Profughi e rifugiati, l'Unhcr faccia il suo dovere
La richiesta di costruire muri e barriere ai confini dell'Ue è legittima. L'immigrazione illegale è un peso economico e una minaccia alla sicurezza per i Paesi destinatari. Sono pochissimi gli immigrati che chiedono asilo ad averne realmente diritto. E per i profughi e i rifugiati veri, deve essere evitata l'odissea dei trafficanti. Ci pensi l'Unhcr.
12 Stati dell’Unione Europea, poco meno della metà, ritengono necessario che si costruiscano delle barriere fisiche a protezione dei confini dell’Ue per fermare gli ingressi illegali. Lo hanno dichiarato in una lettera indirizzata alla Commissione europea con la quale chiedono consenso e finanziamenti al fine di poter “agire rapidamente e proporzionalmente alla minaccia, in difesa della loro sicurezza nazionale e dell’intera Ue”, motivandone la necessità con il fatto ben noto che la sorveglianza delle frontiere non impedisce alle persone di entrare illegalmente e quindi bisogna ricorrere ad altre misure, tra cui appunto le barriere: muri, recinzioni, filo spinato, sistemi di sorveglianza elettronica.
La minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico è reale. Deriva dalla presenza crescente sul territorio europeo di immigrati che, non ottenendo asilo, entrano in clandestinità e di titolari di protezione internazionale che, al termine del loro programma di integrazione, non trovando lavoro ricorrono ad accattonaggio, attività illegali e altri espedienti per sopravvivere. A questo si aggiunge la preoccupazione per i costi economici richiesti dalla gestione dei flussi migratori illegali: fondi che ormai ammontano a decine di miliardi, molti dei quali spesi per creare sistemi di accoglienza per i sempre più numerosi immigrati illegali che, per non essere respinti, chiedono asilo sostenendo di essere profughi in fuga da guerre, persecuzione e situazioni estreme di violenza. Solo in Italia tra il 2015 e il 2020 sono state presentate 462.031 richieste di asilo. Stando alla relazione trasmessa a fine dicembre 2020 dal Ministero dell’interno al parlamento, i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo in attesa di sapere se otterranno protezione internazionale (Cas) sono 5.465 e ospitano 63.960 persone, mentre nel Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), i programmi, per chi ha ottenuto protezione internazionale, sono 726, per un totale di 28.872 posti; e nell’estate del 2021 ne sono stati aggiunti altri.
Si chiamano sistemi di accoglienza – ogni Paese Ue ne è dotato – ma in realtà lavorano più a respingere che ad accogliere perché la maggior parte delle richieste di asilo, sottoposte all’esame delle commissioni e dei tribunali incaricati di verificare la veridicità delle motivazioni addotte, risultano infondate e vengono respinte. Nel 2019 e nel 2020 l’Italia ha concesso lo status giuridico di rifugiato all’11% dei richiedenti. Negli anni precedenti la percentuale era stata nettamente più bassa: 5% nel 2015, 2016 e 2017, 7% nel 2018. Anche aggiungendo le persone che hanno ottenuto protezione sussidiaria (concessa al richiedente che non merita asilo nel timore fondato che il suo rimpatrio possa non essere sicuro) la percentuale sale al massimo al 20-22%.
È questo stato di cose che induce, di fatto costringe, molti governi europei e la stessa Ue a ritenere necessario, legittimo e giusto blindare l’Europa tanto più che i tentativi fatti per convincere a collaborare, a suon di milioni di euro donati, i Paesi da cui partono la maggior parte degli emigranti illegali e quelli attraversati dalle rotte dei trafficanti che li trasportano non stanno dando i risultati sperati.
Bisogna però preoccuparsi che non siano i profughi, realmente in cerca di salvezza, a farne le spese, per pochi che siano quelli che raggiungono i confini dell’Ue mescolati alla massa degli emigranti illegali. Perché questo non succeda occorre accertarsi che l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) svolga le proprie funzioni e, se necessario, reclamare che lo faccia, al meglio, tanto più autorizzati a esigerlo dal momento che l’Ue e i paesi europei, insieme agli Stati Uniti e a qualche altro Paese occidentale, forniscono la maggior parte dei fondi di cui l’Unhcr dispone.
Nessuno per mettersi al sicuro dovrebbe essere costretto ad attraversare interi continenti e oltre tutto a pagare delle organizzazioni di trafficanti per arrivare a destinazione. Un profugo ha diritto, come prevede l‘articolo 31 della Convenzione di Ginevra per i rifugiati, di chiedere asilo non appena lascia il proprio Paese, quindi varcato il confine, non dopo settimane e mesi e dopo migliaia di chilometri. Deve essere messo in grado di farlo e a questo, se necessario, deve provvedere l’Unhcr che si vanta di essere presente in 128 Stati, di essere in grado di mobilitarsi e prestare i primi soccorsi entro pochi giorni, in certe situazioni poche ore, dall’insorgere di un’emergenza, se necessario di poter allestire in breve tempo dei campi in cui far confluire e ospitare i profughi per garantire loro sicurezza, cibo, alloggio, cure mediche. I suoi compiti includono l’identificazione dei profughi ed è tenuto a fornirli di documenti di identità, di assistenza legale, di aiuto per l’espletamento delle pratiche richieste sia per il loro trasferimento in paesi terzi sia per il loro ritorno a casa volontario e assistito.
L’Ue, mentre giustamente contrasta con ogni mezzo gli ingressi illegali, deve verificare con regolarità che l’Unhcr svolga le proprie mansioni ed esigere che tuteli davvero richiedenti asilo e rifugiati, prima di tutto accertandosi di affidarli a personale qualificato, responsabile e onesto. Nessun profugo dovrebbe essere alla mercé di personale che, approfittando della sua condizione, lo ricatta, ne abusa, gli estorce denaro e prestazioni sessuali, e invece succede.