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SINISTRA ALLA GRECA

Prima falco poi colomba. Ecco Varoufakis, il Che alla feta

Nella sua vita professionale Yanis Varoufakis ha deciso di fare il politico, l’accademico e l’economista, ma se avesse scelto la carriera circense sarebbe stato un ottimo saltimbanco. Di persone capaci,  di passare da una parte all’altra con disinvoltura non ce ne sono poi così tante. Almeno brave come lui.

Esteri 25_07_2015
Yanis Varoufakis, ex ministro del governo di Syriza

Nella sua vita professionale Yanis Varoufakis ha deciso di fare il politico, l’accademico e l’economista, ma se avesse optato per la carriera circense sarebbe stato un ottimo saltimbanco. Di persone in grado, come lui, di passare da una parte all’altra rimanendo scevri da critiche non ce ne sono, infatti, poi così tante. Almeno brave come lui. L’ultima giravolta è arrivata tre giorni fa quando la Boulè, il Parlamento greco, ha approvato la seconda tranche degli impegni chiesti dall’ex “troika” (oggi Brussels Group) che, una settimana prima, Alexis Tsipras aveva accettato firmando il memorandum (clicca qui). Un voto che, rispetto al primo (del 15 luglio), ha visto il ritorno all’ovile di tre deputati di Syriza che hanno stavolta votato a favore. Nomi fra cui spiccava quello di Varoufakis.

L’ex ministro che, di fatto cacciato da Tsipras lo scorso 6 luglio (la versione ufficiale è che abbia lasciato lui, ma molti riferiscono di forti pressioni), ha tenuto il broncio per un po’ e gridato, a squarciagola, contro l’austerity europea: «Avevo un piano, ma lui (Tsipras ndr) ha ceduto ai creditori», ha detto lo scorso 12 luglio aggiungendo che l’accordo non è altro che «un nuovo trattato di Versailles che perseguiterà l’Europa». Accordo che, a distanza di nove giorni, ha finito col votare sostenendo che le misure approvate fossero le stesse «che io stesso ho proposto in passato, anche se in circostanze diverse» e che il voto dà ai compagni (di partito) la possibilità di «guadagnare tempo in modo da pianificare la nuova resistenza all’autoritarismo». Non è ovviamente la prima volta che Varouf dice una cosa, ma poi ne fa un’altra. Basti ricordare che nei mesi in cui è stato ministro era in grado di passare, con nonchalance, da una posizione all’altra per quanto riguarda il rapporto con l’Europa: prima falco, poi colomba, poi ancora falco o poiana, giusto per cambiare rapace. 

Varoufakis-colomba è quello di una conciliante conferenza stampa del 19 giugno: «Siamo pericolosamente vicini a uno stato mentale che accetta un incidente. E invito i colleghi a non cadere in questo stato d’animo. Siamo in grado di raggiungere un buon accordo. Il nostro governo sta facendo una pausa, con le idee e con la determinazione di coltivare le due forme di fiducia necessarie per fare finire questo dramma greco». Varouf-falco è quello di un incandescente riunione dell’Eurogruppo di otto giorni dopo, il 27 giugno: «Abbiamo rigettato la proposta fatta dalle istituzioni (europee, ndr) il 25 giugno per diverse forti ragioni. La prima è la combinazione di austerità e ingiustizia sociale che avrebbero imposto a una popolazione già devastata da… austerità e ingiustizia sociale». Certo, si dirà che Varoufakis è stato, almeno in parte, vittima dell’incostanza politica del suo “datore di lavoro”, il primo ministro Tsipras: è colpa sua se Varoufakis ha tenuto atteggiamento ambiguo nei confronti dell’Europa. In parte è vero. 

Altrettanto vero è che Yanis non è, di suo, proprio un mostro di coerenza. Basta ricordare un paio di episodi avvenuti prima di entrare nel governo e, quindi, prima di essere soggetto agli alterni umori di Alexis. Nel 2000 ha deciso di lasciare l’Australia per tornare in Grecia (in un elegante appartamento vista Acropoli) (clicca qui) a causa - ha precisato lui stesso (clicca qui)  - «di una combinazione di nostalgia e ripugnanza per la svolta conservatrice della Terrà Laggiù (sotto il governo di quell’orribile piccolo uomo, John Howard)». Eppure, proprio nelle scorse settimane sui media si è parlato di un possibile ritorno di Varoufakis in Australia, ipotesi che non ha suscitato in lui nessuna smentita. Nessuno scandalo anche se oggi, al posto di Howard, al governo della “Terrà Laggiù” c’è tal Tony Abbott, decisamente più alto (supera l’1,80, per la cronaca), ma ugualmente conservatore. Uno che, in due anni di governo, oltre a respingere i clandestini (cosa per cui è diventato famoso) ha operato importanti tagli alla spesa. Insomma un vero esempio della tanto odiata austerity.

Chissà se, quando mai tornerà, Varoufakis dovrà tapparsi il naso. Perché forse, per lui, puzza un po’ tutto, tranne il denaro. Da "marxista eccentrico" (clicca qui) come si è definito nella sesta edizione del Festival Sovversivo di Zagabria (che giusto per dare un’idea negli anni ha avuto fra gli ospiti Toni Negri e Aleida Guevara, figlia del "Che"), Yanis ha sempre criticato il moderno modello di economia di mercato: «Dovremmo usare», si chiedeva Varoufakis nel suo intervento, «questa crisi capitalista, unica in un secolo, come occasione per promuovere lo smantellamento dell'Unione europea, data la sua entusiastica acquiescenza alle politiche e al credo neoliberisti?». Già, perché il capitalismo, ha precisato, è quel sistema in cui «sia gli imprenditori sia i lavoratori lottano per mercificare il lavoro. Gli imprenditori usano tutto il loro ingegno, e quello dei loro galoppini delle risorse umane, per quantificare, misurare e rendere omogeneo il lavoro. Al tempo stesso potenziali dipendenti sudano sette camicie nell’ansioso tentativo di mercificare la propria forza lavoro, di scrivere e riscrivere i loro cv al fine di mostrarsi come fornitori di unità quantificabili di lavoro. E lì sta il problema!»

Insomma, si sa, il capitalismo è malvagio, crea povertà e disoccupazione. Ma non per tutti. Accade ad esempio, ogni tanto, che un professore universitario venga chiamato da una multinazionale americana a fare da consulente pagato a peso d‘oro. L’azienda si chiama Valve, è un colosso del videogioco, e siamo nel 2009: attratto dall’offerta il docente in questione è disposto a lasciare il suo Paese, nel bel mezzo di una devastante crisi economica, per spostarsi nella ricca e tranquilla Bellevue, nello stato di Washington. Come ammette lui stesso è molto soddisfatto della scelta (clicca qui). Dobbiamo dirvi il nome del docente o l’avete già capito da soli?