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AVVENIRE E VESCOVO DI CHIOGGIA

Quando i Misericordiosi ci sparano addosso veleno

Nella sua rubrica su Avvenire, Gianni Gennari ci accusa di fomentare odio soltanto perché richiamiamo la dottrina cattolica (oltre che il buon senso). E il vescovo di Chioggia ci insulta dalle colonne del settimanale diocesano per un articolo che non ha gradito. Qualche domandina scomoda ai vertici dell'episcopato.

Editoriali 13_12_2019

Ieri mattina di buon’ora mi telefona un collega di un’altra testata: «Hai visto Avvenire oggi? Lupus in pagina (vale a dire la rubrica di Gianni Gennari, ndr) attacca ferocemente la Bussola». No, non l’avevo ancora visto. Ma rischia di diventare un’abitudine. Il giorno prima era stato un altro amico a mandarmi per conoscenza il pdf del settimanale della diocesi di Chioggia, La Nuova Scintilla, dalle cui colonne il vescovo Adriano Tessarollo lanciava anatemi alla Bussola e alla mia persona per l’articolo sulle suore costrette ad uscire dal monastero di Porto Viro. Gennari invece se l’è presa per l’articolo di Andrea Zambrano sulla protestantizzazione della diocesi di Milano.

Si potrebbe tranquillamente soprassedere sulle invettive di questi personaggi, però vale la pena riprendere i loro interventi perché sono rivelatori dell’atteggiamento di certi uomini di Chiesa che, mentre proclamano la Misericordia universale e si considerano anche più buoni e accoglienti di Gesù, sputano veleno su chiunque osi semplicemente criticare certi processi o avvenimenti. E ovviamente gli affibbiano l’etichetta di seminatori di odio. È esattamente ciò di cui Gennari accusa la Bussola.

Zambrano aveva semplicemente rilevato che due pastori protestanti (marito e moglie) sono stati incaricati dalla diocesi di Milano di commentare i vangeli del giorno dal sito della diocesi a beneficio di altri preti e dei laici (commenti che vengono trasmessi anche dalla radio diocesana). E che, soprattutto nel giorno dell’Immacolata, il commento del pastore sfiorava la bestemmia: quella di Maria è stata definita una «maternità irregolare» e Gesù «un richiedente asilo». Zambrano ha quindi fatto notare che affidare il commento al Vangelo a un pastore protestante, seppure non durante la messa, «è cosa decisamente curiosa, per non dire eretica». Ovviamente non è solo la Bussola a vedere il problema, ci sono anche qualche decina di preti che hanno protestato in Curia. Ma per Gennari quanto scritto dalla Bussola è «una scarica di odio» e arriva addirittura ad evocare la “defenestrazione di Praga” (che diede il via nel 1618 alla Guerra dei trent’anni) per invitare a «buttare l’odio dalla finestra», probabilmente insieme agli odiatori.

Dovremmo dunque dedurre che per Gennari – e per il direttore di Avvenire che ha avallato il suo sproloquio – chi semplicemente richiama la dottrina della Chiesa è per se stesso un fomentatore di odio. Tutto sommato che lo sostenga Gennari, il quale vanta una lunga militanza contro il magistero della Chiesa, sorprende fino a un certo punto. Ma che lo sostenga dalle colonne del quotidiano dei vescovi lascia quanto meno interdetti. Vorremmo chiedere ai vertici della Conferenza episcopale italiana (Cei): se il richiamo della dottrina cattolica significa fomentare odio, in base a che cosa pretendete obbedienza e sequela dal popolo cattolico?

E poi, chiariteci per favore di quale Chiesa si sta parlando. Gennari afferma che quella della Bussola è «una invettiva contro la Chiesa “ambrosiana”, evidentemente parte di “questa” Chiesa detta “francescana”». Detta “francescana” da chi? A noi risulta che ci sia solo una Chiesa, cattolica, che è di Cristo e che anche i papi devono seguire. Se la Cei ha deciso altrimenti che lo dica chiaramente, non lasci la comunicazione alle righe strampalate di un signore che scrive in modo più oscuro di Nostradamus.
Anche se a Gianni Gennari dobbiamo almeno un riconoscimento e gratitudine: con queste note velenose ha infatti infranto un tabù di Avvenire: ha nominato esplicitamente la Nuova Bussola Quotidiana quando da anni nel giornale dei vescovi c’è la consegna rigida di non nominare mai la nostra testata.

Chi invece non ha paura di chiamarci per nome è il vescovo di Chioggia. Avevamo raccontato le vicende di alcune suore, che hanno subito un commissariamento e dopo un lungo braccio di ferro sono state costrette a uscire con ignominia dal monastero e oggi attendono ancora, dopo due anni, che sia fatta loro giustizia. Peraltro il nome del vescovo Tessarollo era stato appena sfiorato a proposito della prima visita apostolica inviata dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, ma tutto l’articolo verteva su ben altre questioni in cui il vescovo non era neanche nominato. Eppure, chissà perché, si è sentito punto sul vivo. E ha mollato i propri freni inibitori.

Così dalle colonne del giornale diocesano da cui avrebbe dovuto confutare l’articolo del sottoscritto (che comunque confermo in toto), inizia così: «Cosa fosse la “Nuova Bussola”, ne avevo un’idea sufficiente per non “frequentarla”, chi fosse poi il sig. Riccardo Cascioli me ne sono fatto ora l’idea per confermarmi nell’idea di non perdere tempo a leggerlo». Il resto dell’articolo è infarcito di altri apprezzamenti del genere, si sottolinea la mancanza di credibilità del sottoscritto, si fanno insinuazioni su obiettivi inconfessabili che avrei (ma non dice quali) e si conclude in bellezza affermando che «il senso di questo mio intervento non è di parlare superficialmente delle vicende del monastero di allora (…), ma di sottolineare l’incompetenza professionale e la meschinità di intenzioni dell’estensore di detto immorale minestrone».

Certo, per uno che afferma ripetutamente di non essere mai stato coinvolto nelle vicende della comunità monastica, non c’è male. Figurarsi se fosse stato coinvolto. Ma viene da chiedersi se sia da considerare normale per un vescovo un linguaggio diffamatorio che non sarebbe consentito ad alcun giornalista o a chiunque altro. Forse il fatto di essere vescovo dà a qualcuno la sensazione di essere al di sopra di tutto e di tutti e di poter impunemente infangare le persone. Ne prendiamo atto. Del resto sappiamo che, come accadrà per noi, anche i vescovi dovranno rispondere di quel che dicono e fanno a Qualcuno ben più importante del sottoscritto. Meglio che si preoccupino di Lui piuttosto che della Bussola.