Pressioni e ricatti, i vescovi croati diventano pro-vaccino
Dopo le forti pressioni da parte del governo, una dichiarazione della Commissione Iustitia et Pax della Conferenza episcopale croata si è rimangiata la precedente Nota dell'episcopato che condannava l'obbligo vaccinale. Una brutta figura che mette in difficoltà molti fedeli.
La speranza delle decine di migliaia di manifestanti, quasi tutti cattolici, che da settimane scendono in piazza contro la dittatura sanitaria, di trovare nei vescovi cattolici comprensione per le motivazioni della loro lotta, si è sciolta come neve al sole lo scorso 6 dicembre a seguito della pubblicazione della dichiarazione della Commissione Iustitia et Pax della Conferenza episcopale croata intitolata Superare la pandemia della paura con l’amore, firmata dal presidente della Commissione, mons. Djuro Hranić, arcivescovo di Djakovo-Osijek.
Alcune settimane fa il premier aveva pubblicamente manifestato la propria irritazione circa il comunicato del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale croata del 12 novembre, nel quale si ribadiva il principio che non vi poteva essere alcun obbligo vaccinale, affermando che sulla questione della vaccinazione egli trova ispirazione nelle parole di papa Francesco. In vista del regolare incontro del governo con i vescovi croati del 6 dicembre, Plenković ha quindi avviato un intenso lavorio diplomatico affinché i vescovi mutassero la loro posizione, facendo loro presente chi teneva i cordoni della borsa, alla fine riuscendo nel suo intento.
Dalla meticolosità nella scelta di quale parte bastonare e quale riempire di carezze, in questo documento della Commissione Iustitia et Pax si comprende molto bene per chi parteggino i vescovi. In effetti, il documento ribadisce quanto già espresso dal Consiglio Permanente della Conferenza episcopale, cioè che non vi deve essere alcun obbligo vaccinale, e critica, seppur debolmente, la prassi del Certificato COVID (l’equivalente croato del Green pass italiano).
Tuttavia, tali affermazioni perdono totalmente di valore leggendo un altro passo dove i vescovi giungono perfino a giustificare expressis verbis la dittatura sanitaria, aprendosi al cedimento a una possibile futura richiesta del governo di ammettere in chiesa solamente persone vaccinate o guarite dal contagio, come già avviene nella vicina Slovenia: «Inoltre, è necessario sottolineare che la comunità ha il diritto di esigere comportamenti responsabili che non mettano in pericolo gli altri e di rendere giuridicamente vincolanti alcuni doveri e obblighi dei cittadini per garantire il bene comune e la pace della società». Inoltre, «nessuno ha il diritto il diritto di contestare misure necessarie e fondate scientificamente atte a soffocare la pandemia». Tra queste misure «vi è anche la vaccinazione». Per quanto tali misure siano pesanti e richiedano un sacrificio personale, «siamo chiamati ad applicarle per il bene generale, poiché ogni diritto è accompagnato da un determinato dovere morale».
In pratica subito dopo avere ribadito che è necessario rispettare la scelta di coscienza di ogni persona, il documento vescovile dice l’esatto contrario citando a sproposito il punto 16 di Gaudium et Spes, laddove il Concilio Vaticano II afferma che la libertà di coscienza è da condannare «quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato».
Mettendo sullo stesso piano il blogger che afferma che il COVID-19 non esiste e gli scienziati che sulla base di ricerche e di affidabili pubblicazioni scientifiche ammoniscono circa i pericoli insiti in questi vaccini, il documento vescovile riduce l’oppositore alla dittatura sanitaria a una macchietta; esso infatti condanna chi «senza le necessarie competenze scientifiche e mediche, e senza possedere l'ampiezza di conoscenza e di comprensione dell'intera questione, invece di sforzarsi adeguatamente nella formazione di un tribunale personale della coscienza, mescolando il livello di approccio religioso alla malattia e misure preventive scientificamente giustificate, finisce per smarrirsi contestando tutte le misure preventive ed epidemiologiche e abusivamente si appropria del diritto di trarre meritorie conclusioni scientifiche ed etico-sociali», circostanza che «porta alla sfiducia nelle istituzioni statali e sanitarie» e a divisioni nella società.
Al contrario, non una parola viene spesa per condannare le falsità del governo nel fornire i dati relativi all’andamento della pandemia, il rifiuto dei medici di base di curare i contagiati, l’indisponibilità di molti sacerdoti ad assistere i fedeli malati negando loro i sacramenti, le sempre più frequenti accuse ai contagiati non vaccinati di occupare abusivamente posti negli ospedali, i dolorosi casi di ricatto verso pazienti obbligati a vaccinarsi se vogliono continuare le cure. La dichiarazione ignora i frequenti decessi di persone subito dopo avere assunto il vaccino – tra questi anche non pochi sacerdoti, ultimo in ordine di tempo il cappellano dell’ospedale di Zara, don Nedo Nedić - che invece vengono denunciati in privato da sacerdoti attivi nelle parrocchie, né prende in considerazione i numerosissimi problemi di salute anche gravi sorti dopo la vaccinazione. Inoltre, l’invito ai fedeli ad affidarsi con fiducia alle autorità, politiche e sanitarie, ignora l’esistenza di un fanatismo quasi religioso nel volere vaccinare a qualsiasi prezzo tutta la popolazione, tanto che è quasi impossibile ottenere l’esenzione alla vaccinazione per gravi patologie pregresse.
Sembra purtroppo che anche in Croazia la religione costituzionale sullo stile della Rivoluzione francese sia ormai dietro l’angolo. Nel documento, infatti, si invitano «sacerdoti, religiosi e religiose a un comportamento responsabile e all’osservanza di tutte le misure epidemiologiche, affinché offrano attorno a sé un esempio di responsabilità civile e di amore attivo verso il prossimo».
Non vi è invece alcun accenno alla necessità della preghiera e del sacrificio, personale o comunitario, per impetrare da Dio la grazia della fine della pandemia; al contrario, a proposito della partecipazione in massa di fedeli cattolici alle manifestazioni che intonano canti religiosi, recitano preghiere, portando con sé immagini di Gesù e della Madonna, il documento esprime una dura condanna di ciò che i vescovi considerano «abuso di simboli cristiani», mentre invece avrebbe rappresentato una «profanazione dell’Eucaristia» la processione con il Santissimo Sacramento (guidata ovviamente da un sacerdote) avvenuta il mese scorso in Piazza San Marco a Zagabria, dove si trovano la sede del governo e del parlamento.