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Politicamente corretto? Inutile discuterne

Anch’io dico la mia sul tema: so di cosa si tratta, so da dove viene ma è impossibile parlarne civilmente con i suoi sponsor (sarebbe come dare retta ad un infante che ancora non sa accettare i limiti della realtà e si tappa le orecchie per non sentire le verità scomode degli adulti). Certamente però occorre sapere contro chi è diretto.

Editoriali 23_03_2021

L’hanno fatto tutti, anch’io dico la mia sul «politicamente corretto». Cominciamo con la definizione, che prendo pari-pari da Wikipedia: «L'espressione correttezza politica (in inglese political correctness) designa una linea di opinione e un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto formale, soprattutto nel rifuggire l'offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi idea o condotta in deroga più o meno aperta a tale indirizzo appare quindi, per contro, politicamente scorretta (politically incorrect). L'opinione, comunque espressa, che voglia aspirare alla correttezza politica dovrà perciò apparire chiaramente libera, nella forma e nella sostanza, da ogni tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale, o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona nei confronti di categorie considerate come discriminate».

L’ovvio risultato è la censura di professionisti che hanno idee scomode; ma anche il comune cittadino che si trovi a esprimere la sua opinione sui social media. Tutto è omologato, tutto ricondotto nell’alveo del «pensiero unico». Ovviamente, considerato che buona parte della popolazione si è vista zittita e censurata, l’opinione sul politicamente corretto è bipartita: da una parte c’è chi lo ama, dall’altra chi lo odia.

C’è però un punto sul quale concordano sostenitori e detrattori di questo principio, anzi: tre. 1) Il politicamente corretto è un fenomeno spontaneo, emerso come reazione a comportamenti e atteggiamenti de «l’Occidente» (poco elegantemente consiglio la lettura di questo articolo); 2) in quanto fenomeno culturale e sociale, merita di essere studiato e compreso seriamente e a fondo; 3) una volta compreso, sarà possibile (almeno) discuterne civilmente e scientificamente. A quel punto, la ragione si imporrà, trionfando.

Il primo punto lo diamo per scontato; il secondo è in corso. Lo studio forse più importante sul fenomeno è questo: Robert Huges, “La cultura del piagnisteo. La saga del politicamente corretto”, (Adelphi, Milano 1994). Al dibattito si è aggiunto un autore della Nuova Bussola, Eugenio Capozzi , con il suo “Politicamente corretto. Storia di un’ideologia” (Marsilio, Venezia 2018). Ricordiamo anche il francese Alexandre Del Valle e il suo “Complesso occidentale”. Anche io, nel mio piccolo, ho tentato di percorrere questa strada investigando una possibile relazione tra il femminismo e il politicamente corretto.

Il terzo punto non si realizzerà mai. Vi spiego: mi sono ormai convinto che la miglior definizione di politicamente corretto sia questa. Capisco che il video sia disturbante, ma vi prego di guardarlo attentamente. Praticamente, isteria. Non c’è granché da studiare, non c’è molto su cui elucubrare. Isteria, punto. La reazione di un bambino viziato di fronte a un «No». Questo spiega anche la censura politicamente corretta: avete presente quei bambini che urlano e si tappano le orecchie perché non vogliono sentire un adulto che gli dice cose sgradevoli? Questo è il politicamente corretto.

A questo punto, liberati da ogni forma di rispetto nei confronti di questo atteggiamento, potremmo anche discutere sul fatto che si tratti di un fenomeno culturale, politico e sociale «spontaneo», una reazione. È vero, non esiste il libro-manifesto del politicamente corretto. Però, nella mia testa, affiorano diversi ricordi. Quando ero ragazzino, ad esempio, andava molto di moda l’aforismo (falso) di Voltaire: «Non approvo ciò che dici, ma darei la vita affinché tu possa dirlo». Il succo del discorso era: si può anche non essere d’accordo, ma la libertà d’opinione e di espressione è la cosa più importante e va salvaguardata anche a costo della vita. Un pensiero, all’apparenza, elevato, ragionevole, condivisibile. In realtà uno sporco trucco usato da una minoranza (liberale) per evitare la censura; visto che, quando la minoranza è diventata maggioranza, non ha avuto lo stesso riguardo nei confronti della ex maggioranza (cattolica).

Ricordo anche una volta in cui alcuni giovani militanti di Lotta Comunista hanno suonato alla mia porta per propormi il loro giornale. L’argomento che hanno usato è: è un bene per tutti che ci siano più voci. Certo, quando la loro voce è in minoranza. Non mi pare che nella Russia sovietica si avesse lo stesso rispetto nei confronti dei dissidenti. Questa affermazione fa il paio con un’altra che mi ha riempito le orecchie durante la mia giovinezza (quando il mainstream era ancora cattolico-tradizionale): bisogna ascoltare anche l’altra campana per poi farsi un’opinione obiettiva ed equilibrata. Anche in questo caso, una bella affermazione a senso unico: adesso, chi voglia sostenere opinioni dissenzienti circa l’aborto, il fine vita, l’omosessualità e il gender non ha diritto di parola. Il che ci porta dritti dritti al «paradosso della tolleranza» di Popper (in realtà mutuato pari pari da Locke): nella società aperta devono essere tollerati tutti, tranne gli intolleranti. E indovinate chi sono gli intolleranti? I papisti, cioè i cattolici. Per loro, nessuna tolleranza.

Insomma: il politicamente corretto è solo un’arma non convenzionale nella eterna lotta contro il Logos. Un’arma «sporca», ipocrita, infantile. Ai politicamente corretti non importa nulla delle minoranze: sono decenni che sfruttano i neri statunitensi e tra poco molleranno anche gay e trans, così come hanno abbandonato le donne. Sono solo strumenti, mazze chiodate da dare in testa ai soliti «intolleranti». Se noi prendiamo sul serio i loro strilli isterici, se li consideriamo una cosa seria, meritevole di attenzione e studio, è finita. In fondo, ai miei tempi, i genitori non discutevano con un bambino che faceva i capricci. Avevano altri strumenti per ristabilire l’ordine...