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L'EDITORIALE

Quando "saranno" dieci miliardi

Ferragosto, solito sermoncino di Giovanni Sartori sulla sovrappopolazione. E solito attacco alla Chiesa contraria al controllo delle nascite. Ma Sartori, come solito, spara luoghi comuni ed è smentito dalla realtà.

Editoriali 17_08_2011

Diciamolo pure: ormai fa tenerezza Giovanni Sartori. Fa tenerezza come quei vecchi nonni che ormai ripetono sempre la stessa storia. Con qualche variante, con qualche dettaglio in più, ma è sempre la stessa storia. E poi, davanti al sorriso un po’ di compatimento di figli e nipoti, si stizzisce perché “questi giovani incoscienti non ascoltano mai”. I vecchi nonni sono così, sono sempre stati così, non c’è niente da stupirsi.

E’ così anche Giovanni Sartori, che ogni anno, all’approssimarsi di Ferragosto, sente l’irrefrenabile impulso a lanciare verso l’incosciente plebaglia umana che sta caricando in auto le ultime valige e vettovaglie per raggiungere le località di villeggiatura, il solito monito catastrofista sulla sovrappopolazione e sulle tragedie incombenti che ne deriveranno. Sono anni che va avanti così: cambiando ogni volta qualche dettaglio, a volte contraddicendosi perché non si ricorda cosa aveva scritto gli anni precedenti, ma sempre catastrofi imminenti sono.

Chissà poi perché proprio a Ferragosto: alcuni dicono il caldo; altri la ritengono una furbata perché nei giorni intorno a Ferragosto, con il traffico da bollino nero, code interminabili sulle strade, stazioni e aeroporti affollati è più facile che la gente si convinca che siamo davvero tanti, troppi. E così anche quest’anno, il 15 agosto, Sartori ha colpito dalle colonne del Corriere della Sera. “Quando saremo dieci miliardi”, è il tema scelto quest’anno, e già qui si vede che il povero nonno – pardon, Sartori – perde colpi. Parla del 2100, anno secondo cui le ultime stime dell’Onu vedono la popolazione  mondiale raggiungere quel numero record. Caro Giovanni, siamo nel 2011 e hai 87 anni compiuti: con tutto il rispetto, come fai a dire “saremo”? Al massimo, “saranno”, perché neanche don Verzè può farti durare tanto a lungo.

Pazienza, lo si diceva all’inizio, non possiamo prendercela con Sartori per questa sua paranoia. Ma con il direttore del Corriere della Sera sì. Per quale strano motivo ogni anno a Ferragosto pubblica lo stesso identico editoriale? Con argomentazioni mille volte smentite sul piano scientifico, con una concentrazione tale di luoghi comuni in un solo articolo che meriterebbe di entrare nel Guinness dei primati. Anni fa, forse, si poteva capire: agosto era un mese difficile nelle redazioni dei giornali, non succedeva nulla, le notizie bisognava andarsele a cercare con il lanternino, si inventavano servizi che in altri mesi dell’anno avrebbero provocato il licenziamento per giusta causa a chi li avesse proposti. E allora, anche un Sartori d’annata poteva aiutare a chiudere un buco in pagina. Ma ormai sono anni che agosto, dal punto di vista delle notizie, è un mese come un altro. Di argomenti – lo stiamo vedendo in queste settimane – ce ne sono a iosa. Perché allora pubblicare il solito sermoncino?

Sarebbe davvero interessante avere una risposta, ma non ci illudiamo. Però siccome il Corriere della Sera è il primo giornale nazionale e, suo malgrado, il professor Sartori gode di un’aurea di autorevolezza, peraltro guadagnata in tutt’altro campo (un po’ come se Sandro Mazzola, per essere stato un grande campione di calcio fosse chiamato a fare anche l’opinionista di economia internazionale), vale almeno la pena di chiarire un paio di questioni affermate nell’editoriale del 15 agosto.

