Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni Evangelista a cura di Ermes Dovico
EDITORIALE

Pontificia Accademia della Morte

Pochi giorni fa è andata in scena una sorta di beatificazione di Marco Pannella da parte del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia. Un video-scandalo, ma più ancora che le parole di elogio per il defunto leader dei radicali, a inquietare è la prospettiva evocata da Paglia....

Editoriali 24_02_2017
Monsignor Paglia

Sapere che un uomo che nella sua vita e fino alla fine ha fatto tanto male, come Marco Pannella, abbia però goduto dell’amicizia di un sacerdote, è in qualche modo consolante. Si può sperare che quel filo con Dio che non si è mai spezzato possa aver provocato almeno alla fine un ravvedimento, un pentimento, per salvare la sua anima. Ma la speranza si fa amarezza sapendo che quel sacerdote è monsignor Vincenzo Paglia, ex vescovo di Terni (diocesi da lui ridotta sull’orlo della bancarotta), disastroso ex presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, da pochi mesi presidente della Pontificia Accademia per la Vita nonché cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per la Famiglia, istituti dove ha iniziato una sistematica opera di demolizione di quanto voluto da san Giovanni Paolo II.

Ma non è da queste “medaglie” che nasce l’amarezza: per capirne il motivo invece basta ascoltare il video che da due giorni rimbalza da un sito all’altro scandalizzando migliaia e migliaia di semplici cattolici. Si tratta dell’intervento che il presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha fatto lo scorso 17 febbraio in un evento organizzato dal Partito Radicale per presentare l’autobiografia (postuma) di Marco Pannella (clicca qui per il video).  

Ovvio che chi ha condiviso un’amicizia vera con una persona, anche se proveniente da esperienze diverse e perfino opposte, cerca di valorizzarne l’umano, ma nelle parole di monsignor Paglia non c’è l’affetto dell’amico che ha condiviso un dialogo sincero sulla verità della vita; c’è invece l’entusiastica adesione all’ideologia che ha mosso Pannella e che oggi continua a muovere i suoi seguaci. Un’ideologia figlia e amplificatrice di quella che san Giovanni Paolo II definiva "cultura della morte": Pannella è direttamente responsabile degli oltre sei milioni di bambini uccisi con l’aborto volontario, è stato uno dei più tenaci distruttori della famiglia, è all’origine delle campagne per l’eutanasia che stanno dando il colpo di grazia al nostro popolo. E poi la droga, la prostituzione, le coppie gay, il controllo delle nascite: tutto ciò che  è il rovesciamento del piano creatore di Dio ha trovato in quest’uomo e nei suoi seguaci dei fanatici missionari dediti al proselitismo.

Un uomo con un fardello così pesante sulla sua coscienza avrebbe avuto bisogno di un uomo di Dio capace di richiamarlo alla sua verità; è stato invece “punito” con un sacerdote che l’ha giustificato ed esaltato nella sua perversione e ora sente anche il bisogno di annunciarlo al mondo: «Marco era un uomo di grande spiritualità», «la sua è una grande perdita per questo nostro paese», «un uomo spirituale che ha combattuto e sperato contro ogni speranza, come dice San Paolo», «una storia per la difesa della dignità di tutti», «ha speso la vita per gli ultimi», «un tesoro prezioso da conservare», «un uomo che sa scendere nella profondità e sa aiutarci a sperare», «ispiratore di una vita più bella per il mondo che ha bisogno di uomini che sappiano parlare come lui». Non bastasse, ci arriva anche la lezioncina, perché Pannella – dice ammiccante Paglia - «rimproverava noi cattolici perché lasciamo da parte il Vangelo». Ah, sarà per questo allora che si è dato tanto da fare per cancellare ogni traccia di cattolicesimo.

Nessuno più di Pannella in Italia ha lavorato contro la vita e contro la famiglia, e a tesserne le lodi è colui che è presidente della Pontificia Accademia per la Vita ed è stato a capo del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Non ci sono parole sufficienti per esprimere lo sdegno e il disgusto per questa esibizione.

Ma, se possibile, non è questa la cosa più grave. Perché l’elogio di Pannella fatto da monsignor Paglia svela anche la prospettiva culturale che muove – con Paglia - una parte influente della Chiesa. Ha detto il monsignore: «Oggi è indispensabile trovare una prossimità che unisce i diversi per edificare una unità di disegno o una unità che abbracci tutti»; e ancora: «Contro i muri, Marco è figura che parla di universalità, libertà per la costruzione», «speranza in un mondo che si ricomponga».

La prosa non è fluida ma il concetto è chiaro: la prospettiva è l’unità del genere umano guardando a ciò che unisce; popoli, culture e religioni che devono fondersi, rinunciando alle proprie identità, per poter diventare una cosa sola. E la Chiesa al servizio di questa utopìa che, peraltro, ha all’Onu i suoi teorici. Non si annuncia più Cristo ma i valori umani comuni; si parla di Gesù ma in funzione di un non meglio chiarito servizio all’umanità; non si lavora per portare tutte le genti a Cristo, ma Cristo è il pretesto per perdersi nel pensiero unico dominante. Insomma, quello che si persegue è la fine della Chiesa.