Praedicate Evangelium, è l’ora. La Curia si indebolisce
Entrerà in vigore domani, per la Pentecoste, la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, promulgata da Papa Francesco il 19 marzo. Il documento, che abroga la Pastor Bonus, declassa la Congregazione per la dottrina della fede e contiene un’importante novità riguardante la Segreteria di Stato.
All’interno delle Mura Leonine scatta domani, Solennità di Pentecoste, l’ora X. Entrerà in vigore, infatti, la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, promulgata da Papa Francesco lo scorso 19 marzo e destinata a mandare in soffitta la Pastor Bonus di san Giovanni Paolo II.
Per riflettere sulla sua applicazione, il Santo Padre ha annunciato domenica scorsa, al termine del Regina Caeli, la convocazione per lunedì 29 e martedì 30 agosto di una riunione con tutti i cardinali, evento che mancava da tempo a Roma. Non è un mistero che la riforma della Curia fu la richiesta più invocata nelle congregazioni generali precedenti al conclave del 2013. Tra i tanti interventi di cardinali che la indicarono come punto numero uno nell’agenda del nuovo Papa può essere utile ricordare quello dell’allora presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, Francesco Coccopalmerio, che parlò di “tempi maturi” per aggiornare il documento di san Giovanni Paolo II.
L’attesa costituzione apostolica è arrivata, dunque, nove anni dopo l’individuazione di quella priorità nell’agenda del futuro pontificato che molti cardinali delinearono nei giorni pre-conclave. È stata una promulgazione a sorpresa e anche un po’ in sordina: a sorpresa perché solamente un mese prima c’era stata la pubblicazione della lettera apostolica Fidem servare, diretta a ridisegnare la struttura interna della Congregazione per la dottrina della fede; in sordina perché l’impatto mediatico della notizia è stato inevitabilmente ridimensionato dall’attenzione dell’opinione pubblica concentrata sulla guerra in Ucraina.
In questo quasi decennio di pontificato, Francesco non ha lesinato giudizi critici alla Curia romana nel corso dei tradizionali auguri natalizi, elencandole di volta in volta un catalogo di malattie da cui non sarebbe immune e tra le quali si possono segnalare “l’Alzheimer spirituale”, “la schizofrenia esistenziale”, “il chiacchiericcio”, “la malattia della faccia funerea”, “la resistenza aperta... resistenza nascosta... resistenza maligna”. Alle rampogne natalizie sono seguite una serie di riforme de facto, già attuate con gli accorpamenti di vari pontifici consigli in dicasteri unici e che troveranno un’ulteriore formalizzazione con l’entrata in vigore di questa nuova Costituzione.
La novità più rilevante del documento è senz’altro la creazione del nuovo Dicastero per l’evangelizzazione, chiamato ad acquisire le competenze della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che dunque verranno soppressi. La Praedicate Evangelium stabilisce che a presiedere questo dicastero - termine utilizzato ora come nome proprio per gli organi della Curia romana e che manda definitivamente in pensione le vecchie congregazioni - sia direttamente il Romano Pontefice. Il fatto che il Papa si riservi la prefettura rende bene l’idea dell’importanza attribuita a questo dicastero perché richiama il precedente di Benedetto XV nel 1917 per la Congregazione per le Chiese orientali e soprattutto quello di Paolo III nel 1542 per l’Inquisizione romana.
E proprio l’ex Sant’Uffizio - che fu la prima congregazione permanente, che precedette persino la nascita stessa del sistema delle congregazioni nel 1588 - subisce un declassamento anche simbolico: nella Costituzione, infatti, il ribattezzato Dicastero per la dottrina della fede viene presentato dopo il Dicastero per l’evangelizzazione. È la testimonianza più eclatante della priorità che con questa riforma si vuole affidare all’annuncio del Vangelo, indicato come “primo servizio della Chiesa”.
In quest’ottica va inquadrata anche la decisione di riconoscere che “qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un Organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi”, dal momento che ogni cristiano - anche un laico o una laica - è da considerarsi un discepolo missionario. Questo significa che, alla luce della Praedicate Evangelium, potremmo in via ipotetica ritrovare un laico persino a capo dell’ex Sant’Uffizio.
Una novità che sembra chiamare in causa direttamente il canone 129 del Codice di Diritto Canonico dove viene sancito che “sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell’ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto” specificando subito dopo che “nell'esercizio della medesima potestà, i fedeli laici possono cooperare a norma del diritto”. Bisognerà vedere se la prevista possibilità per tutti i battezzati di assurgere a ruoli curiali di massima rilevanza potrà davvero contribuire a raggiungere l’obiettivo rivendicato nella Costituzione di “una più efficace evangelizzazione” senza che l’assunzione di responsabilità nel governo della Chiesa faccia correre il rischio di distogliere i laici dalla loro missione di convertire il mondo.
Degna di nota, inoltre, è l’attenzione dedicata alla Segreteria di Stato nella nuova riforma: reduce dal recente ridimensionamento provocato dalla perdita dell’autonomia finanziaria, questa volta non subisce cambiamenti nell’organizzazione interna. L’articolo 44 della Costituzione la denomina “Segreteria papale” ma questa non è una novità assoluta dal momento che nel Codice di Diritto Canonico, al canone 360, si parlava già di “Segreteria di Stato o Papale”. Tuttavia, colpisce la differenza con la Pastor Bonus di san Giovanni Paolo II, nella quale si specificava che “presiede ad essa il Cardinale Segretario di Stato”: la Praedicate Evangelium, infatti, si limita a stabilire che la Segreteria “è retta dal Segretario di Stato” e precisa, stavolta nel solco della PB, che essa “coadiuva da vicino il Romano Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione”. Dunque, nessun accenno alla necessità che sia un cardinale a reggerla, mentre si continua a evidenziare ovviamente la subordinazione al Papa. Del resto, uno degli aspetti che più emergono indirettamente dal testo della nuova riforma è proprio un’accentuazione dell’esigenza dell’obbedienza al Papa, tramite la logica del servizio (ministerium) nel governo e del potere come servizio.