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L'APERTIVO

Quei segni perduti dell'identità cattolica

Il Papa ci dice che il futuro del cristianesimo sarà nelle "minoranze creative". Ma noi in pochi decenni abbiamo perso tutti gli elementi distintivi della nostra identità...

A TAVOLA 29_12_2010


Riflettendo ieri sul tema del prosciutto spagnolo e dell’astinenza quaresimale dalle carni il venerdì, mi sono tornate in mente le parole pronunciate più volte da Benedetto XVI circa le minoranze creative. Sì, perché l’astenersi dalle carni il venerdì e specialmente i venerdì di Quaresima era un segno d’identità cattolica, uno dei tanti segni che abbiamo perso nel giro di pochi decenni.

Il Papa ci dice che il futuro per il cristianesimo sarà quello di essere una minoranza attiva e creativa, dato che nelle società secolarizzate non è più tempo del cristianesimo di massa. Alcuni segni di identità, il raccogliersi attorno a dei simboli, è fondamentale per una minoranza creativa.

Peccato che noi abbiamo finito per perderli praticamente tutti: avevamo una lingua liturgica comune, il latino, che non c’è più. Abbiamo perso i segni distintivi dell’abito sacerdotale e ora per strada in molti casi non siamo più in grado di distinguere un prete o un religioso.

Abbiamo perso il digiuno e l’astinenza, mentre un tempo era norma anche nelle mense scolastiche e aziendali l’attenzione a non servire carne di venerdì o comunqe ad avere menu alternativi. Abbiamo perso quel segno della fede nella resurrezione dei corpi che era la sepoltura sotto terra, ora sostituita in sempre maggiori casi dalla sciagurata cremazione.

Abbiamo perso l’usanza del velo per le donne in chiesa, precetto paolino presente nelle Sacre Scritture, abolito proprio da coloro che si rifanno alla Scrittura a ogni pie’ sospinto. Abbiamo perso le processioni come pure le feste patronali, che sopravvivono solo grazie all’illusorio boom folkloristico e sono ormai organizzate dalle pro loco.

Il cattolico non è più distinguibile, e questo sarebbe il meno. Il problema è che lui stesso, in qualche caso, non riesce più a capire chi è, a raccogliersi attorno a dei simboli e a delle usanze. Lungi da me ogni anacronismo e ogni falsa nostalgia. Credo però che così come c’è necessità di una «riforma della riforma» liturgica, allo stesso modo servirebbe un recupero di segni di identità per le minoranze creative che sono il futuro del cristianesimo.

(testo raccolto dalla redazione e non rivisto dall’autore)