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Prodi dà lezioni di cinese, ma parla di cose che non sa

Romano Prodi dà lezioni ai Papi e alla Chiesa. Dice che i messaggi di Bergolgio costituiscono un «fatto nuovo» per i rapporti tra il Vaticano e la Cina. Una «spinta diversa rispetto al passato»: per questo Francesco non appare più come «esponente di un potere occidentale». Ma di che potere parla il cattolico Prodi?

Ecclesia 21_08_2014
Romano Prodi

Romano Prodi, dalle colonne del Corriere della Sera, ha sottolineato che i messaggi di Papa Francesco costituiscono un «fatto nuovo» per i rapporti tra il Vaticano e la Cina. Questa «spinta diversa, molto diversa, rispetto al passato», avrebbe, secondo Prodi, il suo motivo naturale nella provenienza sudamericana del Papa, per questo non appare più come «esponente di un potere occidentale». 

Il direttore di Asianews, Bernardo Cervellera, giustamente ha fatto notare che nemmeno san Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI, possono essere stati considerati come «espressione del potere occidentale». Basti pensare alla critica che entrambi i pontefici hanno fatto ad un certo capitalismo (si legga ad esempio l'enciclica Caritas in veritate), oppure le parole forti pronunciate contro le guerre che l'Occidente andava a combattere sui territori del Medio Oriente. 

Da queste semplici osservazioni risulta chiaro che la «spinta molto diversa rispetto al passato» è solo in chi la vuol vedere per forza. Semmai, scrive Cervellera, c'è la paziente mano tesa dell'attuale pontefice per mostrare il desiderio perenne della Chiesa di andare incontro a tutti gli uomini. «Per curare le ferite umane e portare a compimento le culture dei popoli». A questo proposito viene citato, anche da Papa Francesco, l'esempio missionario del gesuita Matteo Ricci. Un uomo di Dio capace di mettersi in ascolto delle tradizioni culturali e di inserirsi nei costumi locali cinesi; il Ricci nel XVI secolo fu certamente un missionario cattolico che mirava a «portare a compimento le culture dei popoli», ossia cogliere gli elementi validi di un contesto non cristiano per illuminarlo con la verità del Vangelo. 

Leggendo il suo Catechismo del 1584, il primo libro stampato da stranieri in Cina, si nota come cercasse di presentare la fede cattolica appoggiandosi alla ragione. Con questa mostrava le verità cattoliche e confutava gli errori di certe filosofie orientali, perché era sua ferma convinzione era che «tutto ciò che la ragione mostra essere falso, non posso non riconoscerlo come falso». Lo stesso Papa Francesco, parlando ai vescovi coreani, ha ricordato che uno dei rischi del dialogo è proprio il relativismo che «oscura lo splendore della verità».

Un altro missionario capace di “inculturare” il Vangelo nel “continente” cinese fu il Beato Gabriele Allegra ofm, l'apostolo della Parola. Il 25 dicembre del 1968 vide la luce la prima Bibbia cattolica interamente in cinese, risultato del grande lavoro che Allegra compì dagli Anni '30 fino al '68. La sua opera viene oggi ricordata come fondamentale per la diffusione della fede cattolica in Cina. Ma anche padre Allegra aveva ben chiaro cosa significasse la missione. «Il Signore non mandò i suoi Apostoli su tutta la terra, come filosofi perdigiorno», ha scritto, «ma come suoi autentici ambasciatori. (…) Fratelli, dedicati all’apostolato ecumenico, abbiate un cuore di padre, anzi di madre, ma che il vostro intelletto sia ben nutrito di una solida e robusta teologia».

Il problema di ogni dialogo quindi, al contrario di quanto sembra sostenere Prodi, non è quello di essere più o meno “politicamente corretti”, ma di fare il proprio lavoro senza troppe ideologie a far da zavorra. E qui in Occidente, a proposito di pre-comprensioni, non ci facciamo mancare nulla.  Proprio il Beato Allegra, che fu anche instancabile apostolo del Cuore Immacolato di Maria, ha scritto: «Oggi tutto il mondo è territorio di Missione. Anche i paesi cosiddetti cristiani, dove impera il neopaganesimo, sono territorio di missione e un campo, o un territorio di missione, più ostinato e restio di quelli dei paesi dove vivono enormi masse umane che non conoscono Dio Padre e il Figlio suo, il Salvatore, il Signore Gesù; masse enormi, sì, ma che non hanno commesso il tremendo peccato dell'apostasia e dell'ingratitudine». Ad ascoltare i grandi missionari che hanno operato in Cina il problema quindi non è dare una «spinta diversa dal passato», piuttosto quello di rimanere saldi nella fede. Qualcosa di diverso, invece, occorrerebbe proprio nei nostri Paesi “cosiddetti cristiani”, cioè ri-portare a compimento la nostra cultura. A partire dalla fede cattolica.