Prossima tappa: preti sposati
È ormai palese l'intenzione di procedere all'ordinazione di "probati viri" in Amazzonia, con il pretesto di supplire alla scarsità di clero nelle aree di indigeni, la cui cultura non comprenderebbe il celibato. Ragioni già smentite dalla Vergine di Guadalupe, ma si vuole aprire la porta all'abolizione del celibato sacerdotale.
Dato il ruolo che il portale Vatican Insider riveste nel farsi interprete e portavoce degli umori e delle intenzioni che muovono i Sacri Palazzi, non può passare inosservato l’articolo “Amazzonia, dove i preti sono un lusso” (vedi qui), pubblicato il 21 dicembre a firma di Rafael Marcoccia, nel quale viene rivelato un importante progetto prossimo venturo: l’ordinazione sacerdotale in Amazzonia di “probati viri”, anche sposati. Conseguenza di tale iniziativa sarebbe, prima o poi, l’abolizione dell’obbligo del celibato sacerdotale nella Chiesa cattolica di rito latino.
Come sempre accade quando si vogliono introdurre novità eclatanti, ciò viene passato gradualmente: è la nota tecnica della “rana bollita”, che se fosse subito gettata nell’acqua bollente, reagirebbe, quindi si cerca di bollirla a fuoco lento, affinché non se ne accorga.
Nel caso concreto, la novità viene introdotta in aree limitate, cercando la “situazione limite” che apparentemente ne giustifichi l’attuazione senza troppe proteste: per l’ordinazione sacerdotale dei “probati viri” quale area di sperimentazione si è scelto il Brasile, più precisamente l’area amazzonica, vastissima dal punto di vista territoriale e con pochi sacerdoti attivi.
Nell’articolo di Rafael Marcoccia si sottolinea la necessità di “soluzioni concrete e coraggiose” che la Chiesa amazzonica attenderebbe, e cioè che «papa Francesco possa annunciare a breve delle iniziative per facilitare il lavoro di evangelizzazione e la celebrazione più frequente della Messa in un’area sterminata e con severa scarsità di sacerdoti». L’idea centrale è quella di creare un clero autoctono e indigeno che possa prendersi cura delle comunità più isolate. Tale clero dovrebbe essere «coinvolto realmente nella cultura, nella storia, nei problemi, nei sogni e nei progetti del popolo amazzonico, includendo in modo particolare l’universo dei popoli indigeni, che sono i popoli originari della regione».
Il motivo per il quale si insiste molto sul fatto che si debba trattare di clero autoctono che è testimone vivente della cultura locale viene espresso senza mezzi termini: «Potrebbero essere scelti anche uomini sposati che notoriamente guidano con saggezza le loro famiglie. “Questo sarebbe importante perché la cultura indigena non comprende il celibato”, afferma il vescovo di São Gabriel da Cachoeira». Il celibato non è compreso dalle popolazioni amazzoniche, quindi va tolto di mezzo.
A parole, la dottrina quindi non cambierebbe, muterebbe solamente l’applicazione pastorale della stessa - un concetto già espresso durante il dibattito sui sacramenti ai divorziati risposati - e soprattutto è da applicare caso per caso, cioè deve rispettare le culture locali e sottomettersi a essa.
Ma una dottrina che si pieghi agli usi e costumi delle varie popolazioni cui viene annunciata, non è più dottrina cattolica, cioè universale. A questo proposito, il Cielo ha parlato, proprio in America latina, mostrando la totale estraneità di tali affermazioni con la fede cattolica: quando la Beata Vergine Maria, oggi venerata come Nostra Signora di Guadalupe - la Morenita -, impresse la propria immagine sul mantello di san Juan Diego nel Messico nel 1531, ella si mostrò con i capelli sciolti, segno che per la cultura azteca stava ad indicare la verginità.
In questo modo la Madonna presentava non solamente la sua natura di eternamente vergine, bensì anche il valore della verginità perpetua per il Regno dei Cieli, cosa del tutto sconosciuta alle popolazioni indigene. La Madonna ribadiva quindi la dottrina eterna della Chiesa, non annacquandola agli usi locali, bensì, semplicemente, utilizzando un linguaggio comprensibile per i fedeli del posto.
Un aspetto essenziale della questione della progettata ordinazione sacerdotale dei “probati viri” è che questo esperimento, sebbene per il momento limitato alla sola area amazzonica, verrebbe subito reclamato da altri. Che differenza c’è, ad esempio, tra le difficoltà provocate dalla scarsità di sacerdoti in Amazzonia e quelle esistenti in Germania, Belgio, o Francia? L’eccezione diventerebbe subito regola, e l’inevitabile conseguenza dello spuntare un po’ ovunque del clero uxorato rappresentato dai probati viri ordinati sacerdoti, porterebbe subito gli altri sacerdoti a reclamare anche per sé la possibilità di abbandonare da subito il celibato.
Lo stesso accade con l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati: dal ‘caso per caso’ si passerà subito a una regola generale che permetterà a tutti loro di accedere ai sacramenti pur continuando a vivere in uno stato matrimoniale irregolare. Così anche il card. Kasper, a proposito della cosiddetta ‘Intercomunione’, chiede che essa sia autorizzata solamente per i casi di coppie miste cattolico-protestanti (vedi qui), poi, dal caso eccezionale, si passerebbe molto presto a una regola generale che l’autorizza per tutti i fedeli cattolici e protestanti.
La notizia delle possibili ordinazioni di “probati viri” in Brasile non rappresenta una novità: alla fine del 2014 il vaticanista Marco Tosatti rivelò l’esistenza di una lettera di papa Francesco al cardinale Hummes, brasiliano, già prefetto della Congregazione per il clero, che trattava appunto la possibilità di ordinazione dei “viri probati” per le diocesi dell’Amazzonia (vedi qui). Rispose il portavoce vaticano, con quella che a molti apparve un’excusatio non petita: padre Lombardi smentì l’esistenza di una lettera del Papa che riguardasse il celibato sacerdotale, cosa che Tosatti non aveva scritto, limitandosi a parlare dell’ordinazione di “probati viri” (vedi qui).
La questione è quindi assai grave. In questi giorni anche l’ex frate francescano brasiliano Leonardo Boff (vedi qui l'originale, e qui come è stata riportata in italiano da Marco Tosatti) chiede egualmente il clero uxorato per supplire il problema della mancanza di sacerdoti. Del resto, mentre Vatican Insider va con i piedi di piombo perché diretto a un pubblico italiano, in Germania il portale ufficiale della Conferenza Episcopale Tedesca, katholisch.de riporta le parole di Boff con malcelata soddisfazione (vedi qui), come se fosse un’iniziativa della quale i vescovi tedeschi attendono con ansia gli sviluppi per poterla applicare anche in Germania.