Porcellum bocciato, Letta mezzo salvato
La Corte Costituzionale ha bocciato il sistema elettorale "Porcellum" con cui abbiamo votato il Parlamento dal 2006 allo scorso febbraio. Aboliti premio di maggioranza e liste bloccate, è tutto da rifare.
La Corte Costituzionale ha bocciato l'odiato Porcellum e il verdetto della Consulta costringe il Parlamento a riformare finalmente la legge elettorale, ma, nel contempo, blinda il governo Letta perché, oggi più che mai, le elezioni anticipate sembrano lontanissime, in mancanza di un sistema di voto scelto dal Parlamento. Sarebbe l'ammissione dell'incapacità della politica di darsi delle regole in materia di rappresentanza e di farsele dettare dalla magistratura.
L'abolizione del premio di maggioranza e delle liste bloccate previsti dal Porcellum ripristina, in mancanza di interventi legislativi, il sistema proporzionale, con tutte le incognite del caso e rende di fatto illegittimo il responso elettorale del febbraio scorso, perché i parlamentari Pd eletti grazie al premio di maggioranza dovrebbero, a rigor di legge (e di logica), decadere. Su questo punto i pareri di autorevoli costituzionalisti si sprecheranno, ma è certo che il caos sulla legge elettorale travolgerà l'attuale quadro politico.
L'ipotesi più probabile resta, a questo punto, quella di una riforma sul modello francese del doppio turno, che consentirebbe alle forze centriste e al nuovo centrodestra alfaniano di presentarsi in solitudine agli elettori per poi scegliere di allearsi con i berlusconiani o con i renziani al ballottaggio. Questo sistema metterebbe all'angolo Grillo, incapace di attrarre alleati al secondo turno.
Ma non c'è solo il sistema elettorale a minare il cammino del governo Letta. Domenica sera Matteo Renzi verrà incoronato segretario del Pd e le sue dichiarazioni delle ultime settimane, pur depurate dalle forzature elettoralistiche, lasciano intendere che il sindaco di Firenze incalzerà l'esecutivo puntando a indebolirlo affinché il premier arrivi sfiancato alla scadenza del 2015 e non sia più spendibile per Palazzo Chigi. In questo disegno assai ambizioso e ricco di incognite, Renzi può contare su due "alleati involontari": Berlusconi da una parte e Grillo dall'altra, entrambi impegnati a picconare il governo (e il Quirinale, come confermano gli attacchi di ieri di Forza Italia ai senatori a vita nominati nell'agosto scorso) e a cavalcare il vento antieuropeista anche in vista delle elezioni europee, vero banco di prova per i rapporti di forza all'interno delle due principali coalizioni e tra i tre poli (centrosinistra, centrodestra e grillini).
Ma nel Pd Renzi ha tanti nemici che auspicano una bassa affluenza alle primarie di domenica, al fine di delegittimarne e depotenziarne la nomination, ormai scontata. Non è un mistero che gli appelli a non disertare le urne lanciati da Bersani, D'Alema e lo stato maggiore del Pd siano stati in queste settimane poco convinti e più che altro di facciata.Si rincorrono peraltro le voci di un patto tra Renzi e alcuni outsider che avrebbero potuto insidiarne la corsa alla segreteria, uno su tutti Fabrizio Barca, al quale il futuro vincitore avrebbe promesso un pesante incarico di partito.
Letta la prossima settimana sarà atteso da una delicata prova in Parlamento. Una sorta di verifica pilotata e con paracadute (i numeri, anche al Senato, sono rassicuranti) che servirà a far uscire allo scoperto i renziani, visto che le altre posizioni sono abbastanza chiare. Il segretario uscente del Pd, Epifani, ha già lanciato nei giorni scorsi un velato avvertimento al premier, sollecitandolo a fare un rimpasto e inserendo nella squadra di governo qualche individualità autorevole e in grado di riequilibrare la rappresentanza tra le forze politiche. Probabili, dunque, le sostituzioni di almeno due ministri del Nuovo centrodestra; non esclusa la rimozione del ministro Annamaria Cancellieri, forse non adatta a portare avanti la battaglia per la riforma della giustizia, che dovrà essere inserita nell'agenda dei prossimi 14 mesi di governo e che anche ieri Berlusconi ha posto come condizione per un dialogo con la maggioranza.
Quanto alle riforme, è evidente che con due partiti di opposizione così forti come Forza Italia e Movimento Cinque Stelle, diventa molto difficile procedere a modifiche della Carta Costituzionale, che richiedono maggioranze ampie. Il governo Letta probabilmente continuerà a navigare a vista e a rintuzzare a fatica attacchi che arrivano da avversari interni ed esterni, non ultimo il commissario europeo Rehn, che si è detto scettico sulla ripresa italiana. Senza contare il ricatto continuo di alcune agenzie di rating che pretendono di giudicare l'andamento delle economie e di orientarne il corso. Dopo il pasticcio dell'Imu, il ministro dell'economia Saccomanni dovrà dimostrare maggiore risolutezza in materia di dismissioni e privatizzazioni, senza più farsi ingabbiare dai veti incrociati delle forze politiche. Ciò al fine di restituire slancio all'azione di governo, troppo infiacchita dalle divisioni politiche e bisognosa di un colpo d'ala. Non è così scontato, infatti, che continuando di questo passo l'esecutivo possa "scavallare" la finestra elettorale di gennaio-febbraio e arrivare al semestre italiano di presidenza europea. Ora più che mai, Letta deve dimostrare di essere uno statista e di saper traghettare la "nave Italia" verso acque più rassicuranti. Per l'economia. Per la coesione sociale. Per lo sviluppo complessivo del sistema Paese.