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Putin contro Prigozhin: le possibili conseguenze in Africa

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La sfida lanciata dal Cremlino alla divisione Wagner può ripercuotersi anche su equilibri e squilibri del continente nero, dove la compagnia militare privata russa è presente in quattro Paesi, con forti interessi e un curriculum spietato.

Esteri 30_06_2023

La sfida lanciata al presidente della Russia Vladimir Putin dal capo dei mercenari russi Wagner, Yevgeny Prigozhin, e il suo esito forse avranno ripercussioni anche in Africa dove la compagnia militare privata ha molte migliaia di combattenti e grossi interessi economici. Sono almeno quattro i Paesi che potrebbero risentirne in qualche misura: la Libia, il Sudan, il Mali e la Repubblica Centrafricana.  

In Libia i mercenari Wagner sono attivi dal 2019, al fianco del generale Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica ed è a capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico. Dallo scorso gennaio la NATO preme su Haftar per indurlo a rinunciare al loro sostegno in cambio di assistenza e forniture militari. Il generale libico chiede in cambio di disporre di aerei militari americani e inoltre pone come condizione il ritiro dei mercenari siriani dalla Tripolitania. I Wagner in Libia difendono gli interessi russi, i contratti che erano stati firmati da Mosca con il colonnello Gheddafi prima della sua caduta. Sono circa 1.500-2.000 distribuiti in quattro basi e controllano le attività dei terminali petroliferi di Ras Lanuf, Brega ed Es Sidr e quelle dei pozzi di El Feel e Sharara. Il governo italiano li accusa di favorire la partenza di emigranti illegali verso l’Italia. Il 13 marzo scorso il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che il notevole aumento degli arrivi registrato negli ultimi anni e soprattutto a partire dal 2023 «è in misura non indifferente parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni Paesi africani». 

In Sudan la Wagner è arrivata nel 2018. L’anno precedente la Russia aveva stipulato con il dittatore Omar al- Bashir degli accordi che includevano l’autorizzazione a stabilire una base navale a Port Sudan, sul Mar Rosso, e una serie di concessioni per lo sfruttamento delle miniere d’oro di cui il Sudan è ricco. La Wagner ha collaborato dapprima con al-Bashir e poi con Abdel al-Fattah Burhan e Mohamed Ahmdan Dagalo, i due generali autori del colpo di stato con cui il dittatore è stato deposto nel 2019 e di quello successivo, del 2021, che ha destituito il governo di transizione incaricato di gestire il ritorno alle istituzioni democratiche. Le due giunte militari susseguitesi hanno concesso alla Wagner il diritto di raffinare l’oro nella regione del Darfur e di esportarlo senza tassazione: in pratica, di contrabbandarlo. In compenso hanno ottenuto equipaggiamenti militari e sostegno contro le ricorrenti rivolte e proteste popolari represse nel sangue. Dal 15 aprile il Sudan è in guerra. I generali al-Fattah Burhan e Dagalo lottano per il potere. Nelle settimane successive Prighozin ha negato qualsiasi coinvolgimento nei cruenti combattimenti che hanno già causato migliaia di morti tra i civili e centinaia di migliaia di profughi e ha affermato che da due anni non ci sono mercenari Wagner nel paese.

Che sia vero, molti ne dubitano. È invece sicuramente vero, per sua stessa ammissione, che la Wagner ha lasciato il Mozambico dove nel 2019  era stata chiamata a contrastare la diffusione del gruppo jihadista al Shabaab, affiliato all’Isis, lo Stato Islamico. Ma i mercenari russi hanno fallito, non sono riusciti a respingere i jihadisti e dopo pochi mesi se ne sono andati, sostituiti da mercenari inviati dal Sudafrica e da truppe fornite da altri stati africani. 

Sono invece presenti da quasi due anni in Mali, determinanti, ma per ora altrettanto inefficaci nella lotta ai jihadisti legati ad al Qaeda e all’Isis che da oltre dieci anni sfidano il governo e si contendono il controllo di grandi estensioni di territorio del paese. La Francia dal 2013 ha combattuto contro il jihad in Mali con due operazioni militari, Serval e Barkhane, affiancate da una missione Onu di peacekeeping (Minusma) e nel 2019 da una forza multinazionale europea, la Task Force Takuba. Parigi ha deciso il ritiro delle sue truppe dal Mali nel 2022. Anche la Task Force Takuba ha interrotto le attività. Si sta decidendo in queste ore al Palazzo di Vetro il ritiro della Minusma, su richiesta del governo maliano. La giunta militare al potere (la seconda, perché nel paese ci sono stati due colpi di stato, nel 2020 e nel 2021) ha accusato Francia ed Europa di non essere state capaci di sconfiggere i jihadisti e ha dichiarato piena fiducia alla Wagner. Ma da quando sono i mercenari russi ad affiancare le truppe governative gli attacchi jihadisti sono aumentati e con essi le vittime, militari e civili.

Infine, il ruolo della Wagner è determinante nella Repubblica Centrafricana dove è attiva dal 2017. Numerosi gruppi armati controllano circa tre quarti del paese dal colpo di stato che nel 2013 ha dato inizio alla guerra civile. Dal loro arrivo, i mercenari russi presidiano e difendono la capitale e la regione circostante e fungono da guardie di sicurezza del presidente Faustin-Archange Touadera. In cambio hanno ottenuto concessioni per estrarre diamanti, oro e altri minerali preziosi e per sfruttare senza limiti risorse naturali pregiate come il legname.

La costante nei rapporti tra la Wagner e i governi per cui combatte è l’interesse, quel che gli uni e gli altri ne ricavano: astronomici profitti per Prigozhin e le compagnie tramite cui tratta le questioni economiche, sicurezza di conservare il potere e i relativi privilegi per i leader africani, il tutto a spese delle popolazioni, derubate, ignorate, prive di tutela. I mercenari non sono lì per difenderne l’integrità, i diritti umani, non sono questi gli accordi. Anzi, dove operano – è questa l’altra costante – sono accusati di esecuzioni sommarie, torture, stupri e violenze sessuali, saccheggi, detenzioni arbitrarie.
 

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