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L'EDITORIALE

Quel bipolarismo innaturale e le colpe degli eredi di Stalin

Abbiamo importato dal mondo anglosassone un sistema elettorale che fa a pugni con la nostra storia. Eppure giò dal 1953 avremmo potuto avere stabilità e governabilità se il Pci non si fosse opposto...

A TAVOLA 17_01_2011


Nell’ultimo “aperitivo” ho ricordato l’atteggiamento provinciale con cui noi accettiamo e importiamo fenomeni di costume dagli Stati Uniti. C’è però qualcosa di ancora più grave su cui riflettere. Anche per quella struttura fondamentale della democrazia che è il sistema elettorale, abbiamo importato formule che fanno a pugni con la nostra storia e la nostra mentalità.

Dopo lo tsunami di Tangentopoli, infatti, abbiamo introdotto in Italia il bipolarismo, che è di origine anglosassone. Sia ben chiaro: guardo con ammirazione a quel grande Paese che sono gli Stati Uniti ma proprio perché lo rispetto penso che sia importante rispettare anche la nostra storia. Quel sistema acriticamente da noi importato ci ha infatti reso più bloccati di prima. Il bipolarismo è tipico delle società anglosassoni perché a differenza di quelle latine, esse sono poco ideologiche e molto pragmatiche.

La società, negli Usa e in Gran Bretagna, si divide in progressisti e conservatori. La nostra superficialità e il nostro provincialismo non hanno tenuto conto del fatto che da noi quel bipolarismo non poteva funzionare, perché sia in Italia, come in Francia, Germania e Spagna, la società è molto più recettiva rispetto alle sirene ideologiche e più portata a frazionarsi.

Il bipolarismo appare dunque una violenza inaccettabile a tutta la nostra storia e al nostro temperamento. Il nostro bipolarismo, infatti, è fasullo, perché vede la presenza di partiti e partitini che organizzano cartelli elettorali e poi, il giorno dopo il voto, cominciano a litigare e si dilaniano tra di loro. Un sistema dannoso, insomma.

Ciò che ci servirebbe è un sistema proporzionale corretto che assicuri la governabilità grazie a due correttivi: il primo è uno sbarramento al 5 o al 7 per cento, che argini la presenza dei partitini; il secondo è il premio di maggioranza che permetta al partito più votato di governare per cinque anni.

Noi avremmo potuto avere tutto questo già nel 1953, quando Alcide De Gasperi propose proprio lo sbarramento e il premio di maggioranza. Il Pci e il Psi allora suo fiancheggiatore si scagliarono contro la riforma, chiamandola «legge truffa», che non passò per una manciata di voti, ma che ci avrebbe assicurato fin da allora, al contempo, democrazia e governabilità. Dobbiamo ricordarci che se oggi siamo in questa situazione, lo dobbiamo anche all’ideologia, agli slogan e alle falsità che nel 1953 gli eredi di Stalin scagliarono contro quella legge.

(testo raccolto dalla redazione e non rivisto dall’autore)