Protestantizzazione della dottrina sociale
Il grande filosofo della storia Karl Löwith, nella sua monumentale opera “Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria del pensiero del secolo XIX”, fa una forte affermazione tanto più significativa in quanto espressa da un protestante: “La critica filosofica della religione cristiana prese nel secolo XIX il proprio impulso da Hegel, e trovò una conclusione in Nietzsche. Essa costituisce un fenomeno specificamente tedesco, ossia protestante, sia dal punto di vista della critica che da quello della religione, I critici filosofici tedeschi sono tutti protestanti educati teologicamente, e la loro critica del cristianesimo presuppone la forma protestante di esso”.
Ora, la critica filosofica al cristianesimo può sfociare o in una identificazione di filosofia e religione o in una loro separazione. In Hegel, per esempio, si è avuta una identificazione nel senso che la religione è diventata filosofia e, con la svolta della sinistra hegeliana, è poi diventata prassi. In Nietzsche, invece, la filosofia è stata separata dalla religione e la ragione è diventata anticristiana, con ciò uccidendo non solo la religione ma anche se stessa.
L’influenza del protestantesimo sulla teologia cattolica è avvenuta tramite la filosofia moderna e specialmente ottocentesca più che tramite la religione. La si può considerare una influenza indiretta. Quando la Chiesa cattolica ha iniziato a misurarsi con la modernità filosofica, siccome questa era stata fortemente caratterizzata dalla filosofia di origine protestante di cui parla Löwith, ha assunto indirettamente categorie di pensiero protestanti che, pian piano, sono entrate nella sua teologia. Di recente, il gesuita prof. Georg Sans ha scritto sul n. 4082 de “La Civiltà Cattolica” del luglio scorso che la teologia cattolica non dovrebbe più temere Hegel (p. 132), quindi non dovrebbe più temere – aggiungo io - l’assorbimento della religione nella filosofia. Ma a questo punto la teologia cattolica sarebbe ancora cattolica? Oppure si sarebbe protestantizzata?
Il discorso vale anche per la Dottrina sociale della Chiesa, che rientra nella teologia morale cattolica rettamente intesa e fuori della quale perde ogni ragione di esistere. L’influenza protestante, attuata tramite la critica filosofica al cristianesimo, modifica il senso cattolica della Dottrina sociale trasformandola. Essa, infatti, è all’origine di tutte le critiche e negazioni del suo valore da parte di teologi cattolici, sotto l’influenza protestante.
Abbiamo già visto che la teologia cattolica non può accettare né la identificazione né la separazione tra filosofia e cristianesimo. Il protestantesimo, invece, può accettarle entrambe. L’incompatibilità tra le due posizioni è molto chiara. Nel primo caso la Dottrina sociale della Chiesa diventa filosofia e poi prassi. La cosa sta diventando evidente nel pastoralismo attualmente in voga nella Chiesa cattolica, nel crescente disprezzo per gli aspetti dottrinali e nel sostegno ad una prassi indiscriminata. Nel secondo caso la Dottrina sociale diventa solo animazione delle coscienze e rinuncia al ruolo pubblico del cristianesimo e della Chiesa. Inoltre, in questo secondo caso, il potere politico diventa qualcosa di puramente tecnico, non più ordinato né al diritto naturale né, tantomeno, al diritto divino.
Si noti che l’esito di ambedue le soluzioni è l’insignificanza della presenza storica del cristianesimo e, quindi, la fine della Dottrina sociale della Chiesa.