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Arcobaleno

Pride e drag queen all'università dei Gesuiti di Filadelfia

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Teoricamente cattolica, la Saint Joseph University della Compagnia di Gesù ospita un'attivissima comunità Lgbt, che non si fa mancare nulla, compresi spettacoli e propaganda attraverso il sito dell'ateneo.

Ecclesia 23_04_2024

Papa Francesco, nella dichiarazione Dignitas infinita, scrive che la teoria del gender è «pericolosissima» perché «cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali». «Ogni persona umana», si badi bene alle parole forti del pontefice, «soltanto quando può riconoscere ed accettare questa differenza nella reciprocità, diventa capace di scoprire pienamente se stessa, la propria dignità e la propria identità» (n. 59). A Filadelfia però, presso la cattolica Saint Joseph University (Sju), fondata nel lontano 1851 e diretta dalla Compagnia di Gesù, si è appena tenuto un Drag show, ovvero uno spettacolo avente come protagonista le veneratissime e intoccabili Drag queen. Uomini travestiti da donne discinte e volgari, che cantano e ballano per significare in modo plastico che il sesso si può scegliere e che tutti, a prescindere dalla biologia e dai cromosomi, possono essere donna (o uomo) o “altro”.

«Unisciti all'annuale Drag Show» diceva il blog del gruppo universitario Sju Pride e sarai «assieme ad artisti drag locali e nazionali (…). Tutti sono i benvenuti». Si tratterebbe dell'evento «più popolare del Pride» di Filadelfia, in cui «gli studenti sono invitati a godersi una notte di cibo e spettacoli ed hanno anche la possibilità di esibirsi da soli». Nei prossimi giorni poi, sempre all’interno degli eventi primaverili organizzati dall’Università, ci sarà la Lavender gruaduation, una festa per «celebrare i laureandi Lgbtqia+ della Sju».

Eppure il sito ufficiale della Saint Joseph parla esplicitamente di «Università Cattolica dei Gesuiti di Filadelfia», in cui i docenti e i cappellani abbracciano fieri il «modello educativo gesuita», incoraggiando i giovani a «pensare in modo critico, a prendere decisioni etiche, a perseguire la giustizia sociale e a trovare Dio in tutte le cose».
Pensare in modo critico uniformandosi al pensiero dominante e ad una delle sue lobby trainanti? Prendere decisione etiche organizzando i Drag show? Perseguire la giustizia cancellando le differenze tra i sessi e confondendo i giovani americani in cerca di punti di riferimento? E infine trovare Dio in tutte le cose, tranne che nei documenti ufficiali del santo Padre, a cui i Gesuiti si legano con un voto di particolare obbedienza? Cambiando il senso delle parole, forse è possibile.
Del resto, al di là della carnevalata fuori stagione, come abbiamo detto, il gruppo Pride Sju ha un suo blog all’interno del sito dell’università, nel quale sostiene attività, lotte e aspirazioni. Queste, si legge, «non hanno solo lo scopo di celebrare la comunità Lgbtqia+, «ma anche di «educare la più ampia comunità Sju». Educare, diseducare o formattare?
Gli studenti del Sju Pride promuovono infatti «incontri settimanali e diversi grandi eventi ogni semestre», il cui obiettivo è «quello di creare uno spazio di accettazione in cui tutti gli orientamenti sessuali» – senza alcuna eccezione – e tutte «le identità di genere possano riunirsi ed esprimersi».
Ogni ottobre ad esempio, c’è un incontro in cui «studenti, docenti e personale» della facoltà, sono «invitati a condividere le loro esperienze Lgbtqia+ di fronte al pubblico». C’è poi un immancabile evento Queer, in cui sono gli studenti e i docenti Lgbt a rispondere «alle domande della più ampia comunità Sju». Con lo scopo, di altro profilo culturale, di «esplorare e spiegare l'intersezionalità».

Tra le battaglie citate dal sito c’è quella, chiamata All gender restroom, per i «servizi igienici per tutti i sessi». Quali sessi, di grazia, potrebbe chiedere lo studente arretrato, bigotto e retrivo. E la risposta viene dalla pagina in cui gli studenti della saint Joseph sono invitati a scegliere la bandiera che meglio li rappresenta (Know your pride flag). I sessi o generi immaginati sono molti, cerco quindi di citarli tutti per non escludere nessuno: Lgbtq, bisexual, transgender, intersexual, polisexual, non-binary, pansexual, queer, agender, asexual, genderfluid e aromantic.
La sezione normality sembra sia stata soppressa dai gesuiti: era discriminatoria.



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