Porras: «È la volta buona per liberarsi di Maduro»
È iniziato il conto alla rovescia per il Venezuela. Oggi si vota, più di 19 milioni di persone andranno alle urne e dal responso il regime di Nicolas Maduro potrebbe uscirne sconfitto. Nei suoi ultimi discorsi, il presidente ha lanciato messaggi intimidatori per scoraggiare il voto e condizionare la scelta degli elettori.
È iniziato il conto alla rovescia per il Venezuela. Oggi si vota, più di 19 milioni di persone andranno alle urne e dal responso il regime di Nicolas Maduro potrebbe uscirne sconfitto. Nei suoi ultimi discorsi, il presidente ha lanciato messaggi intimidatori per scoraggiare il voto e condizionare la scelta democratica degli elettori La resa dei conti appare inevitabile in un Paese governato da un regime che usa ogni pretesto per cercare lo scontro e tendere imboscate.
Il presidente della Conferenza Episcopale del Venezuela (Cev), il cardinale Urosa Savino, ha fatto appello al rispetto e alla pace. «Vi invito a votare, il 6 dicembre deve trascorrere senza violenza; il Plan Republica (come viene chiamato il piano militare che ha il compito di garantire la sicurezza del procedimento) deve fare il suo dovere e tutti noi dobbiamo rispettare i risultati. Possiamo vivere secondo la Costituzione, non solo con le parole, ma con il cuore», ha detto il cardinale, sottolineando che «la nuova Assemblea Nazionale deve esigere dal governo cambiamenti drastici nella questione della sicurezza economica e pubblica». Ma cosa è successo nel Venezuela del “Socialismo del secolo XXI”? Dopo quindici anni di “rivoluzione bolivarista” di Hugo Chavez, proseguita con Maduro, i venezuelani sono schiacciati da una crisi sociale ed economica senza precedenti. Ne parliamo con l’arcivescovo di Mérida, monsignor Baltazar Enrique Porras Cardozo, ex presidente della Cev.
Come si è arrivati a questa situazione?
«I problemi sociali che esistevano nel Paese per mancanza di leadership politica hanno portato al potere Hugo Chavez: lui prometteva un cambiamento, offriva una speranza, ma il risultato ha detto il contrario. Con lui, ci siamo ritrovati peggio di prima. L’economia è in crisi e la convivenza tra i venezuelani è peggiorata. C'è anche una grande paura, perché non si può parlare, perché non si può dissentire dalle scelte del governo, perché pensare in modo diverso diventa un reato. Il regime condiziona i media: il cittadino venezuelano medio non ha accesso alle notizie perché quasi il 90% dei giornali sono sotto il controllo dello Stato e in più Maduro ci obbliga a sentire i suoi discorsi per ore in tv, vantandosi di una serie di risultati positivi ma che riguardano solo per un piccolo gruppo di privilegiati».
Eminenza, ci dipinge una situazione surreale, ma in questo scenario come si pone la Chiesa venezuelana? Da diversi anni portate avanti forti critiche contro la “rivoluzione bolivarista”; lei in particolare è stato persino accusato dall’attuale presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, di promuovere una cospirazione contro il governo. Siete impauriti?
«Paura? No! Credo che la Cev sia stata paziente e anche coraggiosa; i vescovi non esitato a dire la verità, non perché siamo ci opponiamo al governo, ma perché abbiamo la responsabilità morale di segnalare il malessere sociale di cui ci facciamo portavoce. Come sacerdoti, non possiamo rassegnarci a seppellire ogni giorno centinaia di vittime della violenza (circa 25 mila solo nel 2014); proviamo a confortare le persone, proviamo a dare qualche speranza, ma la violenza è talmente diffusa che risulta inevitabile il diffondersi dell’odio e della disperazione nella popolazione. L’episcopato venezuelano sta cercando di costruire ponti, ma una delle cose più difficili in questi anni è trovare qualcuno con cui parlare ed essere ascoltati all’interno del governo… Diventa ancora più difficile con il linguaggio bellicoso che li caratterizza; secondo loro il nemico è da eliminare, istigano alla violenza i gruppi armati che godono di assoluta impunità».
Cosa può fare la comunità internazionale? Cosa possono fare i venezuelani?
«Noi predichiamo sempre di pace. Dobbiamo tentare tutte le vie di soluzione pacifica per evitare che il popolo sia costretto a opporsi con la forza, coda che porterà solo dolore e morte. Credo che la comunità internazionale debba essere consapevole di questo; ciò che sta accadendo in Venezuela non è solo un problema che riguarda coloro che vi abitano e coloro che soffrono quotidianamente. Il paino perseguito da Hugo Chavez di mettersi alla testa del movimento anti-imperialista ha creato soltanto un clima divisione in tutto il Continente, generando anche una serie di conflitti che hanno danneggiato ancora di più il popolo».
Come vede il futuro del paese?
«Se non si cambia, il futuro sarà ancora molto buio e difficile. Dobbiamo puntare sulla svolta democratica e oggi, con le elezioni, potrebbe essere la volta buona. Certamente non si risolveranno tutti i problemi ma può essere l’inizio di un processo lungo e difficile, da intraprendere con molto coraggio, ma in grado di portare finalmente il Venezuela a una vera pacificazione».