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giuli sapeva?

Quando Spano all'Unar sponsorizzava gli insulti a Salvini

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Mentre Pro vita lancia un mail bombing indirizzato alla Meloni per revocare la nomina di Spano, emerge un episodio che mostra la sua attività quando era all'Unar: il patrocinio al Festival cosentino Salvini è nu tamarru, creato ad hoc per insultare il leader leghista. 

Politica 16_10_2024

Secondo i soliti ben informati di Repubblica, che sembrano avere un filo diretto col ministro della Cultura Alessandro Giuli, il motivo del “licenziamento” in tronco del capo di gabinetto Francesco Giglioli sarebbe questo: Giglioli non avrebbe informato il neoministro di essersi recato in Procura per essere ascoltato dai magistrati che indagano sul fascicolo aperto a Piazzale Clodio sul Boccia gate. Così, il ministro avrebbe preso la palla al balzo e, comunicatogli che era ormai venuta meno la fiducia, ha silurato in tronco il capo di gabinetto, spalancando le porte a Francesco Spano, promosso in men che non si dica da vicecapo di gabinetto a capo di gabinetto, passando per la segreteria del Maxxi.

L’indiscrezione di Repubblica, come sempre, non è stata smentita dal ministro e questo alimenta il sospetto che più che di una causa, si tratti di una scusa. La scusa che serviva a Giuli per liberarsi del capo di gabinetto fin da subito, contrariamente agli accordi politici stretti precedentemente con la maggioranza di governo, che prevedevano un avvicendamento morbido a gennaio, dopo comunque aver bollinato il bilancio del Ministero della cultura a cui Giglioli stava lavorando.

Un modo di dirsi addio che la stessa Repubblica riconosce essere «fumoso» e ad altissimo rischio per Giuli, in assenza di prove certe e che potrebbe esporlo anche ad una rivalsa dello stesso Giglioli il quale potrebbe avere buon gioco nel portare avanti una causa per licenziamento per ingiustificato motivo e lesione della sua onorabilità che dalle parti del Senato confermano essere elevata e mai scalfita da sospetti. Anche perché, se questa è davvero la scusa utilizzata da Giuli, Giglioli avrebbe a ben diritto di lamentarsi dato che fino a prova contraria un cittadino che si reca in Procura per essere ascoltato come persona informata dei fatti è tenuto al segreto istruttorio anche con il datore di lavoro.

Quel che è certo è che, liberatosi di Giglioli, Giuli, ha così blindato il suo fedelissimo Francesco Spano, l’ex direttore dello scandalo Unar che la Meloni voleva – riuscendoci – cacciare nel 2017.

Blindarlo dalle proteste che sono continuate anche ieri pubblicamente da parte di Pro Vita che per bocca di Jacopo Coghe hanno ribadito il tradimento del patto degli elettori con il governo e auspicato che ora si passi a segnali concreti per «i temi a noi cari e non agli insulti di Giuli che ci ha definito fanatici». «Da Meloni non me l’aspettavo», ha detto Coghe nel lanciare una nuova iniziativa dopo la petizione per chiedere la revoca di Spano: un mail bombing indirizzato proprio al primo inquilino di Palazzo Chigi.

Sottotraccia però il malumore cova anche da parte degli esponenti della maggioranza, che continuano a vedere come un affronto la nomina di Spano, che tutti i partiti della coalizione di governo avevano spinto per mandare via nel 2017 dopo l’emersione dello scandalo sui fondi ai postriboli gay (poi non erogati dall’Unar).

Ieri il ministro era a Francoforte per partecipare alla fiera del libro organizzata dall’Italia, ma l’eco delle polemiche gli è arrivato comunque. Ma Giuli sembra possedere una golden share ottimale nel suo braccio di ferro con la Meloni. Il premier, infatti, non fa una bella figura dato che ha voluto la cacciata di Spano nel 2017 salvo poi ritrovarselo oggi come capo di gabinetto di un ministero e soprattutto ha permesso che Giuli insultasse quel popolo pro-vita grazie ai voti del quale oggi siede a Palazzo Chigi. Due figuracce in una, rispetto alle quali, la Meloni non può fare granché.

Arrivati a questo punto, infatti, pretendere la revoca di Spano equivarrebbe ad esporre il neoministro Giuli a delle dimissioni clamorose, ma inevitabili, per manifesta inadeguatezza. E le dimissioni di Giuli aprirebbero sicuramente ad un rimpasto di governo perché perdere due ministri della cultura nel giro di un mese è un record che non era stato raggiunto neanche ai tempi della Prima Repubblica. E questo la Meloni non può permetterselo. Così, pur ingoiando il rospo, Giorgia sa che Giuli ha, in un certo senso, messo in scacco tutti. Alleati compresi.

Alleati che però non saranno molto contenti per gli strepiti anticlericali di Giuli e il passato di Spano da fondatore del Pd, come abbiamo scritto ieri. E che potrebbero irritarsi ancora di più se andassero a fondo a cercare nel curriculum di Spano tutti quegli interventi pubblici che, anche da direttore dell’Unar, Spano ha fatto con la copertura che gli garantiva il governo Pd di allora.

La Lega, ad esempio, non sarebbe contenta se andasse con la memoria a ricordare un episodio che vedeva come bersaglio proprio il leader Matteo Salvini e che portava la firma di Spano. Nel 2016, infatti Spano era già all’Unar e confermò il patrocinio dell’Ufficio antidiscriminazioni di Palazzo Chigi ad una grottesca iniziativa svoltasi in provincia di Cosenza.

Ad Acquaformosa l’amministrazione comunale targata Pd, infatti, organizzava il Festival delle migrazioni e nel ricco programma degli eventi faceva la parte del leone anche uno speciale concorso chiamato Salvini è nu tamarru 2.0. Il concorso premiava chi «saprà raccontare al meglio l’ignoranza del leader della Lega Nord che rappresenta l’unico modello da non seguire». Da una cronaca dell’epoca a cura di Libero e firmata da Brunella Bolloli, si leggeva che a sostenere il concorso era proprio l’assessore all’accoglienza Giovanni Manoccio che così si esprimeva: «Matteo Salvini, un razzista tamarro da annullare per il bene di tutti. Uno che invece di lavorare è buono solo a lanciare messaggi d’odio a mezzo Facebook».

Che c’entra Spano? Semplice: l’Unar diede il suo patrocinio all’iniziativa, che andava ad aggiungersi anche a quello dello Sprar, il Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati del governo. Ora, che l’Unar, che si occupa di antidiscriminazioni, sostenesse una discriminazione piuttosto offensiva verso un leader politico era cosa che già all’epoca fece indignare e non poco. Della serie: evviva il rispetto di tutti. Di più: la locandina dell’evento sponsorizzato dall’Unar con a capo Spano recava pure un’immagine di Salvini bannata con sottoscritto Salvini è nu tamarru 2.0 e invitava i partecipanti al concorso a creare una «frase o un disegno su Salvini». Decisamente di cattivo gusto.

L’iniziativa si tenne anche l’anno precedente, quando però Spano non era direttore dell’Unar e Salvini la commentò sui social con parole piuttosto inequivocabili sull’amministrazione comunale: «Una cazzata, invece di pensare alla ‘Ndrangheta, mi fanno pena». L’anno seguente, entrato Spano all’Unar, la cosa si ripetè.

Chissà se Salvini ha mai saputo chi vinse quel concorso che lo offendeva così poco democraticamente e con quale frase, ma ora che Spano è entrato nel gabinetto del ministro, potrebbe chiederlo lui stesso a Giuli al prossimo Consiglio dei ministri. Chissà che non si faccia due risate anche lui adesso che Spano non è più riconducibile al Pd e all'Unar, ma al ministro con l’aquila tatuata sul petto. Del resto, sembra che ormai sia acqua passata. O no?



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il caso spano

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