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GRECIA

Pronto il governicchio di Tsipras. Scopo: sopravvivere

Quasi pronto il nuovo governo di Tsipras. Ma la Grecia non cambierà la politica adottata fino a oggi: accettare i prestiti, senza però accogliere del tutto le imposizioni sul bilancio, spendendo sempre più di quel che è in grado d'incassare. Il che vorrà dire, in soldoni, sopravvivere per i prossimi anni a spese dell'Europa. 

Esteri 23_09_2015
Alexis Tsipras

Prima Varoufakis, ora Tsakalotos. A osservare quanto accade in questi giorni pare che Alexis Tsipras abbia un problema coi ministri dell'Economia. Sarà che li sceglie male o che, più semplicemente, che il suo repentino cambio di rotta di luglio (clicca qui) sul piano di salvataggio proposto dall'Unione europea ha lasciato molti a bocca asciutta. Il primo a sconfessarlo è stato, appunto, Yanis Varoufakis (clicca qui), il brillante e mediatico economista che Tsipras ha scelto per il suo primo gabinetto. Ministro che ha lasciato, ufficialmente, a seguito del "no" al referendum e che ha apertamente preso le distanze da Tsipras quando quest'ultimo ha deciso di accettare i "diktat" europei. 

Perso (volentieri) Varoufakis, Alexis ha deciso di sostituirlo con l'altro economista, Euclid Tsakalotos che per qualche mese ha inghiottito bocconi amari, nel nome della coesione del governo: sì perché, da marxiano ortodosso di formazione (al contrario di Varoufakis, che si definisce "marxista irregolare"), Tsakalotos ha sempre vissuto la scelta di Tsipras come un tradimento degli ideali di Syriza. È il motivo per cui, raccontano le attendibili ricostruzioni del quotidiano greco Ekathimerini, Tsakalotos non avrebbe più intenzione di accettare l'offerta di Tsipras di tornare al vecchio ruolo di governo. Un rifiuto motivato dal fatto che Tsakalotos fa parte del gruppo dei cosiddetti “53+”, la fazione di Syriza che ha di recente espresso il proprio disappunto per il fatto che il partito stia progressivamente abbandonando le sue posizioni di sinistra pur di diventare forza di governo. Peccato perché un ministro dell'Economia come lui servirebbe a tutti: a Tsipras, che ha bisogno di una figura esperta e credibile per gestire le trattative, specie ora che il suo governo ha abbandonato l'ala dura; ma anche all'Unione europea che ha sempre trovato in lui un interlocutore affidabile, con un approccio decisamente più costruttivo di Varoufakis. Lo vogliono tanto che, se dovesse rifiutare, si sta già pensando di offrirgli il ruolo di direttore delle trattative con l'eurozona. 

A restare ministro sarebbe Georgios Houliarakis, che ha assunto l'incarico lo scorso 28 agosto nel governo ad interim della presidentessa di Cassazione Vassiliki Thanou-Christophilou. Un altro economista con un percorso di studi in Inghilterra che, a differenza di Varoufakis e Tsakalotos, ha un profilo prettamente tecnico: una figura che scontenterebbe ovviamente l'ala più radicale di Syriza. Sarebbe un errore, del resto, pensare a Syriza come a un partito monolitico: al contrario quello di Tsipras è un regno precario su ben 14 movimenti - dai socialisti più moderati agli ambientalisti, fino ai trotskisti - che si sono associati sotto un unico cartello elettorale per poter godere del premio di maggioranza di 50 deputati, da cui sono escluse le coalizioni. Non è infatti un caso che, sotto il simbolo elettorale unico, si nasconda la vera natura di Syriza che è "Coalizione della sinistra radicale". Le spaccature interne al partito di maggioranza, emerse fin dai primi giorni dopo le elezioni, rischiano di penalizzare la stabilità del governo ancor di più degli alleati di coalizione, i Greci Indipendenti. 

E i primi screzi aprono due scenari possibili: il primo è che il governo Tsipras finisca di nuovo entro pochi mesi, sotto la pressione delle spinte interne; il secondo, più probabile, è che duri ancora per almeno un paio d'anni prima di cadere. I motivi per cui la seconda opzione appare più probabile sono due. Il primo è che l'instabilità politica degli scorsi mesi ha messo a dura prova i conti pubblici (solo la scelta del referendum sarebbe costata circa due miliardi in termini di ritardo degli aiuti economici) e quindi nessun parlamentare di buonsenso ha intenzione di far cadere il governo di nuovo. In secondo luogo la vittoria tutto sommato netta di Syriza, che da gennaio ha perso solo qualche decimo, rende l'ipotesi elezioni anticipate poco attraente per l'opposizione interna: la brutta fine di Unità Popolare di Lafazanis (clicca qui) sotto il 3% mette gli aspiranti dissidenti in allarme. In Grecia come in Italia nessun politico è felice di perdere il posto.  L'alternativa più probabile è quindi quella che il secondo governo Tsipras regga molto di più del primo, ma solo a condizione di un compromesso incessante con le sue numerose forze interne. Una scelta che non farà altro che impedire a Tsipras di tenere una direzione politica chiara e trasparente. La Grecia andrà probabilmente avanti a seguire la politica adottata fino a oggi: accettare i prestiti, senza però accogliere del tutto le imposizioni sul bilancio, spendendo sempre più di quel che è in grado d'incassare. Il che vorrà dire, in soldoni, sopravvivere per i prossimi anni a spese dell'Europa, senza offrire ai propri cittadini una reale possibilità di uscire dalle sabbie mobili della crisi. Un quadro molto diverso da quello promesso da Tsipras a margine della sua rielezione (clicca qui).

Ps: nel tardo pomeriggio Ekathimerini ha pubblicato una nuova notizia, secondo cui Tsakalotos avrebbe intenzione di accettare l'incarico. Anche se sarà confermata, ciò non vorrà certo dire che sarà salvaguardata la coesione di Syriza.