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CASTAGNETTI E GLI ALTRI

Quei cattolici di sinistra rapiti dal film di Bellocchio

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Castagnetti dopo aver visto il film di Bellocchio sul caso Mortara parla di disumanità della Chiesa. Così svela che l'unico rapito è l'ex leader popolare, ma dalla cultura marxista della quale ormai abbraccia tutto, anche l'anticlericalismo. Invece di inquadrare storicamente certi fenomeni, gli intellettuali cattoprogressisti affidano all'emotività di un film la loro esperienza di fede.  

Editoriali 30_05_2023

Da un tweet di Pier Luigi Castagnetti sul film “Rapito” apprendiamo un fatto significativo. Se c’è uno che è stato rapito non è Edgardo Mortara, ma il povero Castagnetti che porta a conclusione così la sua parabola politica spesa negli ultimi 30 anni nel fondere il cattolicesimo progressista con le istanze politiche e culturali comuniste, dimostrandosi letteralmente sequestrato da quel milieu culturale anticlericale e marxista che ha nel regista Marco Bellocchio uno dei suoi elementi di spicco, almeno sul piano culturale.

Il tweet dice così: «Se siete credenti non andate a vedere il film “Rapito”. Stareste troppo male. La disumanità della Chiesa di Pio IX fu semplicemente indicibile. Irreparata perché irreparabile».

Il tweet è stato subissato di critiche dai suoi stessi follower con commenti di questo tenore: «Prima di bersi la narrazione anticlericale, potrebbe studiare i documenti e le testimonianze storiche, che dimostrano tutt’altra realtà. Ma fa troppo comodo, a voialtri progressisti filobergogliani, accettare il marchio d’infamia di un Cattolicesimo che vi è estraneo, pur di rimanere sul carro dei nemici della Chiesa. Non pretendete che vi si creda ciecamente, almeno».

In effetti, Castagnetti se ne guarda bene dal considerare i molteplici aspetti storici, culturali, ma anche umani, che la vicenda di Edgardo Mortara ha consegnato alla storia. Né viene pervaso dal dubbio che se a girare il film è un regista come Bellocchio, che da 50 anni mostra nelle sue opere fastidio e livore verso la Chiesa, ci possa essere qualche cosa che non torna proprio a partire dal film stesso.

Noi l’abbiamo fatto, tra i pochi nel panorama mediatico italiano, ricostruendo con due articoli di Ermes Dovico (QUI e QUI) la verità sul caso Mortara e inquadrando in una precisa cornice storica quell’episodio che per quanto difficile da far comprendere all’uomo d’oggi così lontano da concetti come salvezza eterna e battesimo, non era certo un rapimento. Ma Castangetti non legge la Bussola e se la legge non la stima. Peccato per lui. Avrebbe imparato tante cose sulla storia di Mortara che gli avrebbero consentito di frenare la smania twittarola che se compare in età senile come è il suo caso, rischia di provocare scivoloni.

Infatti, parlare di disumanità della Chiesa di Pio IX non è altro che un ridurre a emotività la propria esperienza di fede, con la stessa facilità con la quale oggi si parla di una chiesa di Papa Francesco. La reazione di Castagnetti, che pure si vanta di essere stato allievo di Giuseppe Dossetti e di avere profonda cultura cristiana, è la stessa che avevano i dirigenti del Pci cresciuti a Happy Days e cineforum: il confondere e il mescolare il dato spirituale della propria esperienza con quello emotivo di un film, che per quanto ben fatto non può orientare le proprie scelte in materia di fede.

Dire ai propri lettori «se siete credenti», manifesta tutto il relativismo culturale del quale è permeato Castagnetti, che dal suo maestro Dossetti ha preso la stessa, inguaribile cocciutaggine ideologica. Per il monaco di Monteveglio, basta il giudizio che di lui ne diede il suo vescovo Giacomo Biffi: «Carente in teologia, l’ha studiata dai maestri sbagliati». Per Castagnetti, invece, si aggiunge anche una sconcertante impreparazione culturale nell’affrontare quegli elementi a difesa del cattolicesimo, della Chiesa e dei Papi senza considerare gli attacchi e le strumentalizzazioni di un contesto sociale che dall’Ottocento ad oggi va in giro come un leone ruggente per divorare il dato di rivelazione.

Il suo confondere l’ambito della fede con l’ambito emotivo, come se la nostra fede dovesse dipendere dal mondo così come ci viene presentato dagli "artisti", è un elemento di mollezza, un pensiero debole rapito per una causa che ieri era anticlericale e oggi chiamiamo cristianofoba.

Da qui si comprende la caratura intellettuale di quei politici che, dopo la fine della Prima Repubblica hanno trasmigrato armi e bagagli nello schieramento che prima combattevano, fino a diventarne ora completamente assorbiti per osmosi.

Anzi, sembra proprio che il livore anticlericale di un intellettuale organico al Pci come Bellocchio, esista proprio in ragione di politici della cosiddetta sinistra sociale, pronti a vergognarsi della Chiesa, dei Papi del secolo scorso e della difesa della fede, perché in fondo in quella pagina di storia raccontata dal regista quel che si vuole colpire è la Chiesa, non raccontare un episodio storico. E in questo, le mosche cocchiere della sinistra cattolica come Castagnetti mostrano di essere letteralmente rapite dai loro carnefici.