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PROLIFERAZIONE BUROCRATICA

Quarantamila regole per rispettare il lockdown all'italiana

La legge è uguale per tutti e i furbi vanno puniti. Ma quando le leggi sono troppe per essere ricordate tutte? Le ordinanze emanate su base nazionale sono state 228, quelle delle venti regioni 339, mentre quelle dei comuni risultano essere in totale ben 40.000. La burocratizzazione della macchina decisionale mina la lotta al virus

Politica 14_04_2020
Controllo dell'autocertificazione

La legge è uguale per tutti e i furbi vanno puniti. Inoltre, l’ignoranza della legge non è ammessa. Dunque ricade sul cittadino l’onere di documentarsi sugli obblighi normativi al fine di rispettarli, anche in tempi di Covid-19. Principi elementari, si dirà. Ma diventati di problematica applicazione in una fase di sospensione delle libertà come quella che stiamo vivendo. Mentre il virus continua a circolare soprattutto in Lombardia, mentre alle persone viene chiesto di rimanere in casa per frenare il contagio, si susseguono a ritmi vorticosi raffiche di decreti e atti amministrativi, chiamati a prescrivere, puntualizzare, circostanziare, rettificare, elencare e, perché no, differenziare il regime stabilito in un territorio comunale da quello del resto della regione di appartenenza o il regime previsto in un territorio regionale dagli obblighi fissati a livello nazionale.

Qui, però, si rischia di fare un errore, scaricando le responsabilità di questo caos sul principio autonomista. Come se fossero le autonomie dei singoli territori a complicare la situazione e a destabilizzare i già fragili equilibri sociali. In realtà le cose stanno diversamente, perché è giusto monitorare il contagio nelle diverse aree geografiche e tarare le disposizioni normative e amministrative sulle esigenze dei singoli territori e delle singole comunità. Ma ancora una volta sono i numeri a spaventare. Da quando è scoppiata, meno di due mesi fa, l’emergenza Covid-19, le ordinanze emanate su base nazionale sono state 228, quelle delle venti regioni 339, mentre quelle dei comuni risultano essere in totale ben 40.000. E’ ovvio che ciascun comune, ciascuna regione e il governo nazionale hanno dovuto rimodulare i divieti e le restrizioni sulla base dell’escalation della malattia, quindi è comprensibile che le regole siano cambiate strada facendo. Quello che sconcerta è la sovrapposizione di differenti livelli di normazione, con l’inevitabile disorientamento dei cittadini nel rispettare l’una o l’altra disposizione.

Le colpe delle singole amministrazioni sono evidenti, anche in termine di approssimazione e vaghezza nell’elaborazione dei documenti amministrativi. In quei numeri, infatti, rientrano anche circolari interpretative e disposizioni attuative di altre disposizioni già emanate. Insomma, un ginepraio che getta scompiglio nella popolazione italiana e mette a nudo l’incapacità di gran parte della classe politica, ad ogni livello istituzionale, di gestire l’emergenza in corso. Ciò che però emerge ancora più nitidamente è la proceduralizzazione di ogni scelta e quindi la burocratizzazione estrema della macchina decisionale, con conseguente rallentamento delle azioni di contrasto al virus pandemico. Lo si è visto rispetto alle misure di contenimento, che pure sono state imposte in modo anche molto drastico, forzando in alcuni casi la barriera delle tutele costituzionali (si pensi alla libertà personale, a quella di circolazione, ma anche a quella di culto e al diritto alla privacy e alla riservatezza). Lo si è toccato con mano anche e soprattutto sul versante delle misure economico-sociali. Nessuno ha ancora ricevuto un solo euro di quelli promessi con i numerosi atti governativi, dal “cura Italia” al “decreto liquidità”, e questo per i farraginosi meccanismi che regolano l’erogazione di aiuti e sussidi, anche in situazioni di emergenza come questa. Senza dimenticare la controversa possibile attivazione di una app anti-contagi, per la quale ancora non ci sono soluzioni ufficiali, proprio a causa dei vari passaggi burocratici che l’introduzione di una tecnologia del genere comporterebbe.

Tutto questo lascia intravvedere un percorso di ripresa ancora più tortuoso per il nostro Paese. La prima riforma da varare immediatamente dovrebbe essere proprio quella della semplificazione burocratica per accelerare ogni procedura, spazzare via vincoli che, quand’anche si giustifichino in regime ordinario, non hanno ragion d’essere in una fase drammatica come quella che stiamo vivendo. L’intero mondo produttivo e tutte le categorie professionali continuano a rimarcarlo. Il momento è eccezionalmente grave e merita soluzioni eccezionalmente celeri. Ma i governanti lo capiranno fino in fondo, smettendola di litigare e attrezzandosi per fronteggiare in modo energico e costruttivo la recessione incombente?