L'EDITORIALE
Quando l'Onu dà i numeri E Repubblica li spara
Rilanciato l'allarme per l'esplosione demografica. Ma i numeri risultano inattendibili, e il quotidiano romano se ne serve solo per rilanciare la propaganda per il controllo delle nascite.
Editoriali
06_05_2011
Ricomincia il circo dell’esplosione demografica. A dare l’occasione è la Revisione 2010 delle stime sulla popolazione mondiale, pubblicata dall’Onu, che sostiene che la popolazione mondiale raggiungerà i 9,3 miliardi nel 2050 e crescerà almeno fino al 2100 per raggiungere la cifra di 10,1 miliardi di abitanti.
In realtà l’Onu presenta semplicemente dei dati – su cui faremo qualche considerazione – ma non annuncia catastrofi prossime venture. Compito a cui si dedica invece Repubblica che – spargendo una bella dose di ansietà e angoscia – riferendosi all’Africa parla addirittura di “ritmi di proliferazione impressionanti, forse raccapriccianti”.
I dati dell’Onu e l’interpretazione di Repubblica meritano sicuramente un’analisi accurata, ma qui intanto merita chiarire subito alcuni punti.
Secondo Repubblica, l’Onu fa retromarcia, perché finora era prevista una stabilizzazione della popolazione intorno al 2050 prima di iniziare una discesa. In realtà non è così, e questo è anche il motivo per cui il nuovo rapporto Onu non parla di clamoroso capovolgimento di tendenza. In effetti della stabilizzazione entro il 2050 sono convinti molti demografi ed è l’Us Census Bureau che ha fatto la stima di un picco di 9 miliardi di persone nel 2042. L’Onu, invece, ha sempre previsto che la crescita della popolazione continuasse – seppur molto rallentata – anche dopo il 2050.
Cosa c’è di nuovo quindi in questa Revisione 2010?
Da una parte un leggero aumento nella stima della crescita (una differenza di 150 milioni di persone per il 2050), dall’altra il fatto che per la prima volta le proiezioni si spingono fino al 2100 mentre fino ad ora non osavano andare oltre il 2050. Inoltre l’Onu sottolinea l’uso, in questo caso, del metodo probabilistico per ottenere le nuove stime.
Che dev’essere uno strumento fenomenale, se si ottengono risultati strabilianti come quelli sottolineati – e ovviamente presi molto sul serio - da Repubblica. Ad esempio la Nigeria, la cui popolazione attuale presunta è di circa 150 milioni di persone. Ebbene, secondo le nuove stime dell’Onu nel 2100 arriverà a 730 milioni di persone, cioè aumenterà di 5 volte! Anche a occhio nudo, si nota che qualcosa non quadra. In effetti, andando a fare un confronto tra le stime appena pubblicate e quelle pubblicate invece nel 2008 si scoprono cose a dir poco inquietanti: con riferimento al 2050 (i dati più avanzati per cui è possibile un confronto) scopriamo che i dati 2010 prevedono 390 milioni di abitanti, mentre nel 2008 se ne prevedevano 290 milioni. Avete letto bene: in una previsione a 40 anni, fatta dallo stesso organismo, troviamo una differenza di 100 milioni di persone. E cosa sarà mai successo in Nigeria negli ultimi 2 anni per poter giustificare un’esplosione demografica di questo genere? Nulla ovviamente. Come nulla è successo per lo Yemen (dal punto di vista demografico, ovviamente), l’altro paese per cui il corrispondente dagli Usa Federico Rampini prova raccapriccio: per il 2050 si prevedono oggi 61,5 milioni di abitanti contro i 24,1 attuali, due anni fa non si andava oltre i 53,6. Otto milioni di differenza, il 35% della popolazione attuale. Spostamenti spettacolari di popolazione anche nei cali, come in Cina: secondo la Revisione 2010 nel 2100 la popolazione sarà scesa a 940 milioni dopo aver raggiunto il picco di 1.395 milioni nel 2025: vale a dire che in 75 anni perderebbe il 50% della popolazione! Ma la differenza si vede già per il 2050: 1.295 milioni per la revisione attuale, 1.417 si credeva solo fino a 2 anni fa: anche qui, ben 120 milioni di differenza tra una stima e l’altra. E pensare che secondo Rampini “questi non sono numeri in libertà”. E cosa sarebbero allora?
Se non altro questo dovrebbe insegnare qualcosa: quando si parla di stime, proiezioni, scenari i dati vanno presi con molta attenzione, e consapevoli del loro limite. Soprattutto quando si tratta di scienze sociali, molte variabili possono cambiare e smentire totalmente o in parte i dati “previsti”. Peraltro, quando si parla di popolazione futura, dobbiamo tenere conto che per fare una stima bisogna assumere alcune condizioni future, che sono esse stesse aleatorie: il tasso di sviluppo economico e sociale, la possibilità o meno di guerre ed epidemie, le catastrofi naturali, i tassi di fertilità e mortalità, e così via. Ad esempio, prevedere che fra 90 anni ci sarà una moltiplicazione della popolazione africana significa dare per scontato che questo Continente rimarrà sostanzialmente sottosviluppato. E’ una previsione, un auspicio o un programma?
Qualche dubbio in effetti viene leggendo Repubblica. La preoccupazione del giornalista è infatti concentrata sulla crescita dell’Africa, il cui peso demografico sul totale mondiale diventerà “insostenibile”. E indubbiamente dei dati “fantasiosi” come quelli stimati per il 2100 con strane moltiplicazioni per i paesi africani e drastici tagli nella popolazione asiatica, sembrano fatti apposta per dare argomenti a Repubblica e soci. Che l'unica cosa che vogliono è promuovere il controllo delle nascite.
Il terrore per l’aumento demografico si unisce poi a un’altra paura: quella della scarsità di risorse, messe in pericolo dal consumo di così tanta gente, che magari aspira anche a mangiare carne, guidare automobili e vestire adeguatamente. In realtà anche questo è un argomento inconsistente perché la storia ci dimostra che con l’aumentare della popolazione le risorse non solo sono aumentate in misura più che proporzionale ma si sono anche diversificate. Così che oggi, rispetto a cento anni fa, la popolazione è quadruplicata, ma tutti viviamo meglio, più a lungo e mangiamo di più (anche nei paesi più poveri). Il motivo è semplice: le risorse non sono definite dalla natura, ma dall’ingegno e dalla creatività dell’uomo che sa usare della natura per rispondere ai bisogni dell’umanità.
Ecco perché alla fine l’unica vera risorsa di cui temere la scarsità è l’uomo, che se è vero che consuma le risorse è anche vero che le produce in quantità ancora maggiore.
E a questo proposito lascia davvero perplessi che anche Avvenire, in una risposta del direttore a un lettore (5 maggio), voglia avallare questa litania sull’esaurimento delle risorse: è l’argomento forte di chi propugna un’ideologia della paura, che vede l’uomo come un nemico dell’ambiente, e per questo è disposto a sacrificarlo, magari promuovendo l’aborto e l’eutanasia.