Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IMMIGRAZIONE

Profughi, quello che la Boldrini non vuole dire

Laura Boldrini porta ad esempio l'Africa che accoglie "14 milioni" di rifugiati, mentre noi ci lamentiamo di neppure 100mila. Ma la cifra non è corretta e quei 12,5 milioni di profughi che i 54 Stati africani accolgono sono assistiti solo grazie all'Acnur (e sono anche soldi italiani).

Editoriali 21_07_2014
Ciad, campo profughi dell'Onu

«In Italia si parla di emergenza quando arrivano alcune migliaia di rifugiati e di migranti. Si parla di invasione quando i rifugiati che vivono qui sono 78.000. L’Africa ne ospita circa 14 milioni». Così diceva il Presidente della Camera Laura Boldrini intervenendo il 18 luglio al seminario “Italia chiama Africa”, svoltosi per ricordare il leader sudafricano Nelson Mandela scomparso il 5 dicembre 2013, in occasione del Mandela Day, la celebrazione istituita dalle Nazioni Unite nel 2009 per onorare l’eroe della lotta all’apartheid nel giorno del suo compleanno.

Queste affermazioni illustrano le premesse del seminario organizzato dalla Presidenza della Camera dei Deputati che si terrà a Montecitorio il 22 luglio, intitolato: «Prima di prendere il mare. Dal reinsediamento all’ammissione umanitaria». L’iniziativa nasce dall’intenzione di ripensare l’operazione Mare Nostrum, varata nell’ottobre del 2013 per assistere le persone che dalle coste dell’Africa salpano verso l’Europa. Mare Nostrum è riuscita a contenere le perdite umane – sostiene il Presidente della Camera – ma non basta, «è necessario offrire alle persone bisognose di protezione un’alternativa percorribile che non metta a rischio la loro vita». Interverranno al seminario, tra gli altri, il Ministro degli Interni Angelino Alfano, il sottosegretario agli Esteri Mario Giro, il delegato per il Sud Europa dell’Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) Laurens Jolles e il presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi. Quest’ultimo, in un recente intervento sul quotidiano L’Unità (1° luglio 2014), ha chiarito gli obiettivi da perseguire: «garantire asilo e protezione dando ai profughi la possibilità di chiedere soccorso senza dover rischiare la vita attraversando il Mediterraneo», predisporre un «programma di reinsediamento nei paesi europei che garantisca viaggi legali e sicuri per poterli raggiungere» e, a tal fine, «istituire centri e strutture nei paesi da cui partono o dove transitano o si addensano i movimenti migratori verso l’Europa».

«In uno stato fragile con una popolazione di 12 milioni di persone come il Ciad – proseguiva il Presidente della Camera Boldrini durante il seminario del Mandela Day a cui tutti gli ambasciatori africani in Italia erano stati invitati – ha trovato rifugio quasi mezzo milione di persone. E, dunque, è dall’Africa che dobbiamo imparare, è all’Africa che dobbiamo guardare quando parliamo di ospitalità, di generosità, di responsabilità».

È chiaro che non convince il fatto di mettere un paese piccolo come l’Italia a confronto con un intero, immenso continente, composto da 54 stati; e stona la confusione, benché ormai consueta, tra rifugiato (uno status giuridico), profugo (persona che ha abbandonato la propria residenza perché per qualche ragione minacciata e in pericolo) ed emigrante.

Poi c’è qualcosa da dire sui dati citati. Il rapporto 2013 dell’Acnur indica in 51,2 milioni le persone nel mondo che vivono lontano dal loro luogo di residenza abituale a causa di conflitti, violenze, persecuzioni, violazioni dei diritti umani. I profughi espatriati sono 16,7 milioni (inclusi quelli che godono dello status di rifugiati, cinque milioni dei quali palestinesi), 1,2 milioni sono i richiedenti asilo in attesa di risposta, 33,3 milioni sono gli sfollati, o profughi interni, rimasti entro i confini dei rispettivi stati.

In Africa i profughi, complessivamente, sono poco più di 12,5 milioni, mezzo milione dei quali richiedenti asilo. Dei restanti 12 milioni, quasi 7,7 milioni sono sfollati (quindi si trovano nel loro paese d’origine) e poco più di 3,3 milioni sono espatriati (un ulteriore milione circa di persone è classificato dall’Acnur in altre categorie: prive di nazionalità, di nazionalità indeterminata e assistite per ragioni umanitarie o per altri motivi pur non essendo profughi).

Il fatto da evidenziare è che in Africa tutti i profughi, all’estero e sfollati, ad eccezione di circa 350.000, sono assistiti dall’Acnur che paga i governi africani affinché accettino di ospitarli e sostiene le spese necessarie a garantirne la sopravvivenza nei campi allestiti per loro. All’Acnur si aggiungono altre agenzie delle Nazioni Unite: ad esempio, l’Unicef, che si occupa dell’infanzia, e l’Organizzazione mondiale della sanità. Inoltre decine di migliaia di organizzazioni non governative non africane – in parte finanziate con denaro pubblico, in parte con donazioni private – si affiancano all’ONU nell’assistenza ai profughi.

Tutti i partecipanti al seminario “Italia chiama Africa” dovevano saperlo: per prima, il Presidente della Camera Boldrini che porta l’Africa a modello per un’Italia che non è abbastanza ospitale, generosa e responsabile e che dal 1998 al 2012 è stata portavoce proprio dell’Acnur, per cui ha coordinato le attività di informazione nell’Europa meridionale.

Nessuno dei presenti poteva ignorare, inoltre, che l’Italia contribuisce lautamente al finanziamento dell’ONU, delle sue agenzie e delle sue missioni – è sesta per ammontare dei contributi forniti – e quindi che si deve anche al nostro paese se i profughi africani ricevono assistenza, nel loro continente e nei loro stessi paesi.