Polonia, è tempo di purghe tra gli ambasciatori
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Il nuovo ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha già comunicato il licenziamento di oltre 50 ambasciatori. Scavalcato il ruolo del presidente Andrzej Duda, che parla di metodi da «servizi segreti comunisti».
Recentemente il portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Paweł Wroński, ha informato l’agenzia PAP che il 31 maggio l'ambasciatore della Repubblica di Polonia a Roma, Anna Maria Anders, e l'ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Nato, Tomasz Szatkowski, finiscono la loro missione e ritornano in patria. Il richiamo in patria di questi due ambasciatori è il simbolo delle “purghe” che sta effettuando il nuovo ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski.
Già il 13 marzo 2024, il Ministero degli Affari Esteri ha pubblicato un comunicato in cui si informa che Sikorski ha deciso di porre fine alla missione di oltre 50 ambasciatori e di rigettare diverse candidature sottoposte all'approvazione dalla precedente direzione dello stesso Ministero. E lo ha comunicato agli ambasciatori con un'e-mail di sole due frasi, appunto sulla fine della loro missione quest'anno. Successivamente i destinatari sarebbero stati informati sulla data del rientro in Polonia.
Le azioni del ministro degli Esteri hanno suscitato una forte critica da parte del presidente Andrzej Duda, che durante la sua visita negli Stati Uniti ha ricordato che «nessun ambasciatore polacco può essere nominato o destituito senza la firma del presidente. Secondo la legge, l'ambasciatore è nominato e revocato dal presidente». Il capo dell'ufficio del presidente ha spiegato che Duda dall’inizio non era d'accordo con il massiccio rimpasto degli ambasciatori senza motivazioni specifiche. «Se il ministro Radosław Sikorski vuole sostituire gli ambasciatori, dovrebbe tener conto dell'opinione del presidente in merito e avere il suo consenso, perché è il presidente che alla fine licenzia e nomina gli ambasciatori», ha detto l’ex ministro degli Esteri Szymon Szynkowski (alias Sęk), riguardo al licenziamento in massa degli ambasciatori. E ha aggiunto: «La diplomazia è un ambito in cui le “rivoluzioni” non possono che finire male».
La decisione di richiamare in massa gli ambasciatori è stata criticata da Witold Waszczykowski, un altro ex ministro degli Esteri: «Sikorski non ha a disposizione 50 diplomatici in grado di occuparsi di un numero così elevato di strutture (ambasciate) in 3-4 mesi, se le procedure fossero accelerate. Per di più con il cambio degli ambasciatori arrivano ulteriori decisioni riguardanti altro personale. Ciò che sta accadendo è un fenomeno normale forse in qualche bantustan, ma non in un Paese civile che appartiene alla Nato e all’Ue». L’ex capo della diplomazia polacca non ha dubbi su cosa c’è dietro questo comportamento del governo Tusk: «Questa è vendetta (…). Si tratta del desiderio di liberare rapidamente il campo estero prima della presidenza della Polonia nell’Ue nel 2025 e prima delle elezioni presidenziali (in Polonia). Queste sono mosse politiche che non hanno nulla a che fare con la professionalità (dei diplomatici)».
Secondo Duda, il cambio forzato del personale delle rappresentanze diplomatiche «viene effettuato con metodi che richiamano i metodi dei servizi segreti comunisti: questo è ciò che viene fatto oggi a molti diplomatici polacchi, e lo si fa già da molto tempo». «Questi – spiega il presidente – sono in realtà i metodi dei servizi segreti per schiacciare, intimidire le persone, costringerle a obbedire».
Il caso più vergognoso della purga dei diplomatici riguarda l’ambasciatore della Polonia presso la Nato, Tomasz Szatkowski, che si vorrebbe sostituire in fretta con Jacek Najder. Il governo Tusk non tiene conto che l’attuale ambasciatore da tanto tempo stava preparando l’importantissimo vertice della Nato che si terrà a Washington a luglio. Duda ha dichiarato che non firmerà il consenso alla nomina di Najder perché, secondo il presidente, «sono state infrante le regole esistenti» e «l'attuale ambasciatore Tomasz Szatkowski dovrebbe mantenere il suo incarico almeno fino al vertice Nato di luglio».
Questa guerra intorno agli “ambasciatori” sicuramente indebolirà la posizione della Polonia sulla scena internazionale. Ma, evidentemente, il governo Tusk è più interessato a compiere la sua vendetta politica che a badare agli interessi e al prestigio del Paese.