Non ci soffermiamo sulla questione della presunta sovrappopolazione, sulla cui inconsistenza abbiamo già scritto molti articoli e il sottoscritto anche dei libri, ma su due affermazioni che Sartori fa all’inizio del suo articolo. Niente di nuovo, per carità, ma siccome si tratta di luoghi comuni ben radicati vale la pena cogliere l’occasione per spenderci due parole. Se il mondo corre verso i dieci miliardi – dice Sartori - la colpa è “della Chiesa cattolica che si ostina – pressoché sola tra tutte le religioni – a proibire i contraccettivi e a demonizzare il controllo delle nascite”.

Dunque la popolazione crescerebbe a causa degli insegnamenti della Chiesa cattolica che proibisce la contraccezione (e anche l’aborto se vogliamo dirla tutta). Soprattutto in Africa, che è il continente dove si registrerà il più grande incremento demografico e che quindi maggiormente preoccupa Sartori. Questa affermazione, per essere vera, presuppone due condizioni: la prima è che in Africa i cattolici siano una maggioranza che conta, un po’ come in Italia fino agli anni ’50; la seconda è che i cattolici seguano in massa gli insegnamenti morali della Chiesa.

Ebbene, l’ultima edizione dell’Annuario pontificio ci dice che i cattolici in Africa sono circa il 17%. Un po’ pochini per impedire a tutti gli altri di usare i contraccettivi, non le pare professor Sartori? Senza considerare che si tratta anche di Chiese giovani, dall’evangelizzazione relativamente recente, niente di paragonabile alla storia dei paesi europei. Pensare che la Chiesa in Africa abbia il potere di impedire l’uso dei contraccettivi, francamente fa proprio ridere. Un po’ come – purtroppo – la seconda condizione. Lo vediamo in Europa, anche all’interno delle comunità cristiane che pure sono ormai una minoranza nella popolazione. Il tasso di fedeltà all’insegnamento della Chiesa è bassissimo, molti fedeli che vanno a messa ogni domenica ormai non sanno neanche più che cosa insegna la Chiesa, figurarsi seguirla. Allora immaginare il Papa che dice, con forte accento tedesco, “niente preservativi”, e tutti gli africani subito a rifiutare i milioni di profilattici generosamente offerti dall’Onu, è quanto meno surreale. Il direttore del Corriere della Sera non ci ha mai pensato?

E veniamo alla seconda questione: la Chiesa impedisce il controllo delle nascite, dice Sartori. Lasciando intendere che la popolazione aumenta perché aumentano – o si mantengono alti – i tassi di fertilità. Ma così non è: a livello globale in 50 anni il tasso di fertilità si è dimezzato (dati Onu), da 4.9 figli per donna agli attuali 2.5, e le previsioni ci dicono che già tra 20-25 anni si abbasserà ulteriormente fin sotto la soglia di sostituzione (il che vuol dire tendenza alla crescita zero). E’ una tendenza che non riguarda soltanto i paesi industrializzati – a proposito, perché il Corriere della Sera non comincia a considerare che la crisi economica attuale è anche figlia dell’inverno demografico? – ma anche i paesi in via di sviluppo.

Ormai la metà dei paesi nel mondo ha tassi di fertilità uguali o inferiori al livello di sostituzione (che nei paesi ricchi è di circa 2,1 figli per donna) e nel futuro i problemi più gravi verranno proprio dalle conseguenze di questo brusco calo dei tassi di fertilità.

Dunque il motivo per cui la popolazione cresce non sta negli alti tassi di fertilità. Dove allora? Nell’abbassamento del tasso di mortalità. Vale a dire che la popolazione cresce nel momento in cui il miglioramento delle condizioni generali di vita permette di diminuire i tassi di mortalità infantile e aumentare l’aspettativa di vita. Detta in termini popolari, la popolazione aumenta non perché si fanno figli come conigli, ma perché non si muore più come mosche. E’ così che si è avuto un forte aumento della popolazione in Europa con la Rivoluzione industriale, così sta avvenendo in altre parti del mondo. Con a seguire una tendenza alla stabilizzazione una volta che i tassi di fertilità si adeguano a quelli di mortalità.

Ogni buon demografo sa queste cose, e sicuramente anche al Corriere della Sera conosceranno qualcuno che lo possa spiegare al professor Sartori. Mi raccomando, con delicatezza: data l’età c’è il rischio che cominci a sentirsi in colpa lui per la sovrappopolazione.