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Profanazione razzista della tomba di san Junípero Serra

Subito dopo la canonizzazione di Junípero Serra, l'evangelizzatore della California, la tomba del santo è stata vandalizzata. Nel nome di una ideologia indigenista che equipara la diffusione del cristianesimo nelle Americhe a un "genocidio". I movimenti indigenisti odiano ciò che è europeo e cristiano.

Esteri 30_09_2015
Junipero Serra, la tomba profanata

Mentre domenica 27 settembre, all’aeroporto internazionale di Filadelfia, Papa Francesco chiudeva il viaggio apostolico negli Stati Uniti ricordando: «È stato particolarmente commovente per me canonizzare san Junípero Serra, il quale rammenta a tutti noi la chiamata ad essere discepoli missionari», la tomba dell’apostolo della California nella Mission San Carlos Borromeo del río Carmelo (la seconda fondata dai francescani nel 1770 e quartier generale dell’opera del grande evangelizzatore) veniva presa d’assalto. L’hanno imbrattata di vernice rossa e lo stesso hanno fatto con una statua che lo raffigura, per di più alla fine abbattuta. Chi? Ignoti, su cui la polizia sta indagando per hate crime, ovvero un delitto che rientra tra quelli a sfondo razziale e di discriminazione religiosa, ma che non è difficile raffigurarsi.

Da mesi, infatti, cioè da quando all’inizio dell’anno fu annunciato il viaggio apostolico del Papa negli Stati Uniti, e quindi si sparse la voce della canonizzazione del missionario francescano fissata per il 24 settembre, la campagna di denigrazione contro san Junípero si è intensificata. Sono comparsi manifestanti con cartelli ingiuriosi, il santo è stato dipinto nientemeno che come un nazista e nel calderone degl’“indigenisti” sono finiti sia il Papa sia mons. José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles, rei di essere “ispanici” e di difendere la memoria dell’apostolo della California. Del resto, le scritte rimaste dopo l’assalto nella Missione del Carmelo, ovvero «santo del genocidio» e «quest’uomo è responsabile di genocidio», ricordano da vicino le parole d’ordine del Mexica Movement, un gruppo di Los Angeles anticattolico, panamericanista (ma aperto ovviamente solo ai Nican Tlaca, cioè gl’indigeni) ed ecologista che chiama gli europei giunti da mezzo millennio nelle Americhe «immigrati illegali» e che pratica un vero razzismo al contrario.

Il grande santo avrebbe cioè angariato, perseguitato e annientato intere comunità di nativi, ma i record storici dimostrano proprio il contrario: che degl’indios fu sempre un grande difensore, come ricordano il puntiglioso Junípero Serra: California, Indians, and the Transformation of a Missionary (University of Oklahoma Press, Norman 2015) di Rose Marie Beebe e Robert M. Senkewicz (dell’Università californiana di Santa Clara, moglie e marito), nonché la bella biografia The Man Who Founded California: The Life of Saint Junipero Serra, pubblicata nel 2000 da mons. Maurice Noël Léon Couve de Murville (1929-2007), arcivescovo di Birmingham, in Inghilterra (che all’attivo ha pure uno scritto con il prestigioso sociologo gallese Philip Jenkins), e appena ripubblicata a San Francisco da Ignatius Press.

Insomma, vaneggiamenti pusillanimi che ricordano quel che successe nel 1973 quando il “movimento indianista” (composto anche da molti bianchi stile “anni di piombo”) si ribellò, sparò, ammazzò e prese d’assalto (mentre altri Sioux si dissociavano) anche la riserva indiana di Pine Ridge, nel South Dakota, distruggendo una lapide a ricordo del suo più illustre abitante, Nicholas Black Elk (1866-1950), il famoso Sioux Alce Nero falsamente per anni dipinto come l’ultimo dei nostalgici pagani e in realtà cattolico da Messa cantata in gregoriano e catechista da rosario quotidiano.

Del resto la visita del Pontefice negli Stati Uniti ha solamente rimandato la resa dei conti sulla statua di san Junípero che dal 1831 si trova nel Campidoglio di Washington ‒ l’edificio che ospita il Congresso federale, l’assemblea legislativa degli Stati Uniti ‒ in rappresentanza dello Stato della California. Ricardo Lara senatore californiano del Partito Democratico, figlio d’immigrati messicani illegali e dichiaratamente omosessuale, capeggia le fila di quanti vogliono sostituirla con quella di Sally Ride (1951-2012), la prima astronauta donna degli Stati Uniti, lesbica (o forse bisessuale). Aveva promesso di sospendere temporaneamente l’assurda campagna in occasione della visita papale, lo ha fatto, ma ora il Papa è tornato in Vaticano e Lara è pronto a dissotterrare l’ascia di guerra. Il processo per rimuovere una statua dal Campidoglio è comunque laborioso e necessita delle approvazioni sia dell’assemblea legislativa dello Stato sia del governatore Jerry Brown, il quale peraltro, pur del Partito Democratico come Lara, è invece risolutamente contrario. Per lui la statua rimarrà al suo posto «sino alla fine dei tempi», ovvero là dove il 24 settembre si è soffermato anche il Pontefice.