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MEDIA

Quanta ipocrisia nella stampa che elogia le parole del Papa

Papa Francesco visita a sorpresa la redazione del Messaggero di Roma. Ha invitato i giornalisti, di tutte le testate, a moderare i toni nel dibattito politico e a separare i fatti dalle opinioni. Per questo è stato lodato da molti direttori di testata. Che però confondono le opinioni con i fatti, regolarmente. 

Attualità 12_12_2018
Papa Francesco alla sede del Messaggero

In epoca di fake news, chi meglio di un Papa può illuminare il mondo dell'informazione con pillole di saggezza e un coinvolgente richiamo al principio di verità? La visita del Pontefice alla redazione del Messaggero ha avuto un valore altamente simbolico, non solo per la città di Roma, bensì per l'intero settore del giornalismo.

È la prima volta che Papa Bergoglio visita la sede di un giornale, peraltro di antica tradizione laica, come il Messaggero. Ha colpito anzitutto il suo invito, neppure troppo velato, a moderare i toni del dibattito sul ruolo dei giornalisti, evitando demonizzazioni come quelle alimentate da alcuni esponenti della maggioranza giallo-verde. Ma tra le perle di buon senso dispensate da Papa Francesco ce n'è stata una che il mondo dei media ha mostrato di apprezzare particolarmente, tanto da riprenderla in tutti i resoconti dell'evento di via del Tritone. Il ruolo insostituibile dell'informazione di qualità va difeso da improvvidi attacchi di chi vorrebbe mettere sullo stesso piano i blogger e i giornalisti, gli avventurieri delle notizie e i professionisti della cronaca. "La virtù del giornalista - ha sentenziato Bergoglio - è di andare ai fatti, avere concretezza, non fermarsi al relato, ma verificare. Il fatto è questo. E poi arrivano le opinioni. Questa è l'informazione che a tutti noi fa bene". Dunque dalle parole del Papa arriva il riconoscimento del valore aggiunto che la professionalità giornalistica può garantire in termini di affidabilità e attendibilità delle notizie.

Comprensibili quindi le reazioni entusiaste dell'editore e del direttore del Messaggero, che tanto hanno apprezzato il "regalo" del Pontefice. Più ipocrite quelle di alcuni direttori di importanti testate giornalistiche, che hanno elogiato le parole di Papa Francesco, leggendovi un riferimento alla profondità di analisi, all'autonomia di pensiero e all'onestà intellettuale dei cronisti. Peccato, però, che alcuni di quei direttori abbiano nei fatti disatteso sistematicamente quegli insegnamenti che il Papa ha soltanto riportato alla memoria e che in realtà campeggiano nelle leggi sui media e nelle carte deontologiche che i giornalisti sono chiamati ad applicare nel quotidiano esercizio della loro attività informativa. Sulla separazione tra fatti e interpretazioni, ad esempio, si è consumato lo storico tradimento dell'opinione pubblica da parte di giornali e telegiornali, che hanno per lungo tempo sostituito il racconto degli avvenimenti con una loro interpretazione faziosa e di parte. Già nei titoli e nelle aperture molti organi di informazione fanno capire da che parte stanno.

Ciò andrebbe bene per i giornali dei partiti politici, che peraltro sono una razza in via di estinzione. Non può invece essere accettato se riguarda le televisioni e i giornali generalisti, chiamati a trattare l'informazione come bene pubblico, neutrale, al servizio del cittadino-utente. La spettacolarizzazione finalizzata all'audience e all'incremento delle vendite appare da anni il tratto distintivo di certa informazione che urla e non racconta, veicola verità preconfezionate decretando la scomparsa dei fatti. Senza dimenticare lo spirito profondamente e intrinsecamente ateo di gran parte della stampa nazionale, che a volte, sacrificando il contradditorio, racconta vicende ecclesiali con la lente deformante dell'anticlericalismo. Se, dunque, l'intervento del Papa al Messaggero riuscirà a stimolare nei giornalisti italiani un maturo esercizio di autocritica, oltre che un legittimo e comprensibile risveglio dell'orgoglio di appartenere ad una categoria, allora a gioire non saranno soltanto i vertici e i lavoratori del quotidiano romano, bensì l'intero mondo dei media.