che Egli stesso incarna.
A terra, sul pavimento perfettamente scorciato, sono stati gettati dei libri, segno della confusione che imperversa tra i dotti ebrei cui non bastano le barbe appuntite, gli abiti eleganti e i vistosi copricapi per colmare la propria ignoranza. La loro sapienza è stata superata da una conoscenza molto più grande, di fronte alla quale ciascuno reagisce con espressioni di perplessità o di meraviglia che il Pinturicchio registra nella pluralità di volti e atteggiamenti.
In primo piano, sulla sinistra, compaiono anche dei bambini. Due per l’esattezza, uno vestito in abiti moderni, l’altro no. Entrambi hanno in mano un volume, di cui solo uno è chiuso in un sacco di stoffa. In queste curiose figure potrebbe leggersi la contrapposizione tra l’Antico Testamento in mano agli ebrei, che non ne sanno scoprire il vero significato, mentre il bimbo con il libro tra le mani sarebbe il simbolo del testo Nuovo, finalmente rivelato.
Sinagoga e Chiesa, dunque, si raffrontano in questa occasione. E a rendere il messaggio più esplicito contribuisce la monumentale architettura che fa da sfondo; una sinagoga trasformata in una basilica rinascimentale.
Non potevano mancare Giuseppe e Maria. Dice Luca nel suo vangelo: “Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio…Al vederlo restarono stupiti…” . Pinturicchio li fa entrare in scena da destra. Sono due genitori che cercano da giorni il proprio Bambino ma mentre Giuseppe si dirige verso il Figlio ritrovato, Maria trattiene il Suo sposo, desiderosa Lei stessa di ascoltare le parole di quel Messia di cui profeti e sibille avevano preannunciato la venuta.