"Profugo" pedofilo Se la piazza lincia le toghe
A Reggio Emilia un pakistano richiedente asilo violenta un connazionale 13enne e disabile. Ma il giudice non lo manda in carcere perché ha mostrato una straordinaria autodisciplina. Insorge la piazza e anche la politica, ma alla fine il Pd non se la sente di scendere a protestare contro una toga. L'impressione è che le cosorterie vengano prima dei diritti di una vittima, mentre al carnefice vengono concesse attenuanti che fanno sospettare uno sdoganamento della pedofilia.
Lo strapotere delle toghe regge anche alle proteste di piazza. E se di mezzo c’è la pedofilia la decisione del giudice per le indagini preliminari sembra gettare un’ombra fosca su quello che fino ad oggi è un orribile reato, ma domani potrebbe non esserlo più, dato che anche nel nostro Paese la pedofilia che indigna sembra essere soltanto quella che vede infangata la Chiesa.
A Reggio Emilia non si vedeva da tempo un sit in davanti al tribunale per protestare contro la decisione di un giudice, il quale avrà avuto anche le sue buone ragioni, ma queste sembrano scontrarsi con l’evidenza razionale. I fatti sono questi.
Un pakistano richiedente asilo in provincia di Reggio ha violentato un minore disabile anche lui straniero. Il fatto gravissimo viene ripreso dai social sul web che ormai costituiscono la vera opposizione cittadina. Ma non è tutto. Il Gip, il dottor Ghini, giudice veterano del Tribunale di Reggio, dovendo decidere sulla misura cautelare in carcere chiesta dal Pm Maria Rita Pantani e gli arresti domiciliari chiesti dalla difesa, libera il richiedente asilo.
Il pakistano infatti aveva sì confessato la violenza sul minore disabile, sordomuto, dicendo che era consenziente, almeno questa è la tesi della difesa. La detenzione ai domiciliari infatti non è sembrata al giudice una strada percorribile. Il richiedente asilo è ospite di una struttura che accoglie migranti in attesa di concessione dello status di rifugiato e dato che una delle condizioni per la concessione dei domiciliari è la disponibilità degli ospitanti, il reo confesso si è trovato così senza casa.
Gli ospiti locali infatti avevano dichiarato di non volerlo più in casa. Così il giudice, con una decisione che ha sconcertato molti, lo ha rimesso in libertà, con obbligo di firma. E il rischio di reiterazione del reato? Per quello non c’è problema: il giudice infatti ha parlato del pakistano come uomo dalla straordinaria autodisciplina. Se lo dice lui...
Dai social arriva una vera e propria sollevazione. Critiche ma anche insulti e minacce. Al ristorante Ghini viene affrontato e insultato. L'associazione la Caramella Buona, che si occupa di lotta alla pedofilia, ha mobilitato la protesta davanti al Tribunale, che è andata in onda l’altra sera. I giornali si spaccano: alcuni gridano alla manifestazione di nostalgici con croci celtiche. Il Sindaco di Reggio Luca Vecchi davanti alla rivolta ondeggia. Prima si schiera con la protesta chiamando in solidarietà altri sindaci, fino ad annunciare di partecipare alla manifestazione. Poi tutto il blocco di potere si ritrae. L’altra sera centinaia di reggiani sono affluiti in una atmosfera inedita e surreale nel cupo piazzale del Tribunale. Alla luce di qualche lampione, assenti i sindaci e forza di giunta, in centinaia hanno manifestato silenziosamente senza simboli di partito come il 12 giugno. Sembrava di essere davanti al Muro di Berlino, ma è Reggio Emilia del 2017.
Presenti gli altri partiti, come Forza Italia, che alla riapertura della stagione parlamentare presenterà un’interpellanza e che per bocca del coordinatore Gianluca Nicolini ha detto: “In questi giorni abbiamo assistito ad un triste spettacolo dove è emerso chiaramente la forza del le logiche consortili che governano il territorio reggiano da sempre guidato dalla sinistra”. Il riferimento è il ritrarsi dei sindaci dalla manifestazione di piazza nonostante molte fasce tricolori avessero sostenuto l’indignazione comune. Ma mettersi contro i giudici, si sa, è un rischio per molti, figuriamoci per un politico.
Intanto il provvedimento verrà impugnato dalla procura e il pakistano, probabilmente, finirà in carcere. Resta però l’amarezza di una decisione presa pensando più ai diritti del carnefice che a quelli della vittima, la quale, a 13 anni e senza poter parlare, sta vivendo tutto come uno choc terribile, dentro di sé. Resterà pure un reato odioso quello della pedofilia, ma quando si mettono in campo artifici giuridici come questo, la china è sempre pericolosa perché il passo verso l’accettazione di certe pratiche è dietro l’angolo.