Quanta attenzione dei media sulla famiglia Meloni
Ascolta la versione audio dell'articolo
Repubblica e Domani, lanciano inchieste giornalistiche su alcune operazioni finanziarie sospette di cui si sarebbe resa protagonista in anni passati la mamma dell’attuale premier. Mai si era vista tanta attenzione nei confronti di parenti e genitori di un premier. E per poi trovare niente di interessante.
È un film già visto più volte quello che sta andando in onda nelle ultime settimane sullo schermo di alcuni giornali nazionali. Gli attacchi un po' goffi alla famiglia di Giorgia Meloni, intrisi di sottintesi sapienti, deduzioni arbitrarie e accostamenti arditi, la dice lunga sulla assoluta mancanza di neutralità di certa informazione, che interpreta il diritto-dovere di informare come sinonimo di killeraggio nei confronti dei potenti di turno, sempre e comunque, a prescindere dalle evidenze e dai riscontri.
Sia ben chiaro, la campagna mediatica dei quotidiani Repubblica e Domani, fondata su alcune operazioni sospette di natura finanziaria delle quali si sarebbe resa protagonista in anni passati la mamma dell’attuale premier, non contiene nulla di illecito né di deontologicamente scorretto. Le armi del cosiddetto giornalismo d’inchiesta possono essere utilizzate dalle redazioni per scavare nella vita dei personaggi pubblici e in quelle dei loro famigliari alla ricerca di particolari scabrosi e di indizi di reato, anche se poi saggezza, prudenza e buon senso dovrebbero suggerire cautela nel propalare i risultati di tali investigazioni laddove esse non rivelassero nulla di penalmente rilevante e neppure di particolarmente eclatante.
Due sere fa, durante la puntata della trasmissione Di Martedì, condotta su La7 da Giovanni Floris, si è data particolare enfasi agli esiti vaghi e fumosi di quelle inchieste e molti ospiti in studio, opinionisti vicini al centrodestra ma non solo, hanno ravvisato un eccessivo accanimento di quelle due testate nei confronti della famiglia del Presidente del Consiglio.
Sarebbe azzardato ritenere scorretto sul piano professionale l’operato di quei giornalisti, che non hanno violato alcuna norma deontologica, nemmeno quelle in materia di privacy. Tuttavia, appare animata da un eccesso di malanimo la loro iniziativa di attenzionare per mesi e mesi, con enorme dispendio di energie e risorse, situazioni che non presentano elementi eclatanti e in grado di integrare il requisito dell’interesse pubblico.
Si tratta di puro fango, che non fa onore a chi lo inserisce nel ventilatore dei media per gettare discredito nei confronti di un personaggio pubblico che semmai andrebbe criticato per quello che fa oggi, per le sue scelte politiche, i suoi provvedimenti, i suoi punti di vista e non per vicende datate, che mai sarebbero salite agli onori della cronaca se la Meloni non fosse diventata Presidente del Consiglio.
Eppure quei giornali non hanno minimamente prestato attenzione a sospetti analoghi come quelli che riguardarono anni fa i “moralisti” Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, eletti parlamentari del Movimento Cinque Stelle a furor di popolo in nome della difesa dei principi di onestà e superiorità morale, anche se poi ai loro padri furono contestati rispettivamente abusi edilizi e irregolarità fiscali. Che ne è stato di quelle accuse? Come sono finite quelle vicende? I giornali giustizialisti e moralisti non ne hanno parlato. Le colpe dei padri in quei casi non sono ricadute sui figli e allora non si vede perché in questo caso le eventuali colpe di una madre debbano ricadere sulla testa di un premier che gode di una piena investitura popolare e che dall’inizio del suo mandato non ha certamente mai offerto il destro a insinuazioni di malaffare o altro.
Ancora più grottesco appare il fatto che Giorgia Meloni venga accusata di essere una “bugiarda” per aver omesso, nel suo libro pubblicato due anni fa (Io sono Giorgia), le vicende spiattellate ai quattro venti da Repubblica e Domani e riguardanti presunte irregolarità fiscali e contabili da parte della madre del premier, con la sua complicità o il suo implicito appoggio. Ma perché avrebbe dovuto inserirle, non essendo in alcun modo pertinenti all’oggetto del racconto della sua vita?
Si fa davvero fatica, infatti, leggendo le ricostruzioni di quei due quotidiani, a trovare la fatidica notizia che dovrebbe giustificare l’enfasi del racconto. Emerge allora il fumus persecutionis dell’editore e dei giornalisti autori degli articoli, che insinuano senza spiegare, che parlano di scatole cinesi e paradisi fiscali solo per offuscare l’immagine di un premier che sta realizzando tutto ciò che i suoi oppositori avrebbero voluto fare: rinsaldare i legami con il fronte atlantista ed europeista, far ripartire l’economia dopo anni di stallo, cambiare i vertici delle principali aziende pubbliche inserendovi uomini di sua fiducia, in larga parte competenti e all’altezza. Senza dimenticare quello che agli occhi della sinistra è il “peccato originale” di Giorgia, vale a dire quello di essere stata la prima donna a diventare Presidente del Consiglio dopo aver stravinto regolari elezioni e, soprattutto, dopo che per decenni la sinistra ha puntato a intestarsi ideologicamente tutte le battaglie femministe e per la parità uomo-donna anche nell’accesso agli incarichi pubblici. I “rosiconi” di certa sinistra che si annida anche nel mondo editoriale puntano allora sul passato, alla disperata ricerca di zone d’ombra nella vita del premier e della sua famiglia che possano indebolirne l’azione e comprometterne l’immagine.
Ecco perché le inchieste di Domani e Repubblica, al netto di un legittimo ma fuori luogo esercizio del diritto di cronaca, rappresentano un’altra brutta pagina di giornalismo.