Quando il segno della Croce diventa una "offesa"
La nipote di Emilio Ricchetti (Giuristi per la Vita), a scuola si fa il segno della Croce e viene ripresa dall'insegnante di religione: è un'offesa agli altri culti. Il consigliere Filippi denuncia, la Regione risponde pilatescamente, la curia si muove tardi.
Anche la Regione Emilia Romagna non ritiene il segno della Croce meritevole di una attenzione particolare. Ne è prova la risposta data dall'assessore regionale alla scuola Patrizio Bianchi al consigliere regionale Fabio Filippi. Filippi aveva stigmatizzato quanto raccontato in un editoriale a firma di Emilio Ricchetti, attivista pro life, membro dell'associazione Giuristi cattolici e già presidente del Forumfamiglie che in un articolo su Prima Pagina Reggio aveva raccontato del caso capitato alla nipote in una scuola di Reggio Emilia, una terza media di un istituto statale: il passaggio dell'ambulanza fuori dalla classe, la nipotina che fa il segno della croce in segno di attenzione ad un sofferente e la dura reprimenda della prof di religione: «Così offendi i tuoi compagni di altre culture. Meglio toccare ferro». La notizia venne rilanciata su tutti i giornali e Filippi (Forza Italia) si incaricò di chiedere alla Regione: «La giunta di Vasco Errani non ha nulla da dire contro questo ennesimo tentativo di imporre il relativismo culturale?». In particolare Filippi ha chiesto a via Aldo Moro se questo fatto «non rappresenti una violazione del Concordato» e se «l'assessore sia a conoscenza di altri fatti di intolleranza simili».
Nei giorni scorsi la risposta dell'assessore che pilatescamente si è limitato a citare la Costituzione e la montagna di carte prodotte dal ministero per favorire l'integrazione. «La Regione Emilia-Romagna da sempre sostiene un modello di educazione interculturale che permette a tutti non solo il riconoscimento reciproco, ma anche il riconoscimento della propria identità». Ma di rispetto verso la cultura cattolica neanche a parlarne. Men che meno di condanne del gesto.
Bianchi (ovviamente assessore in quota Pd) ha poi fatto riferimento ad una legge regionale che vuole favorire l’inserimento degli stranieri immigrati e tutelare i valori di sicurezza, tolleranza e intercultura. «Ritengo certamente che questi valori siano importanti e giusti, ma sono davvero la risposta al caso posto in esame?», ha commentato Filippi che si poi dichiarato insoddisfatto dalla risposta. «Fare il segno della Croce in gesto di misericordia può essere considerato offensivo? Io non credo». Così Filippi ha osservato che «se la Regione e gli Enti locali sostengono progetti di educazione all’intercultura, ritenendo giusto che un’alunna sia ripresa perché compie un gesto religioso, allora probabilmente si è dimenticato il significato della parola intercultura, che andrebbe intesa come “dialogo, confronto e reciproco scambio di conoscenze tra paesi o istituzioni o movimenti diversi”». Dove sono il confronto e il reciproco scambio di conoscenze quando vieti ad una giovane quattordicenne, nella sede della formazione, la scuola, di compiere un gesto che è tipico della cultura e della fede italiana?
«All’interno delle scuole pubbliche, e non solo - ha denunciato Filippi - si sta andando sempre più nella direzione di un laicismo eccessivo, in cui la nostra cultura, che è intrinsecamente e storicamente correlata alla religione cattolica, viene via via dimenticata, abbandonata, nascosta, perché “potrebbe offendere” le culture diverse. Ma non è così che dovrebbe essere. Nessuna cultura andrebbe eclissata, per di più la nostra, quella dei nostri padri che è parte di ciò che siamo». Intanto la Regione della democratica Emilia ha permesso che si rompesse un altro argine contro il relativismo con la solita scusa, un po' leguleia e un po' ipocrita che non compete ad una Regione rimproverare una insegnante.
Mentre decidere se il segno della Croce è equiparabile a toccare ferro, forse sì? Ma sulla vicenda c'è un altro grande assente: la curia di Reggio è intervenuta soltanto nei giorni scorsi dopo che la notizia è finita sulle pagine di tutti i giornali nazionali. Eppure la notizia venne denunciata da Ricchetti l'8 dicembre. Il vescovo di Reggio Massimo Camisasca ha incontrato l'insegnante e ha cercato di non mettere in contrapposizione le due posizioni. Il pastore reggiano infatti ha lodato la docente perchè «ha svolto per 24 anni (a settembre andrà in pensione) un intenso lavoro di trasmissione della fede. Ha voluto lei stessa la presenza dei crocifissi nelle aule, là dove mancavano. Non ha mai sollecitato gesti scaramantici. Ha invitato invece i ragazzi a non ridurre il segno della croce a un gesto di quel tipo», ha detto prima di confermare «la mia stima all’insegnante di religione». Poi si è rivolto alla ragazza per «onorare la sua fede». «Con un gesto tanto semplice ed essenziale, quanto profondo – il segno della croce al passaggio di un malato – ha voluto esprimere che la fede cristiana è carità. Il segno della croce ci riporta a Dio che manda suo Figlio a farsi uomo e morire per noi, anzi per ogni essere umano». «Cosa c’è di più umano, di più cristiano, di più caritatevole?», si è chiesto Camisasca. «Desidero, poi, ringraziarla perché, con quel gesto semplice, ci ha ricordato il valore pubblico della fede. Non si accende una lampada per nasconderla (cfr. Mt 5,15), ha detto Gesù. La proclamazione pubblica della fede, sempre nel rispetto di ogni altra credenza e opinione, è un bene per tutti. Come posso incontrare l’altro se non gli rivelo chi sono, ciò in cui credo, ciò che sostiene e anima la mia vita? Nessuno deve aver paura dell’espressione pubblica della fede. Questo vale per tutti, in una società che sarà arricchita e non impoverita dall’incontro tra diverse identità culturali, nel solco della storia cristiana che ci costituisce come popolo e nazione».
L'intervento del pastore reggiano arriva per chiudere una vicenda che ha rischiato di creare un precedente problematico essendo coinvolta un'insegnante di religione, dunque vagliata dalla curia. Purtroppo troppo in ritardo per evitare la gaffe, ma comunque in tempo per denunciare una campagna di discriminazione e di pregiudizio su come viene percepita la fede nella scuola pubblica. I ragazzi delle medie infatti raccontano che in quella scuola, dopo aver chiesto invano di mettere un crocifisso («non ci sono i fondi», rispose il preside!), dovettero arrangiarsi loro con un foglio di carta appeso al muro, grazie all'aiuto di quella insegnante, poi remissiva sul segno della croce. Almeno non venne stracciato dalla bidella